La trilogia del Bas-Lag, di China Miéville

Il paesaggio al di sotto della superficie è costituito da montagne, canyon e foreste, dune mobili, caverne di ghiaccio e cimiteri. L’acqua è densa di materia. Isole impossibili galleggiano nelle profondità, intrappolate da maree incantate. Alcune hanno le dimensioni di una bara, piccole schegge di silicio e granito che si rifiutano di affondare. Altre sono fatte di rocce contorte lunghe mezzo miglio, a trecento metri di profondità, e si spostano lente seguendo arcane correnti. Ci sono comunità e regni nascosti su quelle terre inaffondabili.

Conflitti eroici e brutali scoppiano sul fondo dell’oceano, inosservati dagli abitanti della terraferma. Ci sono dèi e catastrofi.

(da La città delle navi, trad. di Elisa Villa)

 

Prima edizione di Perdido Street Station (Macmillan UK, 2000); copertina firmata Les Edwards

China Miéville (classe 1972) è una figura controversa nel panorama della letteratura fantastica inglese.

Sebbene tenuto in grande considerazione da tanti lettori e critici, regolarmente è accusato di arroganza intellettuale, verbosità, persino di eccessiva carica immaginifica. Non sono state d’aiuto alla sua popolarità la collocazione politica, nella sinistra estrema, e le critiche da lui mosse agli inizi degli anni duemila all’influenza di Tolkien sul genere fantasy (posizione parzialmente rivista).

I sostenitori ribattono che Miéville ha creato alcuni dei mondi più affascinanti così come le creature più bizzarre del genere fantastico, adottando uno stile di scrittura elegante e ricercato, ricco di neologismi e vocaboli intriganti. E che dà filo da torcere al traduttore.

Il ciclo del Bas-Lag, che ha tenuto impegnato l’autore dal 2000 al 2004, è una trilogia nel senso che ci sono tre romanzi ambientati nello stesso universo. Al di fuori di questo, pochi sono gli elementi in comune. Il nome della trilogia deriva da quello del mondo in cui si svolgono le storie, una realtà dove la magia, o “taumaturgia”, convive con una tecnologia ottocentesca dal sapore steampunk.

Un problema frequente nel genere fantasy è la scarsa credibilità dei mondi creati. Al di fuori delle guerre e delle crisi dinastiche spesso è difficile figurarsi la vita quotidiana della gente comune. Uno scrittore come George R. R. Martin ci è riuscito meglio di altri, con le sue Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, ma a scapito dell’elemento propriamente fantastico, marginalizzato rispetto ad altre saghe.

Miéville, nonostante presenti esseri quanto mai stravaganti come uomini-cactus, rospi capaci di modellare l’acqua, congegni intelligenti a vapore, ragni trans-dimensionali e umani sottoposti a orrende mutazioni, crea una realtà assolutamente verosimile, tratteggiando la vita dei ceti sociali economicamente svantaggiati e denunciando situazioni di sopruso e pregiudizio. Per il lettore non è difficile immaginare la vita di ogni giorno, con le sue mille difficoltà, degli scaricatori portuali di New Crobuzon o dei marinai della città fluttuante di Armada.

Sebbene non sia il primo romanzo di Miéville – onore che spetta a Un Regno in ombra (King Rat, 1998) – Perdido Street Station è quello che ha spinto l’autore nell’Olimpo del genere fantastico.

Ambientato nella tentacolare città-stato di New Crobuzon, nel continente di Rohagi, Perdido Street Station (Perdido Street Station, 2000) racconta la storia di Isaac Dan der Grimnebulin, uno scienziato di colore che, dopo essere stato espulso dal mondo accademico, prosegue le sue ricerche taumaturgiche in un magazzino abbandonato. Yagharek, un membro della razza alata nota come Garuda, va a trovarlo con una richiesta: restituirgli le ali che gli sono state amputate per un crimine che non vuole svelare. Isaac, nel corso dei suoi esperimenti volti a restituire a Yagharek la capacità di volare, accidentalmente scatena sulla città le terrificanti creature conosciute come le “falene estinguitrici” (slake moth) esseri originari di un altro piano esistenziale che si cibano dei pensieri delle creature senzienti, riducendole a gusci vuoti, privi d’intelletto. Lo scienziato, assieme a un gruppo eterogeneo di protagonisti, passerà gran parte del romanzo cercando di porre fine all’incubo in cui è sprofondata New Crobuzon.

Il romanzo è pieno di sottotrame, tutte coinvolgenti e collegate fra loro. Particolarmente interessante è la storia dell’amante di Isaac, l’artista Lin, una femmina di razza Khepri dal corpo umano e la testa di scarafaggio, che ha il compito di creare una scultura del mostruoso criminale Mr. Motley.

