La leggenda del cacciatore di aquile, di Jin Yong

Io farò da shifu al piccolo Yang, mentre voi vi occuperete del figlio di Guo. Tra diciotto anni, ci ritroveremo alla taverna degli Immortali ubriachi di Jiaxing, e inviteremo a banchetto i più grandi cavalieri erranti. Dopo avere mangiato e bevuto a sazietà, faremo combattere i due ragazzi, e vedremo se a prevalere sarà il mio discepolo o il vostro.

(trad. di Alessandra Pezza)

 

CINA, 1200 D.C. La capitale dell’impero Song, insieme a metà del suo territorio, è stata occupata dalle genti barbare confinanti, gli Jurchen, provenienti dal Nord. I contadini sono oppressi dalle pesanti tasse imposte dagli invasori. Intanto, nelle steppe, le tribù dei mongoli stanno per essere unificate da un potente guerriero il cui nome risuonerà glorioso nei secoli: Gengis Khan.

Guo Jing, figlio di un patriota Song assassinato, è stato allevato sotto la protezione di Gengis Khan. Onesto, leale, forse un po’ troppo ingenuo, il suo destino è scritto fin dalla nascita: un giorno dovrà vendicare suo padre. Ma prima lo aspetta un combattimento con un avversario che è il suo esatto opposto, cresciuto nella bambagia, astuto, perfettamente addestrato nelle arti marziali.

Sotto la guida dei suoi fedeli shifu, i Sette Balordi del Sud, Guo Jing fa ritorno in Cina, diretto alla taverna degli Immortali ubriachi di Jiaxing, dove avrà luogo la sfida per cui si è allenato tanto a lungo. In una terra devastata dalla guerra e dal tradimento, però, niente è come sembra e il suo coraggio e le sue virtù saranno messi a dura prova.

 

Finalmente inizia a essere disponibile in italiano La leggenda del cacciatore di aquile, la saga per eccellenza del genere “cappa e spada” cinese (wuxia) della quale questo volume è solo la prima parte. L’autore, il popolare Jin Yong (1924-2018), ha dedicato la propria carriera a tale genere che, nella tradizione cinese, vanta illustri antenati, come Il Romanzo dei Tre Regni e I Briganti, celebri opere del XIV secolo ancora oggi lette e amate in tutto l’Oriente.

Pubblicato a puntate sul giornale Hong Kong Commercial Daily tra il gennaio ’57 e il maggio ’59, questo romanzo rappresenta una vera e propria immersione in quello che si può considerare come un tipico fantasy-storico cinese. Un fantasy sicuramente affascinante e ricco di suggestioni ma con un’avvertenza: la lettura può essere impegnativa, in primis per i continui riferimenti non solo alla medicina e alla farmacopea tradizionale di quella lontana nazione ma anche alla storia più antica del Celeste impero, le cui vicende rivestono in Oriente il ruolo che in Occidente è proprio dell’epica greca e latina, ovvero di tramandare la memoria, i valori e l’identità di una intera civiltà. Come nei sopracitati classici del passato, anche in questo libro i protagonisti, eroi nel bene e nel male, rispondono a un codice d’onore rigidissimo che, fatalmente, innesca faide e vendette interminabili; un modo di agire ben noto al lettore cinese medio. Purtroppo l’intervento dei curatori non è stato all’altezza del compito, sicuramente difficile, di introdurre il lettore italiano a un universo simbolico in gran parte estraneo, a tratti sfuggente. Probabilmente la scelta è stata dettata da una semplice questione di costi del prodotto finale, ma un insieme di note, a fianco del testo, avrebbe reso la lettura forse meno scorrevole ma sicuramente più stimolante e, soprattutto, più comprensibile.

Ciò non vuol dire che La leggenda del cacciatore di aquile non sia un’opera godibile e divertente, tutt’altro: i colpi di scena e i combattimenti corpo a corpo (accompagnati dai roboanti nomi delle tecniche marziali) si susseguono a ogni pagina – caratteristica legata anche alla quotidianità della pubblicazione originaria – e gli scenari spaziano dalle risaie del Fiume Azzurro e dai palazzi imperiali sino alle gelide steppe della Mongolia esterna. Com’è tipico del wuxia, incredibili sono sia il numero dei personaggi sia l’intreccio di avventure, episodi, momenti di riflessione e digressioni di vario genere, con una quantità di sottotrame che si aprono in continuazione. L’onomastica cinese è uno scoglio che un lettore non avvezzo potrebbe trovarsi ad affrontare; per fortuna l’elenco dei personaggi all’inizio del volume corre in aiuto.

Al centro della narrazione vi è il “cavaliere errante”, figura ben conosciuta e apprezzata in tutto il mondo orientale (non solo cinese). Allievo di un maestro (shifu) che ne ha curato anche l’educazione morale, il cavaliere errante è innanzitutto un difensore dei deboli contro i soprusi e l’avidità dei potenti; è altresì l’araldo di uno specifico stile di combattimento, chiamato spesso, in qualità di campione, a difendere l’onore della propria scuola. Agli occhi di un lettore cinese non vi è nulla di straordinario o di fantastico nel vedere un simile guerriero (spesso praticante taoista) che balza dalla cima di un albero all’altra, o assume intrugli misteriosi per aumentare le proprie facoltà o allungare a dismisura la propria vita; discorso diverso invece per un lettore occidentale che spesso rimane stupito dalle mirabolanti prestazioni guerresche.

Jin Yong accosta abilmente personaggi storici del XIII secolo, come Gengis Khan (Temüjin) e i suoi figli, ad altri di fantasia, attingendo a piene mani dalla ricca tradizione popolare, dal suo insieme di storie e leggende che per secoli hanno costituito il repertorio dei cantastorie che girovagavano da una fiera paesana all’altra e intrattenevano la popolazione, di tutti i ceti, durante le feste religiose. Questo corpus enorme di storie, in gran parte sconosciuto al lettore occidentale, è poi filtrato nella letteratura wuxia antica e moderna, lasciando vistose tracce nello stile, nelle tematiche e nei valori, a volte eterodossi e rivoluzionari, degli scrittori di ieri e di oggi, Jin Yong compreso: il risultato finale è una trama coinvolgente tra lo storico, il fantastico e il picaresco, paragonabile sotto molti punti di vista a quella di Robin Hood, ma soprattutto incredibilmente complessa dal punto di vista della struttura, com’è tipico di buona parte della narrativa cinese.

 

JIN Yong, LA LEGGENDA DEL CACCIATORE DI AQUILE – VOL. I (1959), traduzione dal cinese di Alessandra Pezza, Mondadori, collana Oscar Fantastica, 475 pp., 2021, prezzo di copertina 18,00 € (ebook 9,99€).