I premi Hugo 2014

Ieri sera abbiamo assistito via web alla cerimonia di premiazione degli Hugo, tenutasi a Londra, dove alcuni fortunati amici erano presenti di persona, a fianco di celebrità come Robert Silverberg e Kim Stanley Robinson. La cerimonia mi è sembrata interessante e ben condotta, e anche le opere premiate mi sono parse meritevoli. Alcune perplessità le avevo invece sugli altri candidati, ma ce ne parla in maniera più precisa e diffusa l’amico Roberto Kriscak, uno dei massimi esperti di narrativa fantascientifica anglosassone del nostro paese.

Si è svolta quest’anno a Londra, nell’ambito della WorldCon – quest’anno LonCon, la manifestazione più importante dell’anno – l’assegnazione dei prestigiosi Premi Hugo (che rimane, nonostante tutto, il più importante riconoscimento letterario della fantascienza mondiale).

La cerimonia è stata condotta in modo assai brillante da Geoff Ryman e Justina Robson. Geoff Ryman ci ha stupito: avendo letto parecchie delle sue opere che spesso hanno un carattere introverso e sperimentale ma sempre originale, non ci avrebbe fatto sospettare le doti da entertainer che ha dimostrato;  ad ogni modo, per quelli che non lo conoscono, tenetelo d’occhio perchè è un autore chiave dell’ultimo ventennio di narrativa britannica, non solo di sf : “The Child Garden”, “The Unconquered Country”, “Was” e “253” sono già dei classici moderni.

Direi che della vincitrice come miglior romanzo, Ann Leckie con “Ancillary Justice”, si è già scritto parecchio (space opera sofisticata con elementi di strategia militare, personaggi ben costruiti a livello psicologico, una giusta e ben calibrata commistione di stili ed elementi fantascientifici classici). Attendiamo a questo punto l’attesa edizione italiana che sarà per Fanucci e stavolta , credo, basterà aspettare solo qualche mese.

Tra i vincitori è già apparso in italiano, per merito della Delos sull’ultimo numero di Robot n.71, “La Signora Astronauta di Marte” di Mary Robinette Kowal, premiata come migliore novelette o racconto lungo – un bel racconto poetico e commovente che ha come protagonista la prima donna astronauta nello spazio (in una realtà parallela), costretta a rimanere su Marte ad assistere il marito-scienziato morente. La candidatura di questo racconto aveva suscitato qualche polemica per il fatto che la prima edizione  in realtà era apparsa sotto forma di “Podcast audio” un anno prima, nel 2012.

Altrettanta fortuna avrebbe meritato l’eccellente “The Waiting Stars” dell’ “astro nascente” Aliette De Bodard (che si era già aggiudicato il Nebula e che dovremmo veder tradotto dai benemeriti di Delos per la nostra Biblioteca del Sole Lontano o su Robot). Anch’esso, come “Stazione Rossa” e “Immersione” (già tradotti), fa parte del milieu galattico della Storia Futura dello “Xu-Ya”, un universo futuro dove lo spazio è stato colonizzato in prevalenza dalla cultura Cinese ma anche dai Maya centro-americani (nella story-line alternata della De Bodard infatti i Cinesi arrivano prima degli europei in America e stringono un’alleanza con i popoli nativi).

Ma poi nel futuro, come accade in questo episodio della saga, si verificano guerre e contrasti tra Maya e Cinesi; le donne partoriscono i figli attraverso uteri  pre-modificati  in modo da costituire una generazione di piloti di “astronavi viventi e senzienti” (un po’ come avveniva nel famoso e classico “La Nave che Cantava” di Ann McCaffrey) e l’azione si svolge in una missione di recupero di un’astronave che sembra “morta”.

Come miglior novella ha vinto “Equoid” dell’inglese Charles Stross. “Equoid” fa parte della serie “Laundry” di cui in Italia è già apparso un altro episodio, “Giungla di Cemento” (in Odissea Delos). La serie ha come protagonista l’ex consulente informatico Bob Howard, agente di un’agenzia segreta britannica nota come “la Lavanderia”, che deve proteggere il mondo dalla minaccia proveniente dallo spazio-tempo dei “Nasty Old Ones”. Una serie che mescola fs, richiami alla HP Lovecraft e azione stile 007.