Il romanzo è lungo, i detrattori sostengono troppo, e la trama procede con ritmo altalenante, a volte lento, a volte improvvisamente accelerato. Grazie all’accuratezza delle descrizioni, la metropoli di New Crobuzon emerge in tutta la sua potenza evocativa.

Miéville sfoggia una grande padronanza linguistica e dimostra una capacità innata nel creare quadri e scene dalle atmosfere indimenticabili. L’autore è altresì abile a evitare cliché nel delineare i protagonisti. Isaac, uno scienziato sovrappeso e sbadato, è circondato da personaggi ben più adatti di lui a rivestire i panni dell’eroe. Tra questi Derkhan, donna benestante e bisessuale che lavora segretamente per Il Rinnegato Rampante, giornale clandestino che critica aspramente il sindaco e il partito al potere del Grande Sole. Con Isaac siamo di fronte quindi a un protagonista credibile, con i difetti e le debolezze tipiche di ogni essere umano.

Il finale non è proprio lieto come si potrebbe sperare, neppure addolcito da elementi consolatori o di speranza per il futuro.

Prima edizione di The Scar (Macmillan UK, 2002); copertina firmata Les Edwards

Non meno intenso e riuscito è La città delle navi (The Scar, 2002).

Per questo secondo romanzo del Bas-Lag, Miéville avrebbe potuto seguire un percorso facile. La cornice, vivida e affascinante, di New Crobuzon era già pronta: un terreno fertile per innumerevoli altre storie. Ma, come succede con questo scrittore, sempre imprevedibile, Miéville evita di prendere il sentiero già tracciato e ambienta il nuovo libro al di fuori di New Crobuzon. La città continua a gettare la sua lunga ombra, con alcuni personaggi originari della metropoli e la sua flotta da guerra, al centro di una delle migliori scene d’azione dell’intera produzione di Miéville.

Protagonista de La città delle navi è Bellis Coldwine, una linguista ex fidanzata di Isaac Dan der Grimnebulin, costretta a fuggire da New Crobuzon a causa degli eventi successi nel precedente romanzo.

Durante la traversata oceanica che dovrebbe portarla a Nova Esperium, colonia d’oltremare di New Crobuzon, la nave su cui sta viaggiando, la Tersicoria, viene attaccata da una flottiglia di pirati. Bellis e l’equipaggio superstite vengono poi portati su Armada, una città galleggiante, composta da centinaia di scafi collegati tra loro.

Bellis è sconvolta dalla situazione, ma parecchi attorno a lei la pensano diversamente. A bordo della Tersicoria erano imbarcati molti detenuti, destinati a lavorare come schiavi nella colonia. Una punizione comune a New Crobuzon è quella di essere “rifatti”, di avere cioè il corpo alterato, con parti sia biologiche sia meccaniche, per facilitare i lavori forzati ma anche come riferimento, crudelmente ironico, al crimine commesso. Una sorta di legge del contrappasso dantesca. Ad Armada i rifatti tornano a essere cittadini liberi e rispettati.

Pur essendo gli Armadiani governati da un insieme eterogeneo di leader e fazioni, su tutti svettano gli Amanti, una coppia dal corpo ricoperto da cicatrici, frutto delle loro ossessioni sessuali. Gli Amanti cercano di evocare un Avanc, una gigantesca creatura marina, per imbrigliarla e farle trainare Armada. La città fluttuante non solo acquisterebbe una maggiore velocità, in modo da sfuggire alle flotte di New Crobuzon, ma sarebbe anche in grado di raggiungere la misteriosa Cicatrice, luogo dove la realtà si altera e le leggi della natura mutano, partorita dalla scienza taumaturgica dell’antico impero dei Testafantasma.

Mentre Perdido Street Station è un romanzo in cui l’intera vicenda ha luogo entro i confini metropolitani, con atmosfere soffocanti e angosciose a volte reminiscenti di quelle di Gormenghast, capolavoro di Mervyn Peake, La città delle navi ci racconta un’avventura itinerante attraverso gli oceani, ricca di scenari esotici e situazioni picaresche.

