Intervista ad Alastair Reynolds

Devo essere sincero, non mi era ancora capitato di intervistare uno scrittore britannico (Alastair è gallese di Barry, nei pressi di Cardiff). Non mi era ancora capitato nemmeno di intervistare uno scrittore che di lavoro avesse fatto l’astronomo e dunque chiaramente dotato di una solidissima ed evidente formazione scientifica, più che letteraria. Di conseguenza avevo qualche timore a rivolgere domande di tipo esclusivamente “letterario” ad una persona così, che ha alle spalle la tradizione letteraria FS più importante d’Europa (se non del mondo forse) e che proviene anche da un background di studi scientifici. Devo dire, invece, che il garbo e la disponibilità di Alastair hanno velocemente fugato ogni minimo timore iniziale. Evidentemente i grandi non si distinguono solo per i premi letterari e i riconoscimenti di pubblico che ottengono. Alla prossima, Al!

Lo so, non sono originale ma sono davvero molto curioso al riguardo. Sembri avere due anime distinte: lo scrittore e lo scienziato. Quale delle due è nata prima?

E’ piuttosto difficile da dire. Ho avuto un precoce interesse per lo spazio, che a sua volta ha modellato il mio desiderio di saperne di più su di esso. Ma questo interesse è stato anche alimentato da un’attrazione per la fantascienza e, di conseguenza, ho provato a scrivere qualcosa di mio.

Ci puoi raccontare il tuo primo approccio alla FS? Ne conservi un ricordo particolare?

No, è tutto troppo lontano nel tempo temo. Potrei raccontarvi dei primi film FS che ricordo di aver visto – come ad esempio la versione del 1960 de La macchina del tempo (L’uomo che visse nel futuro, di George Pal e con Rod Taylor) di H.G. Wells e, naturalmente, Star Trek e Doctor Who, ma questa sarebbe solo una risposta parziale. Mi sono avvicinato alla FS scritta  intorno all’età di otto anni, quando ho letto un racconto di Arthur C. Clarke, cosa che a sua volta mi ha portato a leggere sempre più storie di Clarke e Asimov e, alla fine, a tentare di scrivere un romanzo. Ma lungo la strada c’erano anche fumetti, cartoni animati e così via.

Da Mary Shelley ad Arthur C. Clarke, passando da Herbert George Wells e Conan Doyle, la tradizione FS britannica è forte e davvero importante per la letteratura europea. Ti senti parte di questa tradizione? C’è qualcosa di essa nelle tue opere? Cosa pensi al riguardo?

No. Non mi sento particolarmente parte di quella tradizione – o di alcun altra tradizione, in verità. La FS britannica, dal punto di vista gallese, rappresenta uno sviluppo letterario molto importante, con chiare pretese di voler essere qualcosa di più serio che mero intrattenimento – che ci porta attraverso Huxley, Orwell, Wyndham, Ballard e così via. Ma in generale sono arrivato a quegli autori solo tardivamente rispetto alla mia carriera, quindi non posso onestamente considerarli come influenze formative. Avrebbero forse dovuto esserlo, invece! D’altra parte, la tradizione della fantascienza americana, la grande narrazione dai pulp a Campbell, a Heinlein e oltre, in realtà, non mi dice comunque granché. Essenzialmente, ho letto Clarke e volevo essere come Clarke e questa è la mia tradizione personale. Le mie pietre di paragone sono una manciata di scrittori un po’ strani – Cordwainer Smith, Gene Wolfe, Kenneth Graham e pochi altri. Mi sento mentre ancora scrivo, o tento di scrivere, in una vena prevalentemente clarkiana, solo con alcuni toni weird e tutti gli strumenti e le sensibilità di uno scrittore del 21 ° secolo a mia disposizione.

Parliamo dell’idea di Rivelazione. Come sei riuscito a sviluppare questa incredibile idea di futuro? Sei stato ispirato da qualche modello letterario o è stata la conoscenza scientifica la tua unica strada?

