Harlan Ellison, ovvero: La bestia che gridava amore al cuore del mondo

«Robert Silverberg disse di me “Harlan Ellison non è coraggioso, è semplicemente impavido”. Il ché è assolutamente vero. Non puoi permetterti di essere spaventato; no, se vuoi che la scrittura abbia calore, ragione e passione» – Harlan Ellison

Nato in Ohio il 27 maggio del 1934 (morto il 28 giugno 2018), imparò a leggere già a tre anni, a dieci era stato già stato influenzato dai grandi classici come Twain, Conrad, Dickens, Hemingway, Dumas, e proseguì la sua formazione con Lester Del Rey e Clark Ashton Smith, ma anche attraverso fumetti, fanzine pulp e fiction radiofoniche come The Shadow.

Dato che era un ebreo di bassa statura, venne spesso bullizzato. Come tanti avrebbe potuto chiudersi in se stesso, ma non fu così, anzi, iniziò a forgiare quella corazza di spine che Asimov definì “da duro bogartiano” e che da adulto lo avrebbe reso notoriamente pungente e spigoloso.
Allo stesso tempo, però, dal sangue della ferita nella sua profonda sensibilità nacque qualcos’altro, il germoglio di quel tema ricorrente nei suoi lavori, ovvero la lotta che il diverso deve combattere contro l’ignoranza, l’incomprensione, i formalismi, i pregiudizi e tutte le forme d’ingiustizia.

Nell’adolescenza tutto questo si trasformò nella fame di successo letterario, nel suo desiderio di attenzioni e riconoscimento, ma Ellison fu spesso vittima del suo dilettantismo e delle sue velleità di scrittore, costellate a loro volta da fallimenti, frustrazioni e rifiuti, al punto che le difficoltà ad affermarsi gli fecero tentare il suicidio nel momento più buio della sua vita, l’estate del ’55.

Da quel gesto lo salvò Robert Silverberg, uno dei suoi più cari amici, e proprio alla fine dell’estate più buia della sua vita, Ellison partorì “Gli Svitati” ricevendo la sua prima proposta editoriale da IF. Da allora non lo fermò più nessuno e durante la sua carriera scrisse circa 70 libri, 400 racconti, dozzine di sceneggiature, più di 1.000 saggi, introduzioni e rubriche, venendo tradotto in quaranta lingue e vincendo una lista di premi così lunga da superare la sessantina.

Tra questi: Edgar Allan Poe due volte, Bram Stoker sei volte, Nebula cinque volte, l’Hugo oltre otto volte, Locus diciotto volte, 23° Grand Masters della SFWA e Science Fiction Hall of Fame nel 2011… solo per citarne alcuni.

Per quanto non l’amasse, lavorò a diversi spettacoli per la TV e fu autore e consulente per The Twilight Zone, The Outer Limits e Babylon 5, sceneggiò una delle più toccanti puntate di Star Trek (Uccidere per amore, premio Hugo del ’68), trasformò la sceneggiatura scartata per lo stesso episodio nel fumetto “7 Contro il Caos” e curò la trasposizione di “Non ho Bocca e devo Urlare” in un videogioco (da non sottovalutare e del quale parleremo in futuro), nel quale l’obiettivo non era vincere, ma imparare a essere migliori…
In Italia, i lavori più noti di Ellison sono “«Pentiti Arlecchino», disse il Tictacchiere“, “Non ho Bocca e Devo Urlare” e “La Bestia che Gridava Amore al Cuore del Mondo“; ma innumerevoli sono le sue gemme come “Gli Scarti”, “Mondi da Uccidere”, “Un Ragazzo e il suo Cane”, “L’Uccello di Morte”, e tante e tante altre che compongono solo la punta dell’iceberg.

Storicamente importante fu l’antologia da lui curata nel 1967 chiamata Dangerous Visions, che fu rivoluzionaria nel rappresentare temi fino a quel momento marginali, esclusi o censurati, facendoli trattare da scrittori che li spinsero al loro limite. Figlia del suo tempo, del movimento anticonformista, femminista, antimilitarista in contrasto alla guerra del vietnam e della discriminazione razziale, Dangerous Visions contribuì a indicare una nuova rotta, portando a galla temi come la sessualità, l’ateismo, il pacifismo e, più in generale, di rivolta dello status quo fino ad allora reputati troppo “scomodi” da un editore per poter essere pubblicati.

Dotato di una preparazione, un acume e un talento fuori dal comune, Ellison era un idealista irriverente, sfacciato, consapevole dei propri mezzi e saldo nelle proprie convinzioni. Non ha mai giocato al gioco della “correttezza sociale”, perché incapace di essere ipocrita o falso. Diceva le cose in faccia, nella vita come nella scrittura, davanti alle ingiustizie, ai giornalisti, alla critica, agli altri scrittori e ai professori, al punto da ritirarsi dall’università per una lite con il docente di scrittura creativa.

A tal proposito, proprio per dare l’idea di quanto “non” fosse vendicativo o desideroso di rivalsa, dopo che il professore lo cacciò dicendo: “vai a guadagnarti da vivere in modo rispettabile” (ricevendo in cambio solo insulti), Ellison lasciò l’università dopo solo un anno e mezzo, non mancando però, dopo aver raggiunto la fama, di spedire per anni al saccente professore ogni singolo racconto pubblicato e ogni premio ricevuto…

Anche di quello che pensava il pubblico non gli era mai importato, non ha mai cercato di accontentarlo, cosa della quale accusava il suo amico Asimov (che creò su Ellison il protagonista del giallo “Rompicapo in Quattro Giornate“), perché riteneva che l’essere accomodante fosse come scrivere qualcosa di «diverso da quello che la tua musa ti ordina» e depotenziasse non solo lo sviluppo artistico, ma soprattutto lo sviluppo personale.