La vastità e le meraviglie del Bas-Lag non vanno però a detrimento della trama. La città delle navi è un romanzo pieno di colpi di scena e incidenti, senza quelle pause o cali di tensione per cui Perdido Street Station è stato criticato. Anche nel caso de La città delle navi i detrattori di Miéville hanno parlato di eccessiva prolissità, ma solo grazie ad essa l’autore è in grado di introdurci in un universo complesso come quello del Bas-Lag, con i suoi continenti, le sue razze e le sue strane, meravigliose isole. Tra queste, indimenticabile per il lettore, c’è Gnurr Kett dove risiedono gli ultimi Anofeli. Le femmine di questa specie, succhiatrici di sangue, avevano in passato instaurato il Regno Malarico delle Regine, uno spietato regime matriarcale che aveva schiavizzato gran parte delle terre conosciute.

Come nel primo episodio della serie, varie sezioni sono dedicate al punto di vista di creature non-umane, se non anche di altri universi. I cambiamenti di stile, che caratterizzano tali parti, mettono in luce quanto alieni siano i processi mentali di questi individui: fra questi spiccano i Grindylow, pericolosi e ambiziosi uomini-pesce.

Anche la protagonista principale, Bellis Coldwine, non è la tipica eroina guerriera del genere fantasy. Fredda, distaccata, intellettuale, Bellis è circondata da figure altrettanto interessanti, tra cui il rifatto Tanner Sack, che grazie alla mutazione a cui è stato sottoposto scopre una vita nuova e sorprendentemente felice, la spia crobuzoniana Silas Fenec, il potente vampiro Brucolac, e Uther Doul, inquietante personalità al soldo degli Amanti che al termine della storia arriva a ispirare simpatia.

La città delle navi è, a detta di molti appassionati, il romanzo della trilogia con il maggior spessore qualitativo, in quanto sposa l’indubbio talento di Miéville nella costruzione dei mondi e nella descrizione dei personaggi con una storia avvincente.

Prima edizione di Iron Council (Del Rey/Ballantine, 2004); copertina firmata David Stevenson e Carl D. Galian

Il treno degli Dei (Iron Council, 2004) riporta l’azione a New Crobuzon nonché nei territori limitrofi, tra i quali spicca l’eccentrica e sorprendente “macchia cacotopica” (Cacotopic Stain). Venti anni sono trascorsi dai fatti descritti in precedenza.

Tre sono le trame seguite nel romanzo, di cui solo una si svolge a New Crobuzon.

La già opprimente milizia cittadina ha instaurato uno di stato di polizia, apertamente totalitario. Il governo è impegnato in una guerra con la remota metropoli di Tesh e, nonostante la censura e la propaganda ufficiale, la verità sugli orrori del conflitto comincia a filtrare in città, demoralizzando la popolazione. Ori è un giovane rivoluzionario collaboratore della pubblicazione illegale Il Rinnegato Rampante. Entrato nella banda di un gangster noto come Toro, partecipa al piano per assassinare il sindaco di New Crobuzon. A sua insaputa, un insospettabile lo sta manovrando per causare la rovina definitiva della potente città-stato.

Il secondo filo narrativo racconta di un altro giovane, Cutter, che per seguire il suo amante, un uomo di nome Judah, attraversa mezzo continente, trovando alla fine il Concilio di Ferro, un treno in perpetuo movimento, i cui binari vengono costruiti man mano che il convoglio avanza. Gli operai hanno dirottato la ferrovia dall’originario progetto governativo di espansione nel continente di Rohagi, dopo che i datori di lavoro non avevano soddisfatto le loro richieste. Il Concilio di Ferro si è trasformato in un paradiso socialista, senza alcuna valuta e significative lotte intestine, che riesce a sfuggire alle forze della milizia, ossessionate dalla riconquista del treno ribelle. Sul Concilio di Ferro i rifatti schiavizzati, le prostitute e gli operai, umani e no, hanno dato vita a una leadership comunitaria e godono tutti degli stessi diritti. Una sfida inaccettabile per il regime totalitario di New Crobuzon, che non esista a sguinzagliarli dietro eserciti di taumaturghi e creatori di golem.

A queste due trame si devono aggiungere i corposi flashback, vissuti attraverso gli occhi di Judah e dedicati alla genesi della repubblica itinerante.

Si sono levate numerose critiche sulla visione politica e sociale di Miéville, in questo romanzo considerata troppo presente per non dire invadente. In particolare, a detta di molti, lo scrittore avrebbe sacrificato una storia ottima per promuovere il proprio programma politico, di stampo socialista. Indubbiamente questo libro riserva grande attenzione a temi quali la lotta di classe, l’omosessualità, il pacifismo.

Forse il problema principale del romanzo, più che la coloritura politica, è la struttura della trama. L’inserimento dei flashback a metà del racconto interrompe il flusso narrativo principale e rende impegnativo seguire le vicende degli innumerevoli protagonisti.

