La scatola a forma di cuore, di Joe Hill

Joe Hill, La scatola a forma di cuore, traduzione di M. Curtoni e M. Parolini, Sperling & Kupfer, 2007, 367 pp., ISBN 9788820043544

“Il protagonista, mito invecchiato del rock death-metal, è un collezionista del macabro: un ricettario per cannibali, un cappio da boia di seconda mano, un film snuff. Ma niente può competere con quell’oggetto in vendita su Internet: “Vendesi il fantasma del mio patrigno al miglior offerente…” dice l’annuncio. E l’uomo ha già la carta di credito in mano. Per mille dollari diventa l’unico proprietario di un abito che appartiene a un uomo morto. Il protagonista non ha paura. È da una vita che gestisce una serie di fantasmi: quello di un padre molestatore, delle amanti abbandonate senza cuore, degli amici traditi. Ma quello che gli porta il corriere in una scatola a forma di cuore non è un fantasma come tutti gli altri. L’ex proprietario dell’abito è “morto e vegeto” ed è ovunque: dietro la porta della camera da letto, seduto nella Mustang, in piedi davanti alla finestra, dentro lo schermo gigante del suo televisore, nel corridoio con un rasoio affilato appeso a una catena nella sua mano scheletrica. E sempre in attesa.”

Che essere figlio d’arte agevoli la carriera, ciò è fuor di dubbio. Sto parlando di Joe Hill, erede nientepopodimenoché di Stephen King. Voi direte, vabbè sarà un raccomandato che andrà avanti per nepotismo così spinto che neanche nel medioevo. E invece No.
Quando ho avuto per le mani “La Scatola a Forma di Cuore”, mi sono detto: ma che è? Poi però ho voluto dargli una possibilità e devo confessare di essere stato piacevolmente sorpreso.
Il libro è un horror a tema spiritico che si fa leggere molto piacevolmente. E’ ovvio, gli insegnamenti di papà Stephen sono evidenti, ma se non fosse stato per loro, molto probabilmente quest’opera non sarebbe stata un horror come pochi in circolazione.
A Joe Hill le idee non mancano, né tantomeno le influenze e le atmosfere. La scelta di ambientare il tutto in un circuito Rock & Metal l’ho trovata oltre che interessante, molto ben riuscita, senza scadere mai nella forzatura e nell’ostentazione.
I personaggi sono interessanti, controversi e con ferite vivide che emergono pian piano a galla fino a ritrovare il loro equilibrio, seppur non convenzionale.
E’ certo, per quanto Joe Hill (all’anagrafe Joseph Hillstrom King) abbia scelto l’uso di uno pseudonimo alla Nicolas Cage (al secolo Nicolas Coppola, nipote del regista), è indubbio che per forza di cose sia stato agevolato nell’essere introdotto nel circuito editoriale, cosa non da poco, ma ciò non toglie che il suo romanzo sia dotato di qualità intrinseche e originalità intraprendente che, se fosse stato un perfetto sconosciuto, non avremmo mai avuto il piacere di leggere.
E poi, se è il figlio del Re non possiamo fargliene una colpa.

Buona lettura da Marc Welder

http://marcwelder.it/