2041, di David Becchetti

L’Italia del 2041 non è bel posto in cui vivere. I tecnocrati dell’Unione Europea alla fine hanno vinto , i singoli Stati sono ridotti a regioni della Nazione Europea e tutto viene gestito dal Partito Nazionaldemocratico attraverso l’Ente di Programmazione Nazionale. Il risultato è una società oppressiva in cui tutto è controllato e regolato ben oltre i limiti dell’umanamente immaginabile. L’io narrante della storia si muove infatti in una Roma asfittica, senza spazi vitali, in cui ogni singolo passo, ogni saluto, ogni bevanda e persino l’ora in cui si va a dormire sono regolati rigidamente.

Il nostro è però un brillante lavoratore, intelligente e calato nel sistema. La sua intelligenza gli permette di scalare le gerarchie, nonostante un padre suicida e oppositore del nuovo regime, fino a occupare un posto di tutto rispetto all’interno dell’Ente.

Se fino ad ora ritrovate un qualcosa che rimanda a 1984 di Orwell siete nel giusto: 2041, romanzo di David Becchetti, ricorda esattamente quelle atmosfere e conserva notevoli richiami al capolavoro della letteratura distopica.

David Becchetti, giornalista professionista laureato in Storia Contemporanea, fa un ottimo lavoro nel raccontare la crescita del protagonista dall’infanzia fino all’apice della carriera lavorativa. Il senso di straniamento, la distruzione del tessuto sociale e degli affetti, tutto è reso perfettamente vivido nella mente del lettore. Gli uomini sono burattini, meccanismi di un sistema che stritola qualunque iniziativa e che ha realizzato quell’Utopia che sin da Platone è destinata a diventare distopia, a privare delle libertà elementari gli individui che sono costretti a mero oggetto numerico dell’Io più grande che è la Nazione. In questo senso alcune restrizioni, pur sembrando eccessive razionalmente, sono l’espediente che permette di sentire quotidianamente la cappa del controllo sull’individuo, dell’irregimentazione. Non esiste iniziativa personale, è l’Ente che decide della vita di ognuno, è l’Ente che decide dove si vive e fino a quando.

Dopo una fugace relazione omosessuale il protagonista troverà conforto fra le braccia di una donna. A questo punto però le analogie con Orwell declinano, perché il destino dell’io narrante, seppur amaro, non passerà da una fase di riflessione a rivolta contro il sistema. Il nostro al contrario si adatta, seppur sofferente, cercando di sfruttare come può la propria posizione pur essendo cosciente di essere alla deriva e di rischiare la fine dei tanti individui sovrannumerari riallocati nelle colonie africane.

Si tratta di un romanzo rapido, scorrevole e ben raccontato. David Becchetti vi accompagnerà dentro un’Italia soffocante, asfittica al punto che la nostra quotidiana Italietta dei corrotti e degli esodati sembrerà, al confronto, un paradiso di libertà.