Embassytown, di China Miéville

“Non voglio più essere una similitudine” esclamai. “Voglio diventare una metafora.”

(trad. di Federico Pio Gentile)

 

Seconda di copertina:

In un futuro remoto, gli esseri umani si sono spinti ai confini dell’universo colonizzando il pianeta Arieka. Qui i rapporti tra gli uomini e il popolo degli Ariekei, custode di una lingua misteriosa e inaccessibile, sono possibili solo grazie ai pochi ambasciatori in grado di comprenderne il linguaggio. Avice Benner Cho, una colona umana, ha fatto ritorno sul pianeta, nella città di Embassytown, dopo anni di viaggio nello spazio più profondo. Non è in grado di parlare la lingua degli Ariekei, eppure in qualche modo ne rappresenta una parte: lei, come altri esseri umani, è utilizzata dagli indigeni come una “similitudine vivente”, necessaria alla formulazione di concetti altrimenti inesprimibili. A causa di oscuri intrighi politici, sul pianeta è stato inviato un nuovo ambasciatore e il fragile equilibrio tra umani e alieni subisce una violenta scossa. Una catastrofe è all’orizzonte, mentre Avice si trova divisa tra un marito che non ama più, un sistema nel quale non ha più fiducia e una lingua che non può parlare ma che comunica attraverso di lei, al di fuori della sua volontà.

 

Per ampliare il proprio bagaglio culturale esistono libri che l’appassionato di fantascienza dovrebbe affrontare, prima o poi. Tra questi, il sottoscritto inserisce Embassytown di China Miéville, romanzo vincitore del Locus Award for Best Science Fiction Novel del 2012 nonché finalista allo Hugo Award for Best Novel nello stesso anno. Nel marzo 2016 la Fanucci ha finalmente pubblicato in Italia il romanzo. Ovviamente il lettore è libero poi di apprezzare l’opera o meno, di divorarla o di abbandonarla dopo poche pagine. Un tentativo di lettura andrebbe comunque fatto: l’importanza di Embassytown sta nell’insieme, unico e inimitabile, di trama, contenuti, protagonisti, cornice e stile che l’autore assembla.

La prima parte può risultare ostica, persino irritante, per il linguaggio impiegato, talmente è ricco di neologismi e di parole comuni impiegate in maniera eccentrica. Lo sforzo immaginifico richiesto consente poi di galoppare veloci, non appena la storia entra nel vivo. E’ un peccato che molte idee interessanti introdotte nei primi paragrafi, tra i quali il lettore attento può riconoscere echi di Cordwainer Smith, vengano poi abbandonate o risultino del tutto secondarie ai fini della trama principale.

Chi conosce l’opera di Miéville, variopinta e di difficile classificazione, sa che il messaggio politico è sempre presente, anzi a volte è un elemento imprescindibile come nei casi di King Rat (1998, it. “Un regno in ombra”) e Iron Council (2004, it. “Il treno degli dei”).

Tra i tanti spunti di riflessione, che lo scrittore inglese inserisce senza grandi riguardi verso il lettore, quello sul linguaggio è centrale. In 1984 George Orwell poneva la “neolingua” al servizio del regime totalitario del Grande Fratello: non solo una nuova forma di espressione verbale ma un mezzo in grado modificare le strutture mentali dell’essere umano, soffocando ogni pensiero libero o deviante dall’ortodossia ideologica. Ribaltando la prospettiva orwelliana, China Miéville utilizza lo strumento linguistico per innescare nella razza degli Ariekei, alieni dal singolare apparato vocale, una vera e propria Rivoluzione culturale, aprendole prospettive di sviluppo prima impensabili.

Al di là della trama, delle idee e degli omaggi ad altri scrittori sparsi nell’opera, Embassytown si presenta come una grande avventura del linguaggio, in cui le ambiguità formali devono essere coltivate nella mente aliena. Tutto quello che non viene detto esplicitamente, bensì con formule astruse e poco ovvie, serve allo scopo didattico della comunicazione. Perché ciò che è ambiguo può far pensare, anzi, può suscitare pensieri pericolosi, rivoluzionari, capaci di cambiare drasticamente una civiltà.

Un plauso al traduttore: non avendo letto l’opera in versione originale non posso giudicare la qualità dell’operato, ma indubbiamente il lavoro deve essere stato impegnativo, forse ostico. Non posso non ringraziarlo per aver portato a termine tale compito.

 

China MIEVILLE, EMBASSYTOWN (Embassytown, 2011), trad. di Federico Pio Gentile, Fanucci, Collezione Immaginario Fantasy, pp. 440, 2016, prezzo 16,90 € (ebook 4,99 €).