Il fantasma di Laika e altri racconti

Come sempre, Hartwell e Cramer prediligono le storie brevi rispetto ai romanzi brevi, soprattutto per motivi di lunghezza (il volume di Dozois, che ha una lun ghezza più o meno doppio di questo, contiene sempre 3/4 novelle, ed è per questo consigliato a chi voglia leggere davvero il meglio della sf). Ecco i racconti che mi hanno colpito di più.
La storia più lunga, Il gufo dei ghiacci, della Carolyn Ives Gilman, è nettamente la migliore del volume, una storia drammatica e affascinante ambientata nell’universo futuro che la Gilman ci aveva già fatto conoscere in Arkfall, apparso nel precendente volume del meglio, l’Urania di maggio. La vicenda della bambina e del vecchio misterioso su un pianeta dominato dal fondamentalismo religioso, e del bizzarro dono (un gufo ibernato), reliquia di un passato terribile, rimane impressa nella memoria. Forse avrebbe  meritato uno di quei premi per cui è stato candidato.
Un’altra storia che mi ha particolarmente colpito è Il signore della voliera di Bruce Sterling: un cupo ritratto della Terra futura, in un’America suddivisa in una miriade di rozzi staterelli dominati dalla brutalità del potere. La storia è incentrata sulla figura di Julian Nebraska, saggio filosofo e padrone della voliera del titolo, che fa da guida ai giovani della comunità di Selder (in origine “Shelter”, e cioè Rifugio) come un novello Socrate. Julian tenta invano di sottrarsi alle lotte per il potere e per la successione ma sarà coinvolto suo malgrado. Questa parabola triste e  ambientata in un mondo ai confini della distruzione totale ricorda un po’ lo stile  barocco di Gene Wolfe, ma Sterling ci ha dimostrato più volte la sua bravura e versatilità.
Il fantasma di Laika, un thriller di Karl Schroeder, ricorda invece proprio le storie del vicino futuro, ambientate nell’est europeo, raccontate spesso da Sterling: agenti russi e americani si incontrano e scontrano nelle steppe desertiche del ex Unione Sovietica alla ricerca di una tecnologia che permetta di creare bombe nucleari a basso costo.
Dolly, di Elizabeth Bear, conferma le doti di una scrittrice che va affermandosi sempre più e che qui ci racconta un mystery alla Asimov in cui tornano in gioco le celeberrime leggi della robotica.
Atti di pietà, di Gregory Benford, ci mostra un nuovo risvolto dei paradossi temporali e ciò che potrebbe accadere se la decisione di qualcuno di intervenire nella storia per uccidere gli assassini seriali o i possibili criminali diventasse poi una moda di massa.
La pietra della solitudine, di Michael Swanwick, ci mostra il carattere degli irlandesi e la loro indomità volontà di combattere per l’indipendenza della propria razza, anche in un futuro lontano dominato dagli alieni arrivati dallo spazio.
Ricordo ancora Sei mesi, tre giorni, di Charlie Jane Anders, un’insolita e drammatica storia d’amore tra due persone che posseggono, seppure in maniera diversa, la capacità di vedere il proprio futuro: la loro vicenda non è altri che una triste riflessione sulla reale esistenza del libero arbitrio.
E infine Eliot scrisse,  ulteriore dimostrazione della grandezza di Nancy Kress, alle prese con il difficile rapporto generazionale tra figli e genitori e soprattutto con i riflessi e le implicazioni (spesso drammatiche) che comporta la genialità mentale nei confronti della vita “normale”.


Se volete informazioni sugli altri volumi della serie “Year’s Best SF” curati da David G. Hartwell potete consultare la scheda “Le Grandi Antologie della Fantascienza – Anno per Anno Pt. 2 (1964 – 2012)”