Acheloo, di Helga Di Giuseppe ed Emanuele Carosi

E’ un vero e proprio tuffo nelle acque travolgenti della mitologia, quello che l’archeologa Helga Di Giuseppe ci propone con Acheloo (2014, pp.44, €13,00 ), edito da Scienze e Lettere (SeL) editore, quasi centenario, dell’Accademia dei Lincei.

Il libro è rivolto ad un pubblico di giovani lettori, in particolare dai 6 ai 12 anni, e fa parte di una collana inaugurata da pochi mesi, Monstra, che raccoglie e custodisce vicende incentrate su personaggi appartenenti alla casta dei vulnerati, esseri ibridi, in parte uomini, in parte animali o altro ancora, che per le loro strabilianti peculiarità hanno dovuto affrontare la gelosia furibonda degli dèi dell’Olimpo, riportandone umiliazioni e menomazioni.

Acheloo è la personificazione dell’Aspropotamo, poderoso fiume greco le cui acque impetuose gli fecero attribuire, nell’antichità, poteri eccelsi, secondi solo a quelli di Zeus. Viene ritratto come un toro dal volto umano, in grado di mutarsi in uomo o serpente pur mantenendo caratteristiche taurine, ed è allegoria della trasformazione, nei suoi aspetti antitetici della separazione e dell’unione.

In particolare, il libro affronta lo scontro tra Acheloo ed Ercole, entrambi affascinati dalla bellissima Deianira, figlia del re dell’Etolia. Per ottenere la mano della fanciulla, i due combattono senza risparmiarsi insulti e provocazioni, ed è proprio a causa degli insulti di Acheloo che si scatena la furia di Ercole.

Ogni avvenimento è raccontato in modo semplice e immediato, senza tuttavia scadere nell’ordinario: “Raccolta una manciata di polvere me la gettò addosso, cercò di prendermi, si mosse veloce fingendo di acchiapparmi per il collo, per le zampe e poi mi attaccò da tutte le parti, ma vani furono i suoi assalti che si infransero sulla solidità del mio corpo, come le onde del mare si infrangono sul solido scoglio senza scomporlo”.

Ottima strategia di coinvolgimento è l’uso della narrazione in prima persona e il felice espediente del rivolgersi del protagonista direttamente al lettore: “Ciao, ti stai chiedendo perché ho un corno rotto e me ne sto tutto triste e solo con la chioma incoronata da canne?”. Chi legge viene così interrogato e trattato come parte integrante della narrazione, in cui sentimenti ed emozioni vengono comunicati senza artifici e ulteriori mediazioni linguistiche, se non con l’occasionale supporto di un diverso uso della dimensione dei caratteri di stampa.

In questo modo avviene un’efficace personalizzazione di ciò che viene narrato, senza che ciò stravolga o disattenda la forma, i contenuti e i significati originari delle fonti; il senso morale spesso assimilato ai miti, infatti, viene qui esternato con candore da Acheloo stesso, che si definisce “il perdente”, ma che accetta di buon grado la sconfitta, definendola, in ultimo, un bene e non una vergogna.

In quest’ottica, l’umiliazione inflittagli da Ercole, che spezza e strappa un corno dalla sua fronte, si trasforma in benedizione, poiché il corno, simbolo delle curve dei fiumi,  se tagliato, diventa emblema dell’uso consapevole delle acque per l’agricoltura, e quindi vita e abbondanza. E proprio al rispetto delle acque è rivolto l’ultimo invito di Acheloo al lettore, mantenendo una coerenza evidente con le implicanze educative sottese nel mito in questione.

Da tenere in giusta considerazione è l’uso oculato delle immagini dell’illustratore Emanuele Carosi, che con disegni dai tratti semplici, ma dai colori vividi e di grande effetto visivo, rende ancor più energico lo scopo narrativo.

Un libro per ragazzi, insomma, che si fa gustare anche dagli adulti ancora rapiti dal piacere suscitato da molte letture della propria infanzia, pregne del fascino evocativo e graffiante della mitologia.