La Città del Cratere, di Alastair Reynolds

La vista di quelle navi lontane, con tutte le loro luci, era di una bellezza struggente: faceva meditare sul progresso dell’umanità e al tempo stesso sullo spazio infinito, al cui confronto le stesse imprese umane sembravano così fragili. Che quelle luci appartenessero a una caravella che affrontava le onde in un mare in tempesta o a un’astronave con lo scafo in diamante che stava per lanciarsi nello spazio interstellare, non faceva differenza.
(trad. di Lia Tomasich)

 

Quarta di copertina.

Sul pianeta Yellowstone sorge la Città del Cratere, un tempo gioiello della civiltà come oggi New York. Immensa, irta di edifici tecnologici che toccano le nuvole e di grattacieli di ogni forma, è ormai caduta in rovina a causa di un virus nanotecnologico che ne ha corroso macchinari e metalli. Ma tra i monconi dei grattacieli e i detriti che occhieggiano ai lati delle piazze, rimane la metropoli per eccellenza e il luogo dove si svolge la caccia spietata fra l’agente Tanner Mirabel e il suo arcinemico, l’uomo che ha ucciso il suo capo e promette di commettere una scia di terribili violenze. Un grande libro ambientato nell’universo della Rivelazione, ma del tutto autonomo rispetto alla continuity di Rivelazione, Redemption Ark e Absolution Gap.

 

La scorsa estate Urania Jumbo ha fatto una bella sorpresa agli appassionati italiani di fantascienza con la pubblicazione di La Città del Cratere (Chasm City, 2001), romanzo da noi tanto atteso di Alastair Reynolds.

Secondo libro scritto dall’autore gallese a svolgersi nell’universo futuro presentato in Revelation Space (2000), il romanzo ha il pregio, non indifferente di questi tempi, di una storia autoconclusiva che, con uno stile semplice e scorrevole, cala il lettore in una realtà capace di suscitare il sense of wonder della grande letteratura fantascientifica.

Mondi ed ecologie aliene, habitat artificiali, astronavi generazionali, una misteriosa “peste destrutturante” capace di far impazzire le nanotecnologie che l’umanità ha sviluppato nel corso di secoli, architetture imponenti e bizzarre, esseri umani che hanno incluso nelle proprie anatomie parti cibernetiche: questi sono solo alcuni degli elementi, già visti altrove ma che Reynolds ha inserito in una trama articolata, con interessanti richiami al genere noir. Si è di fronte quindi a uno scenario affascinante, simile a quello conosciuto in The Prefect (2007, pubblicato in Italia dalla Fanucci nel 2013) e di cui La Città del Cratere costituisce una specie di seguito (sebbene sia stato scritto prima e le trame siano indipendenti). Ma Reynolds, fedele al proprio stile, pone i concetti scientifici al servizio della trama, e non viceversa, a differenza di tanta hard science fiction contemporanea. Al limite, se un difetto si vuole trovare, dispiace che alcuni elementi siano stati poco sviluppati, nonostante il volume sfiori le 700 pagine, come quello del primo contatto con una civiltà aliena.

La forza de La Città del Cratere, che non ha la pretesa di essere un capolavoro né una pietra miliare del genere, sta proprio nella storia, nell’intreccio di trame apparentemente autonome ma che finiscono per confluire, nell’assemblaggio magistrale di vari topoi della fantascienza contemporanea (e chi scrive ha sentito forte l’influenza del compianto Iain Banks): il risultato finale garantisce il divertimento, soprattutto agli appassionati di Space Opera e della fantascienza avventurosa ma non banale. I ripetuti colpi di scena, che scandiscono soprattutto la parte finale del romanzo, spiazzano il lettore e testimoniano le grandi qualità di questo autore classe 1966, tra gli esponenti di spicco del movimento fantascientifico britannico.

 

Alastair REYNOLDS, LA CITTA’ DEL CRATERE (Chasm City, 2001), trad. di Lia Tomasich, Mondadori, collana Urania Jumbo, 665 pp., 2017, prezzo 9,90 € (ebook 5,99 €)