La madonna delle rocce, di Clelia Farris

Uomini e donne di una civiltà evoluta e raffinata fanno naufragio su un pianeta disabitato, ma ricco di animali e vegetazione. Devono riabituarsi alla caccia e all’agricoltura. Riscoprono con sgomento i ritmi naturali della vita, come la nascita, ma anche la competizione per la sopravvivenza, che si fa estrema.

Si tratta di un romanzo breve che cattura immediatamente, già dall’incipit – molto bello e struggente – e mantiene le promesse, con una trama non scontata che tiene inchiodati fino alla fine.

Clelia Farris dà voce all’istinto di sopravvivenza dei naufraghi senza cadere nelle facili trappole di banalizzazione dei personaggi; non vi sono stereotipi e questo rende la lettura molto piacevole. Il racconto segue un punto di vista femminile, quello della protagonista, che si evolve e matura, acquisendo una saggezza istintuale e creatrice. In questo senso si sente la “mano” di una scrittrice donna dietro l’opera, perché difficilmente uno scrittore di sesso maschile, anche bravo, riescirebbe a raffigurare la forza psichica tutta femminile della generatività, intesa non solo nel dare la vita ma nel favorire le condizioni che portano alla vita.

La narrazione scorre con un buon ritmo ma sul finale si nota una conclusione quasi precipitosa, che, pur portando a una conclusione non banale, rende un po’ meno agevole al lettore l’immersione nella storia come nel resto del racconto.

A parte questo “La madonna delle rocce” di Clelia Farris è senza dubbio un’opera notevole, che porta un punto di vista nuovo e fa ben sperare per la fantascienza italiana.