Dette vita a quello che fu lo Show Writing, scrivendo racconti seduto in vetrina nelle librerie, per fare capire ai lettori che il lavoro dello scrittore non è quello di un mago eremitico, ma uno come gli altri, che richiede tecnica, passione e dedizione.

Paladino dei diritti degli autori con il motto “Pay the writer!”, Ellison ha detto e dimostrato di essere un progressista, un libero pensatore e si è sempre definito ateo, perché credeva che finché ci fosse stata la possibilità di scaricare le responsabilità su una qualche divinità invisibile, senza mai fare autocritica, l’uomo non avrebbe mai potuto essere responsabile del suo stesso comportamento e progredire come singolo e comunità.

Se questo non bastasse, viaggiò con i Rolling Stones, guidò un camion di nitroglicerina in Carolina; marciò con Martin Luther King; affrontò il figlio armato del boss della mafia di Detroit indossando solo un asciugamano da bagno; riuscì a far ottenere a A.E. Van Vogt il SFWA Grand Masters e accusò di plagio James Cameron per aver tratto dal suo racconto “Soldato” (e forse anche “L’Uomo dalla Mano di Vetro”) l’ispirazione per “The Terminator“, ottenendo di essere accreditato nelle successive stampe del film.

Nonostante i riconoscimenti in ambito fantascientifico, Ellison non gradiva essere additato come autore di sola fantascienza, ma si è sempre ritenuto più un autore di realismo magico o speculative fiction. La sua scrittura era ed è pregna di etica, e non importa che venga chiamata senso morale, rispetto per il prossimo, compassione o semplicemente amore, perché con le sue opere spinge il lettore verso la presa di coscienza, la responsabilizzazione e la consapevolezza di quello che siamo, di quello che facciamo e delle conseguenze.

Perché è di questo che trattano le sue opere, che in alcuni casi scintillano, brillano, feriscono e urlano: temi scomodi, ricchi d’invettiva politica, sarcasmo rabbioso covato nell’ingiustizia, disobbedienza civile, anticonformismo, pacifismo, egualitarismo, e sì, anche anarchia se vogliamo; e affronta il desiderio di riacquistare il controllo della propria vita, di sfuggire alla schiavitù del consumismo, del capitalismo e delle multinazionali, che ci hanno cresciuto nell’alienazione dei loro allevamenti televisivi come animali per gli acquisti.

Proprio per questo, con i suoi racconti ci sfida a sviluppare tutto il nostro potenziale come esseri umani, a coltivare la conoscenza, perché secondo lui abbiamo già tutti gli strumenti dentro di noi per progredire: etica, coraggio, gentilezza, amicizia, raziocinio, capacità di pensare, sognare, immaginare; ma anche una serie di ostacoli da superare come: meschinità, avidità, irresponsabilità e grossolanità.

In una lettera a Stephen King disse di sé di vedersi come un incrocio tra Zorro e il Grillo Parlante e,
nonostante tutto il nostro orrore, Ellison ha sempre creduto che l’umanità fosse intrinsecamente buona e, da buon Grillo, l’ha pungolata con le sue spine per mostrarle le zone d’ombra della sua stessa natura e portarla ad affrontare tutto quello che vorrebbe ignorare, tutto quello che non va in questo mondo ingiusto e amorale dove l’imperativo è l’abuso dell’uomo sull’uomo e dove a rimetterci siamo tutti quanti noi. Chiunque vorrebbe crogiolarsi nella rassicurazione che tutto vada bene, ma Ellison non lo permette e, ancora oggi, leggendo le sue opere, ci ricorda che per quanto vorremmo, non possiamo continuare a vivere nell’egoismo.

Ellison scrisse: «Il mio messaggio è sempre lo stesso: siamo i più sofisticati, i più ingegnosi, in potenza i più divini costrutti che l’universo abbia mai creato. E ogni uomo o donna ha dentro di sé il potere di riordinare a suo piacimento l’universo percepito. Tutti i miei racconti parlano di coraggio, morale, amicizia e durezza. A volte lo fanno con amore; a volte con violenza, a volte con dolore, rimpianto o gioia. Ma tutti danno lo stesso messaggio: più sai e più puoi fare. O come disse Pasteur: «Il caso favorisce le menti preparate».

E ancora: «Siamo creature minuscole in un universo che non è né benigno né maligno… è solo enorme e indifferente a noi, se non come anelli della catena della vita. E tutto ciò che abbiamo da interporre tra noi e l’irrazionale terrore di polli che corrono starnazzando qua e là, sono la saggezza e il coraggio. Ecco perché vi dico tutto questo, e perché scrivo per scioccarvi e farvi infuriare e terrorizzarvi. Per dirvi con amore e partecipazione che non siete soli»


Alla fine, riprendendo uno dei suoi più noti racconti, è proprio Harlan Ellison “La bestia che gridava amore al cuore del mondo“.
È lui con la sua sensibilità, compassione e acume a gridare amore al cuore di tutti noi, per ricordarci che invece di progredire insieme stiamo regredendo nella brutalità, nella disuguaglianza e nel disagio sociale.

Tutti lo definivano un uomo coriaceo, ma dietro la sua armatura di spine, c’è forse una delle più spiccate sensibilità e uno dei più grandi amori verso l’umanità che il nostro mondo abbia mai potuto accogliere.

Grazie Harlan, grazie di aver gridato il tuo amore al cuore del mondo.

Buona lettura da Marc Welder