Dodici inframondi (Urania 1608)

Nella seconda ed ultima parte dei due volumi di Urania (il primo è stato 9 inframondi), che completano l’edizione italiana dell’antologia Year’s Best SF 14 a cura di Hartwell e Cramer, sono richiamate alla memoria alcune fra le tematiche fondanti del genere fantascientifico.

“La casa vuota” di Robert Reed affronta il discorso sui danni e i vantaggi del progresso in chiave moderna, dove all’ambientazione post-apocalittica si affiancano concetti nanotecnologici.

“Il bambino e lo spaventapasseri” di Michael Moorcock ricalca il dilemma sul libero arbitrio dei robot, in un mondo distopico nel quale solamente l’umanoide protagonista sembra avere bontà, senso di giustizia e di libertà, mettendo in salvo un bambino altrimenti spacciato.

In “Parole che cominciano per N” di Ted Kosmatka viene aggiornato il modo di concepire la paleo-clonazione (in questo caso dei Neanderthal) immaginandone le possibili e sconvolgenti conseguenze.

Un testo più impegnativo, ammiccante al’hard sf, è “Furia” di Alastair Reynods, uno degli autori di punta della space opera contemporanea (recentemente intervistato dal nostro Fabio F. Centamore). In esso vi è un vago rimando all’universo di Asimov, con la coppia composta dall’imperatore galattico e il suo robot di gabinetto che ricorda tanto quella di Preludio alla Fondazione.

Nei racconti successivi il libro prende una piega diversa.

“Imbroglioni” di Ann Halam è una storia sulla realtà virtuale immersiva nella quale figurano due ragazzini come protagonisti, che scopriranno di essere entrati in un gioco le cui potenzialità superano di gran lunga le loro aspettative.

Jan Sanford ci regala “Navi come nuvole, nate dalla pioggia”, ambientato su un pianeta misterioso dove il cielo è attraversato da nuvole di astronavi che rilasciano una pioggia perenne di materiali polverosi. E’ forse il racconto migliore dell’antologia per suggestione, contenuto e sviluppo.

Con il racconto “Vetro” di Daryl Gregory ci trasferiamo nel campo delle neuroscienze e scopriamo che nel cervello risiedono i neuroni specchio che svolgono il compito di regolare l’empatia. Sembrerebbe che i killer psicopatici abbiano dei difetti in questi neuroni. Sarà la dottoressa Alycia Liddel a trovare un soluzione, per quanto drastica.

“Hannover” di Jeff VanderMeer è un racconto che denuncia la non neutralità della scienza, usata molto spesso per scopi di guerra e di aggressione. E’ un altro dei migliori racconti della raccolta.

“Messaggio trovato in un’onda di gravità” è un simpatico racconto di Rudy Rucker, dove un fisico dilettante riceve, grazie a una strana gelatina di sua fabbricazione, inquietanti segnali extraterrestri inviati 14 miliardi di anni prima.

Le 12 storie non rimarranno tutte impresse come sanno fare solo quelle opere che eccellono in ogni loro aspetto narrativo, tuttavia ciò che le accomuna e che le rende adeguatamente apprezzabili è il fatto che ogni autore ed autrice riesce, usando poche parole, a rappresentare in modo chiaro e coinvolgente il suo mondo (o se vogliamo inframondo) di fantasia. La selezione dei racconti dev’essere valutata secondo questo aspetto, che ne è l’imprescindibile collante.

Dopotutto stiamo parlando di una antologia annuale, in particolare dei racconti scelti fra queli pubblicati in lingua inglese nelll’anno 2008. Dunque per quanto possano esser stati bravi i curatori, per forza di cose il libro  ha i suoi limiti.

La famosissima serie antologica Le grandi storie della fantascienza curata da Isaac Asimov aveva gli stessi limiti proprio perché presentava le opere scelte in un determinato anno.

Ci sono al massimo due racconti che si può dire lascino del tutto indifferenti, il cui insuccesso è per entrambi legato al mancato sviluppo di un’idea di partenza tutto sommato buona e alla eccessiva lungaggine narrativa. Oso dire: “L’uomo delle uova” di Mary Rosemblum e “Contenimento” di Karl Schroeder & Tobias S. Buckell. Il primo parla di un mondo dove il Messico se la passa economicamente meglio degli Stati Uniti, ormai in pieno declino, e ha come protagonista un messicano che porta aiuti umanitari agli americani nella forma di uova mediche geneticamente modificate; il secondo è un plausibile spionaggio genetico che però avrebbe potuto essere più breve, essser condito meglio e incuriosire di più.

“Ragni” di Sue Burke è il racconto scelto dai curatori per chiudere la selezione a causa della «eccellente battuta finale». A tal proposito Hartwell e Cramer avevano ragione. E in linea generale possiamo dire lo stesso del lavoro svolto complessivamente.

Se volete informazioni sugli altri volumi della serie “Year’s Best SF” curati da David G. Hartwell potete consultare la scheda “Le Grandi Antologie della Fantascienza – Anno per Anno Pt. 2 (1964 – 2012)