Anche la creazione dello scenario non è allo stesso livello dei primi due romanzi: in alcuni passaggi Miéville mostra una superficialità inconsueta. Se la vita a New Crobuzon o ad Armada è facilmente immaginabile, la stessa operazione non è altrettanto facile con la comune itinerante del Concilio di Ferro.

Ciononostante Il treno degli Dei rimane un buon libro, a tratti geniale e addirittura commovente. Come nello splendido finale, per chi scrive la parte più riuscita dell’intero romanzo: l’apparente sconfitta costituisce l’innesco per l’imminente rivoluzione e il Concilio di Ferro si trasforma in un simbolo cristallizzato nel tempo e imperituro della riscossa sociale, un inno alla libertà individuale, inattaccabile da qualsiasi tentativo di distruzione da parte delle frustrate autorità cittadine.

Miéville gioca con idee davvero interessanti, e la sua passione per gli ideali rivoluzionari traspare in tutto il romanzo, nei pensieri e nelle parole dei protagonisti. Sebbene Perdido Street Station e La città delle navi siano di un livello sensibilmente superiore, Il treno degli Dei non potrà non ammaliare coloro che hanno letto i precedenti romanzi e si sono innamorati del Bas-Lag e della sua straordinaria eterogeneità.

A proposito di ricchezza culturale, in questo universo la diversità razziale non è una pluralità che porta verso uno sviluppo armonioso e pacifico. C’è sì molta più interazione materiale nella vita quotidiana tra Khepri, Cactacee, Garuda ed esseri umani, rifatti e normali, che non tra elfi, nani e hobbit de Il Signore degli Anelli di Tolkien. Però, a differenza della Terra-di-Mezzo, sono scarse le possibilità che le molteplici razze del Bas-Lag possano entrare in una grande coalizione contro il Male, rappresentato in Miéville dal regime oligarchico e plutocratico di New Crobuzon. Gli interessi di parte, i rancori personali, le invidie, i sospetti interetnici, la corruzione impediscono tale tipo di collaborazione, agendo a favore del potere costituito.

Più volte Miéville ha elencato gli scrittori che maggiormente lo hanno influenzato nel corso degli anni e che hanno dato il loro contributo alla creazione del Bas-Lag: in primis Michael de Larrabeiti, con la sua trilogia dedicata ai folletti urbani Borribles, rivisitazione del mito di Peter Pan, il già citato Mervyn Peake, Michael Moorcock, H. P. Lovecraft ma anche Tanith Lee, Thomas Disch, Ursula Le Guin, Gene Wolfe, senza dimenticare il folklore inglese, nordeuropeo e mediorientale, quest’ultimo conosciuto durante il suo soggiorno in Egitto all’età di diciotto anni. Per uscire dal campo del fantastico, vanno citati Charles Dickens e tutta la saggistica d’ispirazione marxista: Miéville è stato membro del Socialist Workers Party, col quale ha provato la carriera politica alle elezioni del 2001, senza però essere eletto nel parlamento inglese. Non solo fantasy quindi ma anche romanzo sociale, letteratura per ragazzi, horror, fantascienza steampunk si fondono, grazie all’intelligenza e all’abilità di Miéville, per creare uno dei capolavori del new-weird moderno. Ad arricchire questo calderone non bisogna dimenticare infine i giochi di ruolo, ai quali il bravo China ha lungamente giocato e che hanno fornito sia ispirazioni sia metodologie nel lavoro di stesura.

Questa saga ha il pregio, non indifferente, di poter essere letta e apprezzata anche da parte di chi non ha mai frequentato il genere fantastico. Anzi è proprio dal lettore generico, libero da preconcetti e pregiudizi, che spesso arrivano le valutazioni più positive.

I tre romanzi del Bas-Lag, vincitori di premi come l’Arthur C. Clarke Award, il British Fantasy Award e il Locus Award, sono stati tradotti e pubblicati in Italia dalla Fanucci (l’ultima edizione completa della trilogia è del settembre 2017, in versione paperback), mentre il racconto “Jack”, del 2005, che ne condivide l’ambientazione, è ancora inedito nel nostro paese.

 

Chi volesse approfondire la figura di China Miéville, la sua opera e il suo pensiero può visitare il sito http://chinamieville.net/ nonché consultare i numerosi articoli, molti dei quali reperibili in rete, a lui dedicati. Da segnalare anche i seguenti volumi:

Caroline EDWARDS – Tony VENEZIA (a cura di), China Miéville: Critical Essays, 2015.

Carl FREEDMAN, Art and Idea in the Novels of China Miéville, 2015.