La terra sull’abisso, di George R. Stewart

Ish è un brillante universitario che trascorre qualche giorno di vacanza isolato in mezzo alla natura. Privo di contatti con la caotica umanità si prende un attimo di respiro prima di ritornare alle fatiche quotidiane e allo sforzo di ritagliarsi una posizione sociale. A causa del morso di un serpente è costretto a letto e, isolato da qualunque conforto umano, si trova a temere per la propria vita. Una volta ripresosi dalla malattia decide di uscire dal suo esilio temporaneo e tornare a casa, ma sarà costretto a fare i conti con una realtà sconvolgente: una misteriosa malattia ha sterminato la gran parte della razza umana, lasciando pochi sopravvissuti a spartirsi le ceneri della civiltà.

Così comincia La Terra sull’Abisso (Earth Abside, 1949) di Geroge R. Stewart. Il titolo originale è un richiamo a un passo dell’Ecclesiaste citato in apertura al primo capitolo: Men go and come, but earth abides (Gli uomini vanno e vengono, ma la terra rimane).

Da questa breve introduzione i lettori avranno già capito che parliamo di un romanzo post-apocalittico e magari qualcuno, vista la data di pubblicazione, avrà pensato alla più classica delle guerre nucleari. Invece di guerra in questo romanzo non esiste la pur minima traccia, al contrario si tratta di un’opera che rifiuta molti cliché tipici della fantascienza (l’autore era in effetti uno storico ) per narrare una storia decisamente originale e, a mio modesto parere, invecchiata benissimo.

Il romanzo è suddiviso in tre parti, ognuna delle quali racconta attraverso gli occhi di Ish l’evoluzione di un piccolo gruppo di sopravvissuti e delle loro famiglie. Le tre parti del romanzo sono separate fra loro da un intervallo di vent’anni in cui vedremo Ish passare dalla giovinezza all’età matura per finire con i suoi ultimi giorni, gli ultimi giorni dell’ultimo americano. Così infatti si riferisce a se stesso Ish: gli ultimi americani sono quei pochi sopravvissuti il cui compito sarebbe quello di tenere viva la fiammella di civiltà nel mondo abbandonato. Tutta la storia è pervasa da questo desiderio, ma a differenza di altri romanzi l’autore ci mostrerà la vita perfettamente ordinaria di una umanità perfettamente adattatasi alla nuova realtà. Ish troverà infatti altri uomini e donne con cui unirsi in una “tribù”, insieme formeranno una comunità profondamente diversa da quelle a cui ci hanno abituato tanti romanzi dello stesso genere. In Eart Abside non ci sono pericoli esterni, nessuna tribù nemica vuole impadronirsi della terra di Ish, nessun capo nomade vuole rendere schiave le sue figlie, semplicemente i nostri faranno una vita normale in un mondo che lentamente vede scomparire le comodità dell’America civile: per prima se ne andrà l’elettricità, poi sarà il turno dell’acqua corrente, ma ogni volta la tribù troverà il modo di adattarsi e proseguire indolente nella sua vita tranquilla. Ish si preoccupa, si ingegna, cerca di stimolare gli altri e fondare una scuola per i bambini, affinché possano apprendere le vecchie scienze americane e riuscire a riportare la civiltà fra gli uomini. Ma tutto questo non sembra importare ai giovani che non hanno mai conosciuto le meraviglie dell’America precedente al disastro e neppure gli anziani sembrano interessati ai progetti di Ish. Egli osserva, prepara i suoi progetti, ma alla fine si lascia vincere dall’inerzia e dall’indolenza del mondo che lo circonda in cui ciascuno fa il minimo indispensabile senza preoccuparsi del futuro.

Stewart, storico e saggista, scrive di fatto una sorta di documentario romanzato. Ish pur tentando di dare una direzione alla vita sua e degli altri è un osservatore, non una forza che agisce nella storia. Il suo amore per i libri, per la scienza, il suo desiderio di conservare intatta la biblioteca possono ben poco contro l’indifferenza generale di chi si abitua allo status quo e non fa nessuno sforzo per migliorare o per prepararsi al normale decadimento e alla perdita di quelle conoscenze che non vengono esercitate o conservate. In questo romanzo non troverete avventura, non ci sono guerre, non ci sono scontri epici. È solo la storia, normale, di un gruppo di gente normale. Con lo scorrere delle pagine si fa fatica a delineare gli eventi più importanti, eppure è ben difficile staccare gli occhi la libro e interrompere la lettura. Stewart delinea benissimo la personalità di Ish, cala il lettore nella sua mente e scrive un romanzo straordinariamente credibile, narrato magistralmente, che non può non rappresentare una pietra miliare della letteratura post-apocalittica.

È difficile comprendere il motivo per il quale questo romanzo sia stato dimenticato. Rimane, dopo aver terminato il libro, una certa malinconia di fondo, una sensazione di inutilità della storia, dell’impegno, dell’ambizione. In un certo senso potremmo considerare questo romanzo una sorta di riflessione sull’utilità, ai fini della felicità dell’uomo, della ricerca spasmodica del successo, del progresso. Gli uomini e le donne di Earth Abside sono felici tanto quanto lo erano i vecchi americani, non c’è progresso che possa in fondo cambiare la condizione umana. Per altri versi questo è un romanzo che si presta a diverse interpretazioni e, probabilmente, una singola lettura è insufficiente a coglierne completamente tutte le sfumature.

Non resta quindi che riscoprire questo classico dimenticato, un capolavoro della letteratura che merita indubbiamente di essere salvato dalle polveri della storia.