La luna che uccide, di Nora K. Jemisin

I barbari del Nord insegnarono ai propri figli che dovevano temere la Luna Sognante, e dissero loro che conduceva alla follia. Questa era una blasfemia perdonabile. Alcune notti, la strana luce della luna si riversava su tutta Gujaareh, formando vortici oleosi di ametista e acquamarina. Faceva sembrare solidi e belli i tuguri dei poveri; i percorsi pavimentati di semplice argilla brillavano come fossero argentati. Nascosto dalle strane ombre del chiaro di luna, un uomo poteva accovacciarsi sul davanzale adombrato di un edificio e sembrare una leggera scheggiatura del grigio marmo. In questa terra, un uomo simile era un sacerdote intento a compiere il più sacro dei suoi doveri…

(trad. di Laura Scipioni)

 

Dalla presentazione della Fanucci:

Nella antica città di Gujaareh, la pace è l’unica legge. Sui suoi tetti e tra le ombre delle sue strade acciottolate vegliano i Raccoglitori, sacerdoti della Dea dei sogni. Hanno il compito di raccogliere la magia dalla mente dei sognatori perché venga usata per guarire le sofferenze del corpo e dell’anima. E possono uccidere chiunque giudichino corrotto. Ma una cospirazione è stata ordita proprio nel grande tempio di Gujaareh, ed Ehiru – il più famoso Raccoglitore della città – dovrà mettere in discussione tutte le sue certezze se vuole custodire la pace che gli è stata affidata. Qualcuno, o qualcosa, uccide i dormienti in nome della Dea, e bracca le sue prede sia nei vicoli di Gujaareh che nel regno dei sogni. Ehiru ora deve proteggere la donna che era stato mandato a uccidere o vedrà la sua città divorata dalla guerra.

Un fantasy dall’ambientazione originale e affascinante, in cui i rapporti tra magia e potere, fede e corruzione, disegnano un mondo in cui ogni scelta mette in pericolo il destino di molti, nell’oscurità dei sogni.

 

Nel panorama italiano delle pubblicazioni fantasy brilla una nuova stella, quella di Nora K. Jemisin, scrittrice nata nello Iowa ma newyorkese d’adozione. Conosciuta oggi al grande pubblico grazie alla serie The Broken Earth (in corso di pubblicazione da parte della Mondadori), la Jemisin ha debuttato in Italia con il romanzo I Centomila Regni (The Hundred Thousand Kingdoms, 2010), uscito nel 2014 ad opera della compianta Gargoyle, seguito pochi mesi dopo da La luna che uccide (The Killing Moon, 2012), per il quale dobbiamo ringraziare la Fanucci (per nostra fortuna viva e vegeta).

Con questo libro la Jemisin, in cui si percepisce l’influenza stilistica di autrici come Marion Zimmer Bradley, Ursula K. Le Guin e specialmente, a parere di chi scrive, Tanith Lee, cala il lettore in un variopinto universo, ispirato apertamente all’Egitto faraonico: deserti sabbiosi sotto cieli sconfinati; un lungo fiume (il “Sangue della Dea”) che con le sue piene scandisce le stagioni; nomi e costumi che ricordano da vicino quelli degli antichi egizi. Tra le differenze con il nostro mondo ci sono due lune in cielo, la Vegliante e la Sognante, e soprattutto la magia, che riveste un ruolo importante nella vita quotidiana delle persone. Nella prospera e pacifica città di Gujaareh, l’ordine dei Raccoglitori nottetempo visita le persone addormentate, raccogliendone l’essenza onirica. La quale viene poi utilizzata per guarire i malati, allietare gli ultimi momenti dei moribondi e anche, in casi estremi, punire i corrotti e i criminali.

Romanzo non privo di spunti originali (con richiami alla psicologia, che la Jemisin ha studiato a livello universitario), La luna che uccide riprende il tema del vampirismo. L’autrice non presenta però i classici succhiatori di sangue bensì, in questo caso, di forza onirica. I protagonisti, in una lotta che ha in palio la pace nel mondo intero, si ritrovano a combattere il Mietitore, micidiale creatura un tempo umana, che si nutre suggendo l’energia psichica delle sue vittime, non solo quelle dormienti, uccidendole.

La narrazione segue tre punti di vista primari, tutti scritti in terza persona: quelli del Raccoglitore Ehiru, del suo apprendista Nijiri, e dell’ambasciatrice e spia Sinandi, ciascuno con una voce propria e distinta. Ehiru, nonostante si possa considerare la figura centrale della storia, passa in secondo piano nel corso del libro, soprattutto dal momento in cui si ritrova a mettere in discussione le convinzioni di una vita. In netto contrasto, la temeraria Sinandi e il giovane Nijiri traboccano di vita e di esuberanza, e sono privi di quei dubbi che tormentano il più anziano Ehiru.

Tutti i personaggi, non solo i principali, sono ben integrati nel mondo in cui si muovono, e il lettore non nota discrepanze o contraddizioni. La trama scorre fluida, semplice ma coerente, condizionata dalla religione lunare di Gujaareh, con le sue leggi e i suoi dogmi. La Jemisin si rivela paziente e abile nel worldbuilding, con una straordinaria attenzione al dettaglio, e tesse relazioni sottili, emotivamente complesse, tra i suoi protagonisti. Il testo include anche un glossario, molto utile, ma, disgraziatamente per gli appassionati del genere fantasy, nessuna mappa.

La luna che uccide, opera che si è guadagnata la nomination sia per il Nebula Award sia per il World Fantasy Award del 2013, è in sintesi un racconto di magia, religione e guerra, e, al tempo stesso, una storia su tutte le lezioni e le scelte che la vita comporta. Una lettura quindi affascinante, ricercata e appagante, soprattutto per chi ama nel fantasy le atmosfere esotiche, dal ritmo non incalzante, sebbene l’azione non manchi, ma assolutamente coinvolgente.

Il romanzo ha inoltre il pregio di essere autonomo e autoconclusivo sebbene da poco sia a disposizione nelle librerie Il sole oscurato (The Shadowed Sun, 2012), un secondo romanzo ambientato nello stesso universo letterario, noto come Dreamblood.

 

Nora K. JEMISIN, LA LUNA CHE UCCIDE (The Killing Moon, 2012), trad. di Laura Scipioni, Fanucci Editore, Collezione Fantasy, 416 pp., 2014, prezzo 12,00 € (ebook 4,99 €).