I guerrieri di Wyld: l’orda delle tenebre, di Nicholas Eames

Cosa fanno gli eroi quando rinfoderano le armi e vanno in pensione? Probabilmente, nel profondo del loro cuore, aspettano l’occasione giusta per ricominciare a combattere. Be’ magari non tutti. Infondo gli acciacchi dell’età si fanno sentire, alcuni hanno una famiglia cui pensare, altri hanno qualche capello in meno sulla testa e qualche chilo di troppo sulla pancia, ma se un amico, un amico fraterno, si presenta alla porta implorando aiuto, allora è il momento buono per tornare a essere quelli di un tempo. Quasi.

Nicholas Eames nel suo primo romanzo, autoconclusivo, sceglie l’amarcord. Un pugno di mercenari, entrati nella leggenda combattendo mostri e salvando principesse nelle torri, deve correre in soccorso della figlia del loro ex frontman, bloccata nella città di Castia, che è cinta d’assedio da un’orda apocalittica di creature da incubo intenzionate a compiere una strage. Le probabilità di raggiungere la città in tempo, sopravvivere al Wyld – luogo d’inimmaginabili pericoli – e fare in cinque ciò che un intero esercito non è riuscito a fare, sono pari a zero. Ma infondo, «un tempo eravamo giganti».

Con un’ironia rinfrescante e ben dosata, Eames ci introduce nel suo mondo magico che ha il sapore del fantasy di una volta, in cui i guerrieri cercano la gloria e credono nell’amicizia, i maghi hanno la barba bianca e sono un po’ svitati e i mostri – tanti e di ogni genere – sono nemici giurati dell’umanità. Fluido e immaginifico, lo stile di Eames (efficacemente tradotto da Sara A. Benatti) intesse una narrazione carica di sense of wonder, scatenando l’immaginazione creativa della migliore tradizione fantastica, dove tutto è possibile e la magia è portentosa. Non aspettatevi dunque i toni cinici e disillusi del grimdark: è vero che siamo alle prese con eroi un po’ attempati, nostalgici del tempo che fu, ma questa è una storia di amicizia e di coraggio, in cui l’ironia serve a stemperare la positività, senza ferirla.

Il punto di vista è solo quello di Clay Manolenta, ex mercenario, «brav’uomo», che meno di tutti vorrebbe arrischiarsi in quella missione, perché ha una moglie che ama e una figlia che adora, ma alla cui porta Gabe il Grande (nell’originale Golden Gabe) bussa per primo, perché se lui accetterà, gli altri seguiranno. Ed è con i suoi occhi, quelli di un uomo che ha vissuto pericolosamente, versando troppo sangue, che conosciamo gli altri membri della “banda”, che nel suo racconto suggestivo riusciamo quasi a vedere per com’erano un tempo, giovani e invincibili.

In questa cascata di felice immaginazione, in cui si susseguono combattimenti ben descritti, incontri salvifici o fatali e alcune degne rivelazioni, non tutto però mi è sembrato privo di difetti: nella seconda parte del libro, lo spirito brillante che anima il romanzo viene un po’ soffocato dall’eccessiva quantità di azione, che forse avrebbe beneficiato di una maggiore economia per tenere sempre incollato il lettore. Inoltre – sì, Abercrombie mi ha rovinato -, un pizzico di malizia in più non avrebbe guastato. Come ha detto qualcuno, la luce ha bisogno del buio, anche nel fantasy classico. Tuttavia, questi Guerrieri di Wyld si sono rivelati una gradevole sorpresa e ho apprezzato molto la scelta di libertà dell’autore, che se n’è infischiato di costruire un comple

sso e quasi matematicamente “coerente” sistema magico originale, cosa che sembra ossessionare gran parte degli scrittori e dei lettori di fantasy oggi, a scapito del meraviglioso, regalandoci una storia ricca ma semplice, con dei personaggi a cui ci si affeziona, dai dialoghi mai banali. La facilità con cui, a volte, vengono risolte situazioni difficili, più che tradire un’ingenuità dell’autore – che nella narrazione di Clay si dimostra sempre attento alle sfumature – sembra suggerire la morale di fondo della storia, e cioè che la vita è una cosa seria, ma per sopravvivere è meglio non prendersi mai troppo sul serio.

 

I Guerrieri di Wyld (Kings of the Wyld), uscito in lingua inglese nel febbraio 2017 e pubblicato in Italia dalla Nord questo febbraio, è il primo volume autoconclusivo di una trilogia (The Band) a cui presto seguirà Bloody Rose, che confidiamo di veder tradotto anche da noi quanto prima.