Intervista a Robert Silverberg

Tutti noi conosciamo le opere e la portata di Robert Silverberg per la storia della letteratura di fantascienza, forse non molti conoscono l’uomo. In questa intervista, che mi ha rilasciato qualche mese fa, ho tentato di farlo parlare di sé più che della sua opera. Tentativo riuscito in parte, il grande Bob non ha voluto aprirsi completamente (motivo per cui ho tenuto l’intervista nel cassetto). Oggi, dopo attenta rilettura, credo che quel poco che sono riuscito a tirargli fuori valga la pena di essere letto. E a voi lo sottopongo. Buona lettura.

Chi (o cosa) ti ha iniziato alla FS? Ci puoi raccontare delle tue prime esperienze con questo genere letterario?

Il mio primo contatto è stato con Ventimila leghe sotto i mari di Verne, che i miei genitori mi regalarono quando avevo circa dieci anni. Subito dopo, però, scoprii anche La macchina del tempo di H.G. Wells alla biblioteca pubblica. Successivamente, cercai di trovare altre cose del genere, così, non molto tempo dopo, appresi dell’esistenza delle riviste di fantascienza, “Amazing Stories”, “Planet Stories”, “Astounding Science Fiction”. Da lì in poi fui insaziabile.

Quanto sono importanti i tuoi studi universitari per la tua ispirazione? Quanto, invece, contano le tue esperienze dirette e le sollecitazioni derivanti dal nostro presente?

All’università ho potuto leggere i classici della letteratura mondiale, in particolare le tragedie greche, e ho anche imparato i concetti basilari di una struttura narrativa da essi; gli stessi concetti che ho messo in pratica da allora. Ho viaggiato molto nel corso di tutta la mia vita, ho visto culture e paesaggi alieni in prima persona; tutto questo ha avuto un valore enorme per la mia carriera di scrittore di FS.

Pochi mesi fa (11 luglio) è stato l’anniversario della morte di John W. Campbell. Che ricordo conservi di lui?

È stato una figura titanica, il vero dominatore del campo dell’editoria di FS quando all’inizio ne divenni lettore e anche dopo, quando ne divenni uno scrittore. Avevo vent’anni quando gli vendetti una delle mie storie per la prima volta, ero così eccitato per essere riuscito a a vendere una storia a John Campbell che non riuscii a chiudere occhio per tutta la notte. Fu come aver ricevuto una benedizione direttamente da Zeus (NDR.: Giove).

Frederik Pohl e Isaac Asimov, due persone molto importanti per te. Cosa hai potuto imparare dal primo e cosa dal secondo?

Fred, come editor, mi spingeva continuamente a scrivere al meglio delle mie capacità. Non si sarebbe mai accontentato di una storia di qualità appena inferiore. Spesso era molto duro con me, perfino quando accettava una mia storia, eppure da lui ho imparato davvero molto. Isaac, così prolifico ed estremamente articolato nel suo lavoro, è stato invece un’ispirazione costante, un modello da seguire.

Nella tua lunga carriera c’è qualcosa che non sei riuscito a realizzare? Perché?

Credo di aver realizzato tutto ciò che mi sono imposto di fare — dapprima semplicemente riuscendo a pubblicare delle storie, in seguito riuscendo a creare qualcosa che potrebbe costituire un importante contributo all’attuale letteratura di fantascienza.

In Italia stiamo ora leggendo molte delle tue storie: Passeggeri, L’imperatore e la  ”Maula”, Manoscritto trovato in una macchina del tempo, La festa di San Dioniso, Tempo da leoni a Timbuctu. Cosa rappresentano queste storie per la tua carriera? Quale parte della tua ispirazione rappresentano? Insomma, cosa potrebbero trovarvi i lettori italiani?

Non saprei. Penso che queste storie, scritte in diversi periodi, rappresentino alcune delle mie migliori opere, ma sinceramente non saprei dare una risposta precisa alle tue domande.

Come è stato lavorare al film di Columbus, L’uomo bicentenario? Ti sei trovato meglio a scrivere per la serie televisiva Ai confini della realtà? Secondo te c’è una significativa differenza fra TV e cinema?

Non sono stato coinvolto direttamente nella realizzazione del film L’uomo bicentenario.  La sceneggiatura è stata tratta dal romanzo che ho scritto dalla novella di Isaac, tuttavia il mio unico contributo al film è stato visitare un paio di volte il set per assistere alla lavorazione. Inoltre, non ho mai scritto per Ai confini della realtà. Purtroppo l’unica delle mie storie utilizzate nella serie è stata sceneggiata da Steve Barnes.

Cosa puoi consigliare a chi volesse iniziare a scrivere FS? Esistono delle regole irrinunciabili per scrivere una buona storia di fantascienza?

La storia dovrebbe svolgersi su un livello umano — dovrebbe, cioè, trattare un problema che coinvolge profondamente i personaggi — il problema, inoltre, dovrebbe anche scaturire da un’idea speculativa. Idealmente entrambi i problemi, umano e speculativo, dovrebbero risolversi in un unico climax.

L’ultima volta che sei stato in Italia, cosa hai apprezzato di più? Cosa, invece, non ti è proprio piaciuto?

Ero in Liguria, mi è piaciuto davvero molto il cibo — non è stata una gran sorpresa, visto che adoro il cibo italiano. Fanno una salsa al pesto davvero meravigliosa in Liguria. Non mi è piaciuto trovare un bel po’ di pioggia durante il viaggio. Di solito non dovrebbe piovere sulla costiera mediterranea a maggio!

Cosa ci puoi dire dei tuoi progetti futuri?

Dal momento che non sono più in attività come scrittore, non posso parlarvi di nuove storie a cui sto lavorando. Principalmente, mi tengo occupato creando nuove edizioni delle mie opere, sia negli Stati Uniti che negli altri paesi. L’anno prossimo (NDR.: 2016) cercherò di mettere insieme una raccolta contenente molte delle mie prime storie, per gli attuali lettori sarà come leggerne di nuove.