Rivelazione ha richiesto molto tempo per essere scritto – oltre un decennio, dall’avvio alla pubblicazione – dunque ci sono state molte influenze a comporre il mix. Al tempo in cui lo iniziai, avevo letto un sacco di FS hard, del tipo che era popolare fra gli anni sessanta e settanta – Clarke, Niven, Benford e così via. Ma ho subito anche la pesante influenza del cyberpunk, e si potrebbe anche dire che il romanzo è un tentativo di scrivere space opera di tipo cyberpunk con ambientazione interstellare. Non era il primo libro di questo genere, ovviamente, né sarà l’ultimo. I miei modelli letterari variavano dai cyberpunk di cui sopra, a Samuel Delany e James Ellroy – di cui ho cercato di emulare il ritmo, i cambiamenti del punto di vista, e l’oscurità di L.A. Confidential. Per quanto riguarda la scienza, ho iniziato il libro durante i miei studi di dottorato e l’ho finito durante il mio periodo come astronomo a tempo pieno, quindi è pieno di astronomia e di quelle profonde riflessioni sulle intelligenze aliene e sul nostro posto nell’universo che erano facilmente disponibile a quel tempo.

Charles Stross, Ken Mac Leod, Lizzie Williams, China Miéville. Dall’inizio di questo secolo, il Regno Unito sembra produrre grandi autori FS come una vera e propria catena di montaggio. Secondo te c’è una ragione? Banale gioco delle probabilità o astute politiche editoriali? Cos’altro?

Tutti noi abbiamo storie diverse. Sono balzato alla più ampia attenzione con la pubblicazione di Rivelazione nel 2000, ma stavo pubblicando nei mercati FS già da dieci anni prima. Tutto ciò, a sua volta, è stato stimolato dall’esistenza di riviste come “Interzone”, che – nel Regno Unito, almeno – ha contribuito a inaugurare intere generazioni di nuovi scrittori, semplicemente perché c’era finalmente un mercato dove prima non ce n’era stato alcuno. Vale la pena ricordare che, con la scomparsa di “New Worlds”, non c’è più stato un mercato FS consistente nel Regno Unito fino alla nascita di “Interzone” – quasi un decennio perduto, una generazione perduta di scrittori. Molte delle scoperte di “Interzone” si son perse per strada, per un motivo o per l’altro, ma un numero sorprendente di noi sono ancora là fuori, sempre a sgobbare.

Quali sono le tue “regole auree”? C’è qualcosa da evitare assolutamente (o, al contrario, qualcosa assolutamente da non evitare) quando si scrive?

No – assolutamente nessuna regola. Le regole sono cose terribili, meglio evitarle. Se mai mi sentissi in un certo senso limitato da ciò che è consentito o non consentito, allora farei del mio meglio per uscire da quella trappola.

Nella caratterizzazione degli Inibitori ho notato delle somiglianze con gli dèi di H. P. Lovecraft. Sbaglio del tutto?

No – c’è senz’altro qualcosa, ma avevo avuto solo una conoscenza superficiale di H. P. L. quando ho scritto Rivelazione. Con il tempo, avendo finito alcune delle altre storie, però, ho certamente letto di più delle sue opere, quindi l’influenza oggi è innegabile.

Di solito nelle tue trame, nonostante l’aumento tecnologicamente indotto delle loro capacità, gli umani sembrano molto più passionali che nel nostro presente. Come mai?

Non lo so – forse sono troppo vicino alla scrittura? Semplicemente scrivo della gente così come la vedo, ovviamente mettendoli in gioco selvaggiamente alterati, in circostanze pericolose, a volte con il destino dell’intero universo in gioco!

Altro elemento ricorrente nelle tue storie è l’uso della nanotecnologia per adattare il corpo umano agli habitat extraterrestri. Secondo te potrebbe la tecnologia essere parte della Natura stessa?

Beh, quando si arriva alla biologia molecolare, tutto appare come tecnologia. La cellula è una fabbrica, un complesso assemblaggio di macchine e processi. Non è stato “progettato”, ma ricorda ancora la tecnologia. Quando guardo un’immagine a scansione elettronica di una creatura come un “orso d’acqua” – un tardigrado – penso anche che sembra una sorta di nanotecnologia robot – e perché no?

Ci puoi dire qualcosa sui tuoi prossimi progetti? Ti vedremo presto in Italia?

Attualmente sto finendo il terzo e ultimo romanzo della mia saga Poseidon’s Children, che è l’unica trilogia che fin dall’inizio ho consapevolmente deciso di scrivere e terminare. E’ stata un’esperienza interessante – un po’ più ardua del previsto, ma non priva dei suoi frutti. Dopo di che, ho altri sette romanzi da scrivere sul mio contratto attuale e ci sono anche un paio di progetti collaterali in cantiere, incluso un romanzo da scrivere in collaborazione. Infine, certamente, mi piacerebbe visitare di nuovo l’Italia.