La rinascita di Shen Tai, di Guy Gavriel Kay

Oggi propongo una bella recensione di uno dei migliori libri di fantasy apparsi in Italia negli ultimi tempi. Per molti anni ho consigliato a Fanucci i romanzi di Guy Gavriel Kay, autore canadese dallo stile limpido e letterario (forse il maggior scrittore della fantasy moderna). Fanucci ha scelto infine l’ultimo romanzo scritto da Kay (in realtà ormai è uscito anche il seguito di questo Under Heaven, River of Stars), una magnifica e avvincente saga ambientata nella Cina del passato. Stefano Sacchini, appassionato di fantasy ma soprattutto esperto di letteratura orientale, ce lo racconta con dovizia di dotti particolari. Ottima la traduzione di Stefano Cresti e bella anche l’edizione rilegata.

SP

 

“Gli spiriti vagavano per quelle terre in ogni stagione. Uscivano nelle notti illuminate dalla pallida luna e nel buio, appena il sole nascondeva il suo volto.

Tai aveva imparato a riconoscere le loro voci. Le voci rabbiose degli spiriti in collera, i lamenti degli spiriti perduti, e quelle in cui un pianto sommesso e straziante non dava spazio ad altro che al dolore.”

 

Dalla seconda di copertina:

“Shen Tai è il figlio del generale che ha condotto le forze dell’impero di Kitai nell’ultimo scontro contro i Tagur, vent’anni prima. Quarantamila uomini, su entrambi i fronti, hanno perso la vita in quella battaglia, sulle remote rive di un lago nascosto tra le montagne occidentali. Il Generale Shen Gao è ormai deceduto. Per onorare la memoria del padre, Tai decide di trascorrere i due anni di lutto ufficiale ritirandosi in eremitaggio sul sito della battaglia, tra gli spiriti dei defunti, sforzandosi di dare una degna sepoltura ai loro resti sparpagliati. Una mattina di primavera, però, apprende che la sua veglia non è passata inosservata: la Principessa di Giada Bianca dei Tagur gli offre in dono duecentocinquanta cavalli sardiani, come ricompensa per il suo coraggio e il suo impegno nell’onorare la memoria dei defunti. Dona a un uomo uno dei rinomati cavalli sardiani e lo ricompenserai grandemente. Concedigliene quattro o cinque, e lo eleverai al di sopra dei suoi simili, attirandogli gelosie finanche mortali. Duecentocinquanta cavalli sono un tesoro che va oltre ogni immaginazione, un dono in grado di sopraffare perfino un imperatore.”

Per scrivere LA RINASCITA DI SHEN TAI, romanzo del 2010, Guy Gavriel Kay (canadese, classe 1954) ha attinto a piene mani alla storia plurimillenaria della Cina, scegliendo i miti più fortunati e le leggende più amate. Come dimostra la ricca bibliografia riportata in fondo al romanzo, il lavoro di preparazione è stato estremamente accurato.

A questa base storica, Kay ha poi aggiunto alcuni elementi fantastici.

L’autore immagina una Cina alternativa, modellata su quella della dinastia Tang (617-907). In questo mondo al posto dei cinesi abbiamo i Kitai, invece dei tibetani (tangut) i Taguran, mentre il ruolo dei nomadi turchi è rivestito dai Bogü. A parte i cambiamenti di nome, i fatti, che fanno da sfondo alle avventure di Shen Tai e della sorella Li Mei, sono realmente accaduti. Soprattutto la vicenda dal finale drammatico, che riguarda l’anziano imperatore e la giovane concubina, è una delle storie d’amore più popolari in Cina, paragonabile a quella di Romeo e Giulietta in Occidente. Anche l’elemento centrale della trama, relativo ai possenti cavalli sardiani tanto desiderati nell’impero celeste, è ispirato a fatti storici del II secolo a.C.

Kay, sul proprio sito web (http://www.brightweavings.com), dice che “If I base a book on a slightly altered past the reader who knows what happened in that time and place does not know with any certainty what will happen in my story“. Però, ne LA RINASCITA DI SHEN TAI, l’autore non si discosta dalla realtà del passato, si può dire anzi che la segua fedelmente. Nella seconda parte del romanzo, le vicende personali dei protagonisti passano in secondo piano a favore degli accadimenti che sconvolgono la pace dell’impero. A questo proposito la figura del generale ribelle An Li Roshan è ricalcata sul personaggio storico di An Lushan, il comandante d’origine straniera che nel 763 tentò di rovesciare la dinastia Tang.

Per ammissione dello stesso Kay, anche il personaggio indimenticabile del poeta e guerriero Sima Zian, amico di Shen Tai, altro non è che la versione letteraria di Li Bai, uno dei più grandi maestri cinesi della lirica, sempre di epoca Tang.

Di fatto, questo scenario alternativo permette a Kay di inserire diversi elementi originali, come i guerrieri Kanlin (ispirati ai ninja giapponesi) e di non curarsi di dettagli che, in un romanzo storico incentrato sul quel periodo, stonerebbero alquanto, come ad esempio i riferimenti ai campi coltivati a patate dolci (arrivate in Cina solo dopo la scoperta dell’America) e l’utilizzo del termine “mandarino” (parole d’origine portoghese riferibile ai funzionari imperiali solo dal XVI secolo).

Detto questo sulle fonti di Kay, non si può dire che LA RINASCITA DI SHEN TAI non sia un buon romanzo, tutt’altro: curato sotto tutti gli aspetti, godibile sino in fondo e soprattutto avvincente e ricco di mistero, specie nelle pagine dedicate alle peripezie dell’eroina Li Mei. Ugualmente di qualità l’edizione della Fanucci, con una traduzione che rende alla perfezione lo stile scorrevole di Kay.

Guy Gavriel KAY, LA RINASCITA DI SHEN TAI(Under Heaven, 2010), trad. di Stefano Cresti, Fanucci Editore, collana Collezione Immaginario Fantasy, 611 pp., 2012, fantasy-storico.