Ciao, sono Jack Vance!

A mio parere un testo ben scritto si riconosce quando il lettore non è più consapevole che si tratta di una storia scritta e nella sua mente confluiscono le idee e le immagini come se le stesse vivendo. Il più grande complimento che uno scrittore possa ricevere è che il lettore non sia conscio della sua presenza.

(trad. di Marco Riva)

 

Dalla quarta di copertina:

Nel 1916 nasceva a San Francisco uno degli scrittori più prestigiosi del XX secolo: John Holbrook (Jack) Vance, conosciuto come “il paesaggista della fantascienza”. Le sue opere descrivono eventi, persone e luoghi in modo semplice e accurato, portando il lettore a immedesimarsi nella storia fino a diventarne il protagonista. Sono film, dove il regista scompare di proposito… Anche nell’autobiografia Vance non esprime giudizi e opinioni personali. Racconta la gioventù e i primi difficili anni, le esperienze lavorative, l’incontro con Norma, moglie e compagna di tutte le avventure, la nascita del figlio John, la passione per le barche e la musica jazz, i numerosi viaggi e le amicizie consolidate nel corso degli anni. Nonostante faccia di tutto per nascondersi ancora, proprio questa riservatezza rivela la sua profondità di pensiero. Finalmente riusciamo a conoscere Jack. Accompagnano la narrazione le fotografie dell’archivio di casa Vance che si estende per quasi un secolo. Tutto è raccontato con ironia e spirito, e con una tale vitalità da vincere il premio Hugo nel 2010.

 

Prima di parlare dell’edizione italiana dell’autobiografia di Jack Vance (1916-2013) mi sia permessa una breve digressione.

Nel febbraio 2018 il sottoscritto inviò un’email alla Spatterlight Press, casa editrice degli eredi di Vance, per comunicare la nascita di un gruppo italiano su Facebook dedicato all’opera del grande scrittore californiano. Con sorpresa ricevetti una risposta di ringraziamento da parte di John, figlio di Jack, che inoltre mi mise in contatto con Koen Vyverman, responsabile Spatterlight per il mercato europeo. Da allora il gruppo Facebook è cresciuto, i contatti si sono moltiplicati arrivando a includere anche i responsabili della Delos Digital, si è fatto un censimento delle opere ancora inedite in Italia e si sono cercati traduttori volenterosi. Ciao, sono Jack Vance! (e questa storia sono io), con l’accurata traduzione dell’amico Marco Riva, è il primo, tangibile risultato di questa catena di avvenimenti. Dico primo perché la mia speranza è, ovviamente, che le vendite siano propizie e spingano la Spatterlight a intraprendere avventure simili, colmando infine i buchi che ancora esistono nella bibliografia italiana del menestrello di San Francisco.

Detto ciò, agli appassionati di fantascienza (tutti, nessuno escluso) consiglio fortemente la lettura di questa autobiografia che Vance, ormai cieco e vedovo (nel 2008 era venuta a mancare la compagna di una vita, Norma Genevieve Ingold), pubblicò nel 2009. Il libro, ristampato nel 2016 dalla Spatterlight e presentato in print-on-demand al pubblico italiano nel 2019 (con la collaborazione della Delos Digital per l’edizione elettronica), è una lettura piacevole e interessante, non solo per i fan dell’autore statunitense. Sebbene non siano svelati, ma lasciati solo all’intuito, i meccanismi creativi che portarono alla stesura dei suoi capolavori e, nella narrazione, alcuni periodi siano appena accennati – come quello che vide il giovane e già miope Jack imbarcato nella marina mercantile durante la guerra nel Pacifico – si scopre la natura curiosa e instancabile del nostro autore: i tanti lavori giovanili; l’amore per la musica che lo portò a suonare tromba, banjo, ukulele e kazoo; la passione per i viaggi, che assecondò visitando tutti i continenti prevalentemente in automobile; e, non ultimo, il rapporto di amicizia che instaurò con altri scrittori di fantascienza, ovvero Frank Herbert e soprattutto Poul Anderson. Questi legami non devono però trarre in inganno. Vance fu sempre molto riservato nei rapporti con la maggior parte dei colleghi e soprattutto con il fandom, a tal punto che per anni circolò la voce che Vance non fosse altro che un pen name utilizzato da Henry Kuttner. Solo a partire dal 1976, con la sua partecipazione alla ScaCon di Stoccolma, iniziò a frequentare i raduni di appassionati e a rilasciare interviste.

Una lettura scorrevole che svela il volto di un uomo, placido ma curioso, che con la sua produzione ha attraversato imperturbabile l’epoca della fantascienza sociologica nata negli anni ’50, della new wave degli anni ’60 e ’70, sino al cyberpunk e all’esplosione della hard science fiction contemporanea, mirando sempre all’obiettivo di divertire il lettore in maniera intelligente e originale. Un uomo che, indifferente all’apparire di nuove e spesso effimere proposte narrative, non si è mai lasciato condizionare e sarà ricordato, si possa essere d’accordo o meno, come il più grande paesaggista della letteratura fantastica.

 

Jack VANCE, CIAO, SONO JACK VANCE! (e questa storia sono io) (This Is Me, Jack Vance! (or, More Properly, This Is I), 2009), trad. di Marco Riva, Spatterlight Press – Delos Digital, pp. 213, 2019, prezzo print-on-demand 19,44 € (ebook 5,99 €).