Dalle mie ceneri, di Giampietro Stocco

Stavolta arrivo buon ultimo, ma è davvero impossibile stare appresso a tutte le uscite del mondo letterario fantascientifico. E gli ultimi anni sul lavoro sono stati abbastanza pesanti. Da buon esodato/pensionato sto cercando di mettermi in paro. In particolare devo rimediare a molte lacune che ho sul fronte italiano della sf. Nel corso dell’ultimo anno mi sono dedicato a un approfondito esame della produzione di Tullio Avoledo, che ho imparato ad apprezzare nelle sue particolarissime commistioni tra racconto mainstream italiano e tematiche fantascientifiche: non sempre la cosa gli riesce appieno, ma alcuni dei suoi romanzi, come ad es. L’anno dei dodici inverni, mostrano una grande sagacia nella gestione di motivi come il viaggio nel tempo all’interno di  storie di relazioni familiari e amorose.

Le suggestioni di Facebook e le conoscenze intervenute mi hanno spinto a leggere opere che in passato avevo trascurato, romanzi importanti di autori anglosassoni ma anche opere significative di scrittori nostrani.
E’ questo il caso di Giampietro Stocco e delle sue storie ucroniche, che ho iniziato a comprare, a partire da questo interessante Dalle mie ceneri, pubblicato nel 2008 dalla Delos nella collana Odissea  e ancora disponibile a prezzo scontato su IBS.

Il termine ucronìa, come riporta la voce su wikipedia, deriva dal greco e significa letteralmente “nessun tempo” (da οὐ = “non” e χρόνος = “tempo”), per analogia con utopia che significa “nessun luogo”. Indica la narrazione letteraria, grafica o cinematografica di quel che sarebbe potuto succedere se un preciso avvenimento storico fosse andato diversamente. Il termine è stato coniato dal filosofo francese Charles Renouvier in un saggio (Uchronie) apparso nel 1857. Gli anglosassoni usano invece il termine più immediato alternate history (storia alternativa).

È ucronìa chiedersi, ad esempio, cosa sarebbe successo in Europa, se l’Impero romano fosse sopravvissuto fino ai nostri giorni, se l’Impero bizantino non avesse subito l’invasione islamica, se la Rivoluzione Francese non fosse scoppiata, se Napoleone avesse vinto a Waterloo, se l’andamento della Grande guerra fosse stato diverso, se Hitler avesse vinto la seconda guerra mondiale o altrettanto se l’Operazione Valchiria fosse riuscita. In America, se la Francia avesse vinto la guerra dei sette anni, se l’Inghilterra fosse riuscita a reprimere i rivoltosi americani alla fine del Diciottesimo secolo o se i confederati avessero vinto la guerra di secessione americana.
Stocco, giornalista e scrittore, è anche uno studioso e appassionato di storia: ne è testimonianza l’esistenza del suo sito web The Uchronicles- www.giampietrostocco.it, dedicato alle storie alternative. Non è quindi un caso se gran parte della sua produzione, a partire da Nero italiano e Dea del caos (in cui si immagina  che l’Italia fascista non sia entrata in guerra nel 1940 e il regime sia proseguito integro fino al 1975), per passare a questo Dalle mie ceneri, e ai recenti Nuovo Mondo e La corona perduta, sia incentrata su ipotesi ucroniche.

D’altronde, come osserva giustamente Salvatore Proietti nella sua dotta introduzione a Dalle mie ceneri, la storia  è il teatro di maggiore interesse per la fantascienza italiana. “Tra Storie alternative (o ucronie), universi paralleli, viaggi nel tempo, misteri scientifici di ambientazione storica, confronti fra passato e futuro, la manipolazione narrativa della storia sembra essere il terreno preferito dell’immaginazione fantascientifica italiana.”

Autori come Guido Morselli con Contropassato prossimo, Luca Masali con i suoi Biplani di D’Annunzio, Pierfrancesco Prosperi con Garibaldi a Gettysburg, o ancora Lanfranco Fabriani con i due romanzi apparsi su Urania (Nei vicoli del tempo e Nelle nebbie del tempo) stanno proprio a dimostrarlo. In sostanza, come dice anche Proietti, c’è una tendenza abbastanza definita della fantascienza italiana che deriva sicuramente dalla nostra tradizione culturale, più umanistica che tecnologica.

Il romanzo in questione (ma sarebbe più corretto definirlo una novella, cioè un romanzo breve, dato che  supera a stento il centinaio di pagine, in caratteri larghi) ipotizza un mondo alternativo assai originale. Qui non abbiamo il solito mondo in cui Hitler o Mussolini hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale, ma una variazione assai sottile e più attuale: nel mondo di Stocco l’Argentina ha vinto la guerra delle Falkland o Malvine, per dirla alla maniera dei sudamericani, che , con l’aiuto di nazioni vicine come il Cile e di mercenari venuti dall’Italia (come il protagonista Rico), sono riusciti a battere i favoritissimi inglesi. La vittoria delle Falkland e l’Unione degli Stati sudamericani nella confederazione socialista del Cono Sur   hanno portato il paese del tango a una nuova rinascita, allo stato di potenza di rango mondiale. In quest’Argentina del vicino futuro, in cui i comunisti  sono succeduti alla dittatura fascista (senza peraltro abbandonarne i vecchi sistemi brutali), si muove, Rico, l’esule italiano che ha perso eroicamente il braccio destro nella battaglia delle Falkland e vive di sotterfugi ed elemosine. Rico però nasconde  anche un passato  segreto di hacker informatico, e le sue qualità potrebbero essere utili alle varie fazioni in lotta per il potere.

E qui mi fermo, perchè non voglio togliere interesse a chi volesse leggere questa storia che, oltre ad essere una divertente speculazione ucronica, è anche un’avvincente avventura fantascientifica. La vicenda è ambientata nel 2015, e Stocco mostra di sapersi muovere a suo agio anche nel campo delle estrapolazioni tecnologiche. Tra nanotecnologie, pulsioni cyberpunk, e complotti politici, la storia si snoda gradevolmente in una sequenza di colpi di scena che non mancherà di ammaliare il lettore. La narrazione è spedita  e ricca di ironia (con alcune divertenti trovate che non ho intenzione di svelare). L’unica pecca, se proprio vogliamo trovare un  difetto, è che  il mondo ipotizzato da Stocco avrebbe sicuramente meritato  un approfondimento maggiore, che le cento pagine di Odissea non hanno consentito.

Un ottimo esempio, dunque, di quanto di buono sa fare la fantascienza italiana, quando è nelle mani giuste, di autori che dimostrano di aver bene assimilato la lezione anglosassone e di averla sapientemente integrata nella tradizione culturale tipica del nostro paese.