Il destino della Legione, di Kameron Hurley

Affondo fino alle ginocchia sul terreno soffice. Senza dubbio è coperto di escrementi di quelle creature – qualsiasi cosa siano – posate tra le pareti, ma non me ne curo. Siamo tutte una cosa sola. Siamo tutte merda. Siamo tutte carne. Siamo tutte senzienti.

(trad. di Chiara Beltrami)

 

Ai confini dell’universo, uno sciame di navi-mondo in decomposizione, conosciuto come la Legione, sta viaggiando tra le stelle e da generazioni è stata intrapresa una guerra per sottometterla, senza una chiara risoluzione. Mentre i mondi continuano a morire, afflitti da un cancro che porterà alla scomparsa di tutte le razze, viene messo in atto un piano disperato. Zan si sveglia senza memoria, prigioniera di un popolo che dice di essere la sua famiglia. Le viene detto che è la loro salvezza, l’unica persona in grado di superare le barriere del Mokshi, una nave-mondo che ha il potere di lasciare la Legione. Ma questa sua nuova famiglia non è la sola a voler ottenerne il controllo. In poco tempo, Zan sarà costretta a scegliere da che parte stare in una guerra che la porterà a intraprendere un lungo viaggio, dai margini estremi delle navi-mondo fino al ventre stesso dell’universo. Scoprirà, nelle sue continue rivelazioni, di avere in sé il potere di distruggere la Legione così come di salvarla. Ma riusciranno lei e i suoi seguaci a sopravvivere agli orrori di questo luogo e della sua gente abbastanza a lungo per salvarla? Riuscirà Zan a capire chi è e da che parte stare?

 

Con Il destino della Legione (The Stars Are Legion, 2017) fa la sua comparsa sul palcoscenico italiano la scrittrice statunitense Kameron Hurley (classe 1980), attiva e conosciuta nel mondo anglosassone da anni. Scelta coraggiosa da parte della Fanucci che punta, per questo debutto, su un titolo borderline. Il romanzo in questione è infatti di difficile collocazione: l’etichetta hard science fiction è forse fuorviante mentre quella di fanta-horror, con forte componente new-weird, è probabilmente più calzante.

Al di là del genere, Il destino della Legione si distingue per un worldbulding accurato. Ma l’universo creato dalla Hurley è il punto forte e, assieme, debole dell’intera opera. Intorno a una stella artificiale orbita un numero indefinito ma comunque elevato di planetoidi viventi. Questi mondi, composti di carne, ossa e cartilagini che nascondono uno scheletro metallico, ospitano al proprio interno un complesso ecosistema dominato da una forma di essere umano declinata esclusivamente al femminile; nella realtà della Legione non esiste, e forse non è mai esistito, il principio maschile. La riproduzione avviene per partenogenesi oppure è dettata da regole che sfuggono al lettore, mentre il sesso (ovviamente omosessuale) è inteso solo come strumento di piacere, senza alcuna finalità. Se un difetto si vuole trovare in questa ricca ambientazione è forse l’eccessiva ricerca dell’effetto speciale volta a stupire il lettore. Una spiccata vena immaginifica, non opportunatamente dosata oppure non sostenuta da una narrazione adeguata, non sempre garantisce l’apprezzamento del pubblico.

Nonostante le similitudini, siamo molto distanti dai romanzi della fantascienza femminista, quella, per fare due esempi, dei romanzi Female Man (1975) di Joanna Russ o La difesa di Shora (A Door Into Ocean, 1986) di Joan Slonczewski. Le donne, in questo universo cupo e claustrofobico, sono schiave delle necessità dei mondi in cui nascono. A tal punto da partorire, quando è necessario, non solo bambine ma anche creature che nulla hanno di umano o persino componenti indispensabili per il corretto funzionamento dei biomeccanismi che consentono la sopravvivenza in questo bizzarro universo. Né l’assenza della componente maschile comporta una realtà più tranquilla e meno conflittuale: i pregi e i difetti all’interno della Legione, scossa da morbi, decadenza e guerre intestine, sono più o meno gli stessi delle società in cui viviamo, e si assiste a ogni genere di violenza, sopraffazione e tradimento. All’orizzonte nessuna utopia a tinte rosa quindi.

La storia, vissuta attraverso il punto di vista di due protagoniste legate fra loro da un doppio filo di odio e amore, scorre abbastanza movimentata, pur senza grandi colpi di scena. Lo stile è fluido, grazie anche all’ottimo lavoro svolto dalla traduttrice. Disgraziatamente per il lettore, a molti, troppi quesiti non viene data risposta, e a tratti la vicenda si fa confusa, con una trama che scivola, tra mucchi di cadaveri, fiumi di sangue e fluidi organici verso un finale prevedibile. Nei labirintici sotterranei che si aprono nelle viscere delle navi-mondo, più che la paura o il terrore suscitati da atmosfere e situazioni inquietanti, le sensazioni prevalenti sono il disgusto e la repulsione, frutto della grande attenzione data ai processi corporali e alla decomposizione dei tessuti viventi. Il libro assume così una connotazione splatter che forse non era nelle intenzioni originali della scrittrice. Da notare che il romanzo è un cosiddetto standalone, ovvero non è inquadrato in alcun ciclo, e al momento non è previsto un ritorno della Hurley tra le navi-mondo che formano la Legione.

L’impressione è di avere davanti un romanzo che, fosse stato scritto da un autore del genio di Tanith Lee, China Miéville o Michael Swanwick, avrebbe potuto scalare l’Olimpo della letteratura new weird. Le idee originali non mancano, alcune delle quali sarebbero piaciute anche a maestri dell’estremo e della provocazione come Philip J. Farmer, ma uno stile non particolarmente elaborato, una trama non all’altezza dell’ambientazione e gli eccessivi punti interrogativi inevasi frenano un giudizio completamente positivo.

Una volta tanto chi scrive ha trovato azzeccato il titolo italiano, molto più inerente alla trama, sebbene meno poetico e suggestivo, di quello originale.

 

Kameron HURLEY, IL DESTINO DELLA LEGIONE (The Stars Are Legion 2017), trad. di Chiara Beltrami, Fanucci Editore, collana Narrativa, 398 pp., 2019, prezzo di copertina 18,00 € (ebook 4,99 €).