Stavolta Bob Howard deve indagare in una scuderia equina dove pare si allevino unicorni, che però in questo caso sono degli esseri pericolosi e mostruosi…tutto è narrato in modo ironico, facendo il verso al classico stile roboante di HPL, ma con una punta di sarcasmo e di humor inglese (e anche con delle sottili stilettate di critica politica e sociale).

Come short-story (o racconto breve) ha vinto “The Water That Falls on You from Nowhere”, e anche il racconto dello (per ora) sconosciuto John Chu è molto interessante; e la comunità degli scrittori di origine orientale, ma che scrivono in inglese, diventa sempre più numerosa e rilevante. Ted Chiang, Aliette De Bodard, Lily Yu, Ken Liu, tutti questi autori indubbiamente portano contributi nuovi ed una cultura e sensibilità un po’ “aliene” che ben si adattano al nostro genere.

Il racconto è tutto intriso di spirito orientale, essenziale e paradossale: si basa su una piccola premessa, assurda e disarmante: “tutte le volte che qualcuno mente inizia a piovere”, e il mondo ancora non si è abituato a questo strano fenomeno. Ma ad un certo punto il protagonista si ritrova a dover fare una dichiarazione d’amore…

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 Alcune considerazioni di carattere più generale: quest’anno l’Hugo lascia perplessi più del solito, non tanto per i vincitori che sono tutti validi e meritevoli ma per altri due-tre motivi.

I discorsi sui premi sono sempre i soliti: qualche volta azzeccano e qualche volta no. Questo vale per Oscar, Nobel e giù in avanti.

Ma quest’anno i fatti anomali sono almeno due o tre.

1 – Tutti i tre premiati per le opere brevi sono Tor.Com (brand fantascientifico del gruppo MacMillan). Le opere allo stesso livello (e forse anche superiore) di quelle nominate erano quest’anno nella narrativa breve almeno 20 (io ne ho lette almeno 10; per le altre mi fido del giudizio di Gardner Dozois, Lois Tilton, recensore di Locus, e di Jonathan Strahan (per i titoli basta guardare i volumi dei “Best of the Year”, parecchi molto più convincenti delle cinquine proposte).

Alcuni titoli erano assolutamente non di livello; ovviamente sconfitti per fortuna in base al meccanismo dei ballottaggi multipli nella finale (che sarebbe in realtà un ottimo sistema elettorale). Va tuttavia rivisto il meccanismo di ammissione dei finalisti, che ha permesso di arrivare in finale ad opere davvero scarse, come il racconto del fondamentalista Vox Day (pseudonimo che è tutto un programma), o il volume n.3 di una irrilevante saga fantasy di seconda categoria (Larry Correia), o ancora ben due opere  del non-geniale autore di “Analog” Brad Torgersen. Tutto questo è accaduto perchè i suddetti scrittori (o relativi editori, agenti e fan) si sono organizzati commercialmente in un’azione – definiamola benevolmente di “Marketing”- atta a conquistare voti e votanti che hanno fatto raggiungere la nomination.

Questo lascia pensare a coincidenze forse troppo “guidate”; c’era materiale eccellente, imho, anche proveniente da Clarkesworld, Subterranean, Lightspeed, Asimov’s, dall’antologia Old Mars (curata da Dozois e GRR Martin), che era nettamente migliore in un anno che è stato davvero buono per la narrativa breve di sf.

In realtà, nonostante i continui de profundis sulla morte della sf, questi anni ’10 sono caratterizzati da una autentica esplosione della narrativa breve di sf che, grazie soprattutto alle E-zines, stanno portando lettori nuovi da ogni angolo del pianeta. Tengono bene anche le riviste tradizionali come Asimov’s, Analog, e Fantasy & Science Fiction; sono andate bene parecchie antologie originali a tema e funzionano anche i cosidetti “Mammoth Books” (cioè  antologie tematiche riassuntive di un determinato stile o argomento; qui in Italia forse ne abbiamo avuto una progenitura, poi ahimè scomparsa, con la magnifica collana delle Edizioni Nord delle “Grandi Opere”, e certi titoli curati dal nostro Master sono ancora nella memoria – Storie dallo Spazio Interno, Robotica, I Mutanti etc.).

Roberto Kriscak