Evermen. La reliquia nascosta, di James Maxwell

“La reliquia nascosta” (The Hidden Relic, 2014) è il secondo capitolo della Saga epica degli Evermen di James Maxwell, inaugurata con “L’Incantatrice” (Enchantress 2014), di cui ho parlato ampiamente in una precedente recensione.

Dalla quarta di copertina

Con il destino della loro terra ancora incerto, un nuovo pericolo si erge sul cammino dei fratelli Ella e Miro. Il primate e gli eserciti a lui alleati marciano compatti contro le roccaforti dei nemici, pronti a spazzare via ogni tentativo di riconquista della perduta libertà. Nonostante le reliquie degli Evermen, custodite un tempo sul monte Stonewater, siano state distrutte, il primate è venuto a conoscenza di uno dei segreti che da tempo immemore aleggiavano su quelle antiche terre: un libro oscuro, conservato nel Pinnacolo, la sommità fortificata del monte, parla di un oggetto prodigioso, una reliquia perduta che assicurerebbe a chi ne venisse in possesso la facoltà di produrre l’essenza, il liquido necessario a ricavare l’elisir, una pozione in grado di conferire qualsiasi potere. Ella, Miro e i loro alleati sanno che le sorti dell’impero sono legate alla misteriosa reliquia. Se cadesse nelle mani del primate, il futuro luminoso del mondo rischierebbe di essere cancellato per sempre.

Grazie all’Essenza, la magia continua a regnare nelle terre di Merralya, ma la fornitura dell’Essenza per l’impero è andata perduta con la distruzione del sistema di estrazione. Il primate Melovar Aspen vuole impadronirsi della reliquia perduta, il grande segreto che assicurerebbe, a chi lo possedesse, la possibilità di produrre la preziosa sostanza da cui estrarre l’elisir, sorgente di immensi e ineguagliabili poteri.

Così, Melovar, capo dell’adunanza dei Templari, in astinenza dall’elisir che gli scorre nelle vene, deve vedersela con Miro ed Ella, lord Maresciallo il primo e Incantatrice la seconda, che faranno tutto ciò che è in loro potere per ritrovare la preziosa reliquia e salvare le sorti dell’impero dall’avidità dei Templari.

Anche in questo volume, James Maxwell crea un’atmosfera di magia che viene percepita come estremamente vivida: “La stanza prese vita. Risuonò una musica sommessa, flautata e trionfale. Le rune sulle pareti, sul pavimento e sul soffitto scintillarono in una moltitudine di colori… Con un sospiro, Evrin pronunciò le parole, e la stanza si svuotò”. L’utilizzo dell’espediente della magia come Sapere acquisito e non innato amplifica fatti e personaggi, unendoli in un intreccio in cui l’umano, in tutte le sue accezioni positive e negative, si fonde con il sovrumano, pur non perdendo le proprie limitazioni e i propri difetti. Anzi, questa separazione/unione di ciò che è materia e di ciò è sortilegio funziona come lente di ingrandimento sull’aspetto psicologico dei personaggi, i cui sentimenti e le cui emozioni purtroppo sono spesso appena accennate. Ad essere ingigantite, in questo caso, sono più le tipologie caratteriali dei protagonisti nel complesso rispetto a quelle individuali; da una parte, questo aspetto indebolisce l’intensità della narrazione, attenua l’impatto dei colpi di scena, ma dall’altra, esso dona comunque una buona dose di imprevedibilità e di azione: “Una volta, il primate si sarebbe sentito pieno di repulsione. Adesso pensò solo al potere che avrebbe avuto a sua disposizione con gli akari dalla sua parte. Quando Melovar guardò i suoi uomini che lo circondavano – guerrieri tenaci, scelti con cura per quella missione, molti con la contaminazione – notò che erano sia disgustati sia pieni di paura”. È un’analisi interiore che scava nell’animo del lettore come acqua di ruscello sulla roccia, ma che non compromette la piacevolezza di una trama complessa, ben articolata, scorrevole. La scrittura non sconvolge ma coinvolge, non rapisce ma affascina, è immediata, diretta, senza essere scontata. Anche l’aspetto sentimentale viene affrontato con maggior forza, sebbene tenda a rimanere volatile. Non scalfisce, non fa sanguinare l’anima di chi legge, è assaggio che stuzzica e non sazia: “La guardò negli occhi mentre pronunciava due ultime parole rivolte a lei, muovendo le labbra senza emettere alcun suono. Stava intraprendendo un viaggio senza ritorno.” È come una bella partita di scherma in cui però manca qualche eccitante affondo, tuttavia, interessante e sostanziosa è la parte descrittiva, posta in buon equilibrio con dialoghi e azione. Ed è proprio l’azione ad essere un punto a favore del romanzo. Non ci sono tempi morti, non c’è la tendenza a dilatare i fatti, diluire la trama con inutili digressioni. Tutto avviene con un buon ritmo, con continuità, mantenendo la lettura su un filo di tensione costante, inesauribile. L’uso della parola è sempre preciso, il fraseggio incisivo, la struttura ben organizzata. Quello di Maxwell è uno stile che può raccogliere e soddisfare una buona varietà di estimatori, dai più giovani ai più maturi, perché raffina gli uni e diletta gli altri.

La reliquia nascosta è un capitolo che si conclude e appaga il lettore ma che nel contempo apre all’avventura successiva, tenendolo sospeso sul confine del mistero che inevitabilmente una saga di buona qualità evoca. È una goccia di elisir per gli appassionati del genere e, in mancanza dell’Essenza, può placare l’astinenza con una buona dose di magia e avventura.

Titolo: Evermen – La reliquia nascosta

Autore: James Maxwell

Editore: Fanucci editore

Collana: Collezione immaginario fantasy

Anno pubblicazione: 2017

Pagine: pagg.512 versione cartacea

Prezzo: cartaceo €14,90, ebook €4,99