La faccia che deve morire, di Ramsey Campbell

Studiò il nemico. Alcune persone sedevano da sole a bere con aria cupa. Non è che erano in contatto fra loro, magari comunicando tramite dei segni? Avevano un’aria abbastanza furtiva. Ogni volta che sorprendeva uno di essi a guardare verso di lui, questi si affrettava a distogliere lo sguardo. Erano omosessuali o poliziotti? Aveva il sospetto che non ci fosse molta differenza.

(trad. di Annarita Guarnieri)

 

Quarta di copertina:

Il suo nome è Horridge, qualcosa che suona vagamente come porridge ma con una dose di orrido. E in effetti, molte cose sono orribili nella vita di Horridge, a cominciare da una memoria così selettiva che gli permette di dimenticare quello che fa (ma non dovebbe fare) e la gente che odia a vista, e che improvvisamente scompare. Horridge dimentica persino chi uccide, anzi attribuisce la colpa ad altri in perfetta buona fede. E tutto questo a causa di un faccia terribile, di un’ossessione che non lo lascia in pace un momento, nella Liverpool affogata nel sangue di vittime innocenti. Uno dei romanzi più agghiaccianti di Ramsey Campbell, una “confessione” spietata di abusi e ossessioni scrupolosamente documentate.

 

Ottimo romanzo, questo LA FACCIA CHE DEVE MORIRE (The Face That Must Die, 1979), nonché gradita sorpresa per gli appassionati dello scrittore Ramsey Campbell (classe 1946), maestro britannico del genere horror: infatti questo titolo, il quinto nella sua carriera, ancora mancava all’appello, qui in Italia.

Meno soddisfatti, forse, rimarranno quelli che speravano in contenuti soprannaturali e/o splatter. Il romanzo di Campbell è un bell’esempio di thrillerpsicologico, dove il punto di vista dal quale viene raccontata la storia è quello dello squilibrato Horridge.

Il disadattato e intollerante abitante di Liverpool è l’unico, vero protagonista, e tutti gli altri personaggi, compresa la coraggiosa Cathy, non sono altro che comprimari, sparring partners utili per la discesa del lettore nella mente criminale e ossessionata di Horridge. Con abilità, l’autore inglese descrive il grado crescente di paranoia del protagonista, condendo il tutto con un pizzico (scarso) di horror sanguinolento. Nessuna concessione al mondo del fantastico.

Dalla prefazione autobiografica, dal titolo eloquente “Visita guidata in fondo alla mia mente” (At the Back of My Mind: A Guided Tour, 1983), si capisce come Ramsey Campbell si sia ispirato per il suo personaggio a una persona a lui molto vicina; una situazione reminiscente, per molti versi, di quella dello scrittore statunitense Jim Thompson (1906-1977) che per il personaggio del folle sceriffo Lou Ford, protagonista del romanzo “L’assassino che è in me” (The Killer Inside Me, 1952), fu fortemente influenzato dalla figura paterna.

Da notare, come a volte succede con le pubblicazioni italiane di case editrici grandi e piccole, le grossolane inesattezze nella quarta di copertina: Horridge NON dimentica gli omicidi compiuti; li giustifica, ma mai li rimuove dalla propria memoria. Precedono il romanzo anche la consueta, approfondita introduzione curata da Giuseppe Lippi e il racconto breve, sempre di Campbell, “Io sono la cosa, ed essa è in me” (I Am It and It Is I, 1983).

Ramsey CAMPBELL, LA FACCIA CHE DEVE MORIRE (The Face That Must Die, 1979), trad. di Annarita Guarnieri, Mondadori, collana Urania Horror n. 9, 244 pp., 2015, prezzo 6,50 €.