La luce del sole, di Octavia Butler

Octavia Butler è la più nota scrittrice afroamericana di fantascienza. Nata nel 1947, ci ha lasciato per un improvviso infarto il 24 febbraio del 2006 a meno di sessanta anni. La Butler era, per sua definizione,“confortevolmente asociale, una eremita nel centro di Los Angeles, pessimista, femminista, uno strano miscuglio di pigrizia e ambizione, di perplessità e sicurezza”.Le sue opere sono incentrate sui conflitti razziali e tra i sessi, sulle difficoltà delle minoranze, sui rapporti (in genere difficili) tra alieni e terrestri. La Butler ottenne numerosi riconoscimenti, tra cui il premio Hugo nel 1984 con il racconto Speech Sounds e  nel 1985 con Bloodchild (che vinse anche il Nebula). Tra le sue opere più importanti vanno citati, oltre al ciclo dei telepati di Patternmaster e alla trilogia della Xenogenesi, i due capolavori del vicino futuro, le due distopie, e cioè La parabola del seminatore (Solaria) e La parabola dei talenti, con cui vinse nel 2000  un altro premio Nebula. Questo Fledging è il suo ultimo romanzo, un’opera inquietante sul vampirismo come razza aliena e parallela all’umanità.

Così recita la quarta di copertina
“Shori è una ragazzina colpita da una forma di amnesia selettiva, condotta dalle sue stesse abilità a una scoperta sensazionale: sopravvissuta alla strage della propria comunità, è in realtà una vampira di cinquantatré anni geneticamente modificata per essere immune alla luce del sole, la figlia perduta di un’antica razza di creature semi-immortali, gli Ina, che vivono in misteriosa simbiosi con il genere umano. Dopo il risveglio traumatico in una caverna, dimentica del proprio passato e protetta dalla pelle scura, dovrà lottare per difendersi da chi vuole annientarla definitivamente. L’ultimo capolavoro di Octavia Butler contribuisce alla creazione di un nuovo modello di storie sovrannaturali, che si discosta dal classico romance gotico per approdare a una più attuale declinazione di fantascienza sociale.”

Fin dalle prime pagine si capisce subito che questo libro non sarà una facile lettura, nè la solita avventura romantica con umani e vampiri: d’altronde la Butler ci  ha abituati a letture non semplici e a un impegno mentale quasi sempre ricambiato da una notevole gratificazione narrativa. La storia di Shori, la giovane (ma solo di aspetto) vampira protagonista dell’opera parte subito violentemente: miracolosamente scampata a un destino terribile, piena di orribili e mostruose ferite, Shori si risveglia in uno stato semicomatoso piena di una rabbia e di una fame irrefrenabile che la spinge ad azzannare e cibarsi in maniera truculenta del primo essere che le si avvicina (e non è un semplice animaletto di passaggio). In questo suo ultimo libro (che forse doveva essere solo il primo di una serie, dato che numerose questione rimangono aperte alla fine del romanzo) la Butler applica, a un argomento antico ma sempre affascinante come quello del vampirismo, le sue consuete argomentazioni sociali di rapporti umani e razziali, le sue consuete e intelligenti riflessioni su pregiudizi razziali e sulle relazioni (anche sessuali) tra i vari protagonisti, e in particolare su quelle che nascono tra Shori e i suoi amici/amanti/simbionti umani.
La prima parte del romanzo esplora appunto il risveglio di Shori e il suo graduale reinserimento nel mondo che la circonda, un mondo a lei sconosciuto (data la totale amnesia di cui è preda), e che le riserva numerosi pericoli, sia da parte degli umani ostili, sia da parte di altre fazioni di vampiri, o forse dovrei dire di Ina, che è il nome della razza parallela all’uomo, sviluppatasi forse sulla Terra o forse proveniente dallo spazio, dotata di poteri incredibili e quasi immortale, e che appunto si ciba soprattutto di sangue umano. Ma il vampirismo di Shori e degli Ina, come impariamo subito, è di un tipo molto particolare e implica un rapporto molto intimo e carnale (in senso sessuale) con le sue “vittime”. Questo particolare mix di erotismo e di piacere tra Shori e i suoi umani dà al libro un tono molto particolare, a volte seducente e a volte shoccante.
La vicenda però, a differenza di altri romanzi dell’autrice, prende quasi subito il ritmo di un thriller, in cui gli avvenimenti e gli attentati alla vita della protagonista si susseguono a velocità incalzante; sarebbe un dispregio agli amici lettori raccontare dunque i continui colpi di scena, e soprattutto l’intensa seconda parte del romanzo, dove ha luogo un magnifico incontro/scontro tra le varie fazioni degli Ina con una conclusione degna di una saga alla Dan Brown, con tanto di processo e avvocati (non umani…).
L’interesse principale dell’opera, tuttavia, rimane nello studio pseudo scientifico proposto dalla Butler sulla razza aliena (?) degli Ina, sui loro costumi, sulle loro particolarità fisiche, sulla loro cultura e sugli stessi miti che hanno creato. Ricordo, en passant, un altro romanzo che provò a dare una luce scientifica al tema del vampirismo, assai diverso da questo ma altrettanto valido, Il battello del delirio di George Martin.
L’opera, come ho già detto, lascia aperti troppi spiragli per non far pensare che la Butler ne volesse scrivere un seguito. Ciò nonostante, la bravura dell’autrice e le sue interessanti analisi delle relazioni tra i vari protagonisti riesce a compensare queste lacune della trama e a dare al lettore la gratificazione che si ottiene solo alla fine di un buon romanzo, intenso nelle sue estrapolazioni umane, sociali, e morali, e avvincente nella sua narrazione avventurosa.