Dagon, di Fred Chappell

Sostò per un attimo davanti alla porta della camera da letto. Alla fine sollevò il chiavistello ed entrò. L’aria era fresca, ma odorava di pelle tiepida. Lui mise a fuoco il profilo indistinto dei mobili e individuò all’istante la sagoma imbacuccata di Sheila sotto le coperte. Lui si avvicinò ancora al letto. Sua moglie si trovava dalla parte opposta, scrupolosamente raccolta nella propria metà, con la schiena girata verso di lui. Dormiva, ma il suo corpo era teso. I capelli biondi scintillarono mentre lui li osservava, impegnato nel tentativo di stabilire dove si trovasse con esattezza la base del cranio. L’ideale sarebbe stato colpire il nervo della nuca, per finirla subito.

Quarta di copertina:

Ereditare un’antica villa e perdercisi. Andare via da tutto e dimenticare le ossessioni della società invadente, prosaica. Ma anche nelle fughe meglio progettate possono nascondersi pericoli insidiosi, e non si tratta soltanto della solitudine. Il protagonista di questo romanzo è tenuto in cattività da qualcosa che sfugge a ogni definizione, a una mostruosità della notte dei tempi; e la sua disintegrazione, raccontata con perfetta obiettività, è accompagnata dal ritmo di una formula che poche gole umane sono in grado di pronunciare: Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn.

Dopo il leggero ma divertente “I vermi conquistatori” (The Conqueror Worms, 2005) di Brian Keene, la collana Urania Horror cambia rotta, riproponendo al pubblico italiano un esempio di cosiddetto Southern Gothic, ramo statunitense della letteratura gotica: DAGON (Dagon, 1968) di Fred Chappell (classe 1936), poeta e “maestro della letteratura meridionale americana”.

Sebbene l’autore abbia inserito alcuni elementi appartenenti al ciclo di Cthulhu, la storia è un horror psicologico, solo marginalmente legata alla mitologia creata da H.P. Lovecraft.

Peter Leland, un giovane predicatore, ha deciso di trasferirsi assieme alla moglie Sheila nella fattoria ereditata dai nonni in North Carolina. Il suo scopo è scrivere un saggio su un’antica divinità pagana di nome Dagon, ma comincia ben presto a captare delle misteriose presenze, a cadere vittima di allucinazioni uditive, in cui compaiono parole come Cthulhue Yog Sothoth, che lo distraggono dall’intento iniziale.

Progressivamente il predicatore perde il contatto con la realtà, compie atti insensati (come incatenarsi nella soffitta) sino a uccidere la consorte. Vittima di un vero e proprio sortilegio, Peter diventa succube della volontà di Mina, una ragazza di campagna il cui aspetto, pur avendo qualcosa di ripugnante, lo attrae morbosamente. Si scoprirà che Mina è la sacerdotessa di un culto antico e perverso, nei cui riti il corpo di Peter rivestirà un ruolo fondamentale. Alcol e incubi senza fine finiscono per travolgere la vita del sempre più allucinato protagonista.

Il finale, criptico e catartico al tempo stesso, forse non soddisferà tutti i lettori ma ne lascerà sorpresi un gran numero.

Lo stile del romanzo è sofisticato, ricco di suggestioni e corposo, con un numero limitato di dialoghi: ottima prova di letteratura, in cui disperazione e ossessione dominano incontrastate, che potrebbe però deludere chi si aspetta una storia vicina a quelle del genio di Providence.

Tra i riconoscimenti, DAGON nel 1972 è stato scelto dall’Accademia di Francia come miglior romanzo straniero dell’anno.

Il settimo numero di Urania Horror si conclude con il romanzo breve IL SENTIERO DEI MILLE SOSPIRI (1999), dell’italiano Stefano Di Marino, un buon urban-fantasyorientaleggiante, ricco di atmosfere cupe e azione.

Fred CHAPPELL, DAGON (Dagon, 1968), trad. di Maura Arduini, Mondadori, collana Urania Horror, 220 pp., 2014, prezzo 5,90 €.