2050 Quel che resta di noi

Copertina firmata Franco Brambilla

In Italia molti scrittori di “speculative fiction” (mai definizione è stata così appropriata) si riconoscono in gruppi o movimenti, più o meno informali, all’interno dei quali sviluppano le proprie tematiche e il proprio concetto di fantascienza letteraria. Uno di questi casi è il Collettivo Italiano di Fantascienza del quale ho avuto il piacere di leggere la recente antologia 2050 Quel che resta di noi, pubblicata da Delos Digital.

Undici racconti di altrettanti autori nostrani che tentano di prevedere come sarà il futuro fra poche decine di anni (con una vistosa eccezione, che si spinge ben più in là); indubbiamente prevale una visione non particolarmente ottimistica e il lettore si ritrova ad assistere a catastrofi ambientali, misteriosi morbi che colpiscono quel che resta della natura e intelligenze artificiali che cominciano a riflettere se non sia il caso di liberare il pianeta Terra dall’infestazione umana, e così via. Non mancano grotteschi tentativi istituzionali di frenare la dissoluzione della realtà che conosciamo, mediante l’applicazione di severe punizioni nei confronti di chi si sottrae al corretto reciclo dei materiali.

Personalmente ho percepito, qua e là, echi di altri scrittori:  da J. G. Ballard e Robert Silverberg (specialmente del suo The World Inside, 1971) allo splendido The Seedling Stars (1957) di James Blish, sino alle più recenti opere di Charles Stross; ho colto persino suggestioni del celeberrimo e intramontabile ciclo dei robot di Isaac Asimov (forse sarò smentito dai curatori del libro, chissà). A dimostrazione, in ogni caso, che una solida base di conoscenza dei classici è un presupposto imprescindibile per far progredire questo genere letterario.

Ma la caratteristica che più mi ha colpito, qualità delle storie singole a parte, è l’omogeneità dell’opera. In realtà gli undici racconti sono inquadrati all’interno della stessa cornice e sviluppano, in maniera corale, un vero e proprio affresco che alla fine fa percepire la raccolta come un romanzo organico, poco importa l’identità dell’autore, un fix-up che presenta al lettore un quadro coerente e (tristemente) possibile del prossimo sviluppo della civiltà umana.

Un monito? Un avvertimento? Sicuramente, ma questo è anche uno dei compiti della Fantascienza.

Non manca, in uno dei racconti, un piccolo germoglio di speranza per il futuro, un passaggio che il sottoscritto da amante della parola scritta, non ha potuto non apprezzare:

Ma forse ha ragione Carminati…

– Cosa dice Carminati?

– Che noi siamo gli ultimi custodi di un’arte antica e obsoleta, la scrittura. Quando anche noi saremo scomparsi, all’umanità non resteranno che le icone che vede nella vita di tutti i giorni, nei cartelli, sugli smartphones, nei sistemi infraneurali. Poi, forse, un giorno dalle icone passeranno ai geroglifici, e poi agli ideogrammi, a ideogrammi sempre più stilizzati, e un giorno qualcuno ideerà l’alfabeto. Magari ci vorranno decenni, un secolo, un millennio, chi lo sa. E allora, quel giorno, si potrà dire che la nostra opera non è stata vana.

 

AA.VV. QUEL CHE RESTA DI NOI (a cura di Damiano Lotto e Lorenzo Davia), Delos Digital, collana Odissea Fantascienza #103, 2021, 232 pp., prezzo di copertina 15,00 € (ebook 4,99).