In fondo il buio, di George R. R. Martin

Edizione Gargoyle (2012), traduzione di Tarallo & Tintori

Un vagabondo, un viaggiatore senza meta, una scoria della creazione; questo era il pianeta. Per un’infinità di secoli aveva continuato nella sua corsa, solitario e senza scopo, precipitando tra i freddi e remoti spazi che si spalancano fra le stelle. Nei suoi cieli sterili, generazioni di astri si erano presentate l’una dopo l’altra in sciami maestosi. E tuttavia non apparteneva a nessuna. Costituiva un mondo completamente racchiuso in se stesso. In certo qual modo non faceva parte nemmeno della galassia, anche se ne intersecava il piano come un chiodo attraversa la tonda superficie di un tavolo. Non faceva parte di niente.

(trad. di Tarallo & Tintori)

 

George R. R. Martin non ha bisogno di presentazioni.

Dopo aver letto i volumi sinora pubblicati delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, appassionandomi come milioni di altri lettori, è con molta curiosità che mi sono avvicinato al romanzo In fondo il buio (Dying of the Light), scritto nel lontano 1977 e ristampato nel 2012 dalla romana Gargoyle, con una nuova traduzione. Il libro uscì a suo tempo per Armenia e successivamente per Fanucci con il titolo La luce morente.

Primo romanzo di questo autore nonché finalista al premio Hugo nel ’78 e del British Fantasy Award nel ’79, si tratta di una storia di fantascienza pura, scritta in modo tale che non pare affatto partorita più di trent’anni fa. Lo stile è moderno, il ritmo veloce e appassionante.

Gli amanti del Martin “successivo” non rimarranno delusi. Tutti i personaggi, anche quelli secondari, sono ben descritti, con forti personalità, complesse e ricche di sfaccettature.

Al centro del dramma, perché di un dramma in piena regola si tratta, vi è la più classica e tormentata delle storie d’amore: un triangolo composto da lui, lei e l’altro. Intorno a questi tre protagonisti orbita un complesso sistema di altre figure, anch’esse dominate da sentimenti di passione e orgoglio.

A fare da cornice alla vicenda è il pianeta morente di Worlorn. Sin dalle prime pagine si conosce il destino verso cui questo mondo sta correndo, un destino fatto di buio e gelo senza fine. Fatalmente, un’atmosfera triste, melanconica, struggente pervade ogni situazione, ogni riga del romanzo sino al drammatico e commovente epilogo.

Edizione Armenia (1979), traduzione a cura di Franco Giambalvo.

Martin già in questi primi anni della sua carriera di scrittore si distingue positivamente come fabbricante d’universi. Descrive accuratamente architetture, ecologie, persino gastronomie e, soprattutto, usi e costumi degli uomini di questo futuro remoto. Da questo punto di vista, magistrale è la creazione del codice d’onore dei bellicosi e inflessibili Kavalar, i cui gesti, anche minimi, sono dettati e regolamentati da una tradizione millenaria che cerca di contrastare, con ostinazione cieca e rancorosa, lo scorrere del tempo.

Proprio lo scontro di culture diverse e, almeno all’inizio, assolutamente incapaci di comprendersi scandisce il passo degli eventi.

Non si possono non condividere, empaticamente, le avventure e le emozioni del principale protagonista, Dirk t’Larien, un uomo che viene attratto su Worlorn dal miraggio di un amore perduto e mai dimenticato. Non appena scende dall’astronave, tassello dopo tassello, gli si intreccia attorno una rete di asfissiante angoscia: a questa atmosfera contribuiscono in eguale misura il fato ineluttabile del pianeta, le città in decadenza, le giungle invase dagli alberi “soffocatori” e le feroci cacce dei Kavalar a spese dei cosiddetti falsi-uomini, fra cui viene annoverato lo stesso Dirk.

E, dopo essere sopravvissuto a ripetuti pericoli e all’ennesima delusione da parte dell’amata Gwen, non si può non condividerne la scelta finale.

Un romanzo passionale, unico e, per chi avrà la fortuna di leggerlo, indimenticabile.

Nulla da eccepire sulla qualità dell’edizione della Gargoyle se non sulla copertina che, sebbene interessante, non è particolarmente attinente alla trama.

George R.R. MARTIN, IN FONDO IL BUIO (Dying of the Light, 1977), trad. di Tarallo & Tintori, Gargoyle, collana Gargoyle Extra, 376 pp., 2012.