Il pianeta dell’eterna notte, di Tanith Lee

Un luogo nero, fuochi bianchi…

Quel nero, quei fuochi, posavano sulle ali trasparenti della grande cupola, sull’intera superficie del pianeta opposta al sole. Erano, in realtà, un’assenza di cielo, puro spazio nero, tempestato dalle fredde gocciole luminose delle stelle.

(trad. di Roberta Rambelli)

 

Esiste nell’immensità degli spazi siderali un pianeta che non ruota sul proprio asse: e così, mentre una faccia di quel mondo è perennemente illuminata dai raggi del sole, sull’altra faccia regna la notte eterna… una notte che non avrà mai fina, la notte assoluta di un mondo che non ha mai conosciuto la luce. Ma l’uomo è riuscito a colonizzare anche questa sfera aliena, e incredibilmente ostile alla vita che noi conosciamo… e dopo anni e anni, su questo mondo vive la più strana delle popolazioni, annidata nelle dimore scavate nella roccia viva del lato freddo del pianeta. Ma vivere in queste condizioni non è facile, e c’è bisogno di sognare: sognare per dimenticare l’incubo perenne della notte eterna, di una vita trascorsa senza aurore e senza tramonti. Ed è Vitra, una creatrice di favole, la persona più amata e venerata del pianeta… un mito vivente, una leggenda, perché solo Vitra, con le sue favole e le sue ballate, sa evocare il sogno più luminoso e la speranza più radiosa. Eppure… eppure le strane narrazioni di Vitra sono davvero favole? E qual è il suo rapporto con la misteriosa, sconosciuta civiltà che sembra esistere sull’altra faccia del pianeta, quella eternamente battuta dal sole? E perché le storie di Vitra sembrano destinate a condurre la sua stessa gente alla rovina e alla catastrofe? Qualcosa sta per accadere, sul pianeta dell’eterna notte… qualcosa che solo pochi riescono a indovinare, e nessuno conoscere con certezza.

(Ugo Malaguti)

 

Tanith Lee (1947-2015) è nota per la produzione fantasy ma, specialmente nei primi due decenni della sua intensa carriera, ha sperimentato anche altri generi, compresa la fantascienza propriamente detta. Lo dimostrano la pubblicazione di titoli come Don’t Bite the Sun (1976, it. Non mordere e sole) e Drinking Sapphire Wine (1977, it. Vino di zaffiro) – che assieme formano il dittico Four-Bee – oppure Electric Forest (1979, it. Foresta elettrica), The Silver Metal Lover (1981, it. Storia di un amore d’argento) e Days of Grass (1985, it. Prigionieri del crepuscolo). Questo breve articolo punta l’attenzione su Day by Night (1980), in Italia tradotto da Roberta Rambelli e pubblicato nel 1981 dalla Libra Editrice (collana Gli Slan, n. 61) come Il pianeta dell’eterna notte.

La fantascienza della scrittrice londinese condivide con i lavori fantasy molte tematiche. Da questo punto di vista Day by Night si può accostare a The Birthgrave (1975, it. Nata dal vulcano): ad esempio, in entrambe le storie è importante lo spaesamento e la confusione perdurante delle protagoniste. A parte questa similitudine, Day by Night è narrato con un linguaggio dal sapore fiabesco e utilizza convenzioni tipiche della letteratura fantasy, con affinità stilistiche con alcune opere di Jack Vance (1916-2013), in primis i racconti della Terra Morente. Nonostante ciò, il tema centrale è squisitamente fantascientifico, ovvero l’interazione tra scienza e natura.

Sebbene nel mondo creato dalla Lee il sole mai sorga o tramonti, l’alternanza tra giorno e notte è scandita dai capitoli nei quali la realtà soggettiva dei vari personaggi è quanto mai illusoria e sfuggente. Vitra, la protagonista del lato notturno che elabora storie utilizzate per obnubilare le menti dei lavoratori del sottosuolo, crede che il lato assolato del pianeta sia disabitato e sterile. In realtà gli eventi da lei raccontati accadono realmente tra le genti del lato perennemente assolato. Un legame tra i due emisferi quindi esiste, ma è tanto misterioso quanto, si scopre con la lettura, incredibile.

I fenomeni dell’inversione dei ruoli e della reciprocità sono gli elementi caratterizzanti delle varie trame, strettamente intrecciate tra loro; tali fenomeni sono altresì frequenti nell’intera produzione della scrittrice londinese.

L’originalità estrema di questo romanzo, tuttora godibile pur dopo decenni dalla prima uscita, fu l’elemento che colpì Ugo Malaguti, anima della Libra editrice, e lo spinse a vedere nella Lee l’araldo di una nuova Età dell’oro della fantascienza. In realtà l’autrice inglese, prematuramente scomparsa nel 2015, dopo Day by Night avrebbe abbandonato progressivamente questo genere a favore di altri, compresa la letteratura young adult. Questo spostamento nell’attività creativa si sarebbe accompagnato ad uno stile sempre più elaborato e barocco, con punte di sofisticato lirismo, caratteristiche comunque già riscontrabili in Day by Night.

Nella seconda parte della sua attività creativa Tanith Lee avrebbe continuato a regalare ai lettori splendide storie. Purtroppo la maggior parte di queste opere sono ancora inedite in Italia. A queste difficoltà si aggiunga che l’edizione italiana del 1981 di Day by Night è tuttora l’unica.

 

Tanith LEE, IL PIANETA DELL’ETERNA NOTTE (Day by Night, 1980), trad. di Roberta Rambelli, Libra Editrice, collana Gli Slan, 366 pp., 1981.