Livido, di Francesco Verso

L’amico Marc Welder (altro interessante autore romano, che ha già al suo attivo l’avvincente cybernoir Pandemona) ci porta nel mondo cupo e post-umano di Livido, l’acclamato romanzo di Francesco Verso vincitore quest’anno del premio Odissea. Tra junk e pattume, in un’ideale continuità con  il kipple di Dick, Livido è certamente un’opera che colpisce e non lascia indifferenti, e le riflessioni di Marc mi sembrano assai appropriate.

SP

 

“Peter Pains è un “trashformer”, un ragazzo di strada che vive cercando oggetti di valore nel kipple, il mare dei rifiuti che sommerge ormai intere porzioni di territorio. È disabile a causa di un incidente, ma questo non gli impedisce di avere un sogno: Alba, una bellissima ragazza che lavora nel suo quartiere e che lui si accontenta di sognare da lontano. Ma Alba non è come lui: è nexumana, una persona la cui mente è stata caricata su un supporto informatico e il cui corpo è interamente artificiale. La vita di Peter Pains cambia un drammatico giorno quando la gang di teppisti guidata da suo fratello, che odia i nexumani, rapisce Alba e la fa barbaramente a pezzi. Da quel momento Peter Pains avrà due soli obiettivi: recuperare tutti i pezzi per ricostruire la sua amata Alba. E la vendetta.”

Questo è il risvolto di copertina di “Livido”, un’ossessiva storia d’amore, incentrata sul recupero delle parti che componevano il corpo della povera Alba, della quale il protagonista Peter Pains era ed è innamorato, nella speranza di riuscire un giorno a farla rivivere; un romanzo avventuroso, di formazione, che fa del mondo di pattume estremamente dettagliato lo scenario per le trame più classiche e intense: la vendetta e la forza dell’amore che sfida la morte.
La struttura si dipana nell’arco di diversi anni ed in tre fasi: adolescenza, giovinezza, maturità; ma è nella prima che l’autore rende in modo attento e complesso il quadro psicologico del protagonista narrandone i traumi, gli attriti, le emozioni e i desideri, piantando solide basi per un finale che, nonostante la prevedibilità, è reso interessante dalla maestria della costruzione del percorso, che rimane dinamico e incalzante, e che ci conduce verso la risoluzione con una rara piacevolezza stilistica. Nonostante questo, l’amore platonico di Peter, motore di tutta l’opera, appare ben caratterizzato attraverso le riflessioni intime ed estremamente umane, ma può risultare debole rispetto quello di Alba, facendo apparire la corrisposizione nel finale priva di un giustificato fondamento. In secondo luogo, un aspetto che potrebbe interdire alcuni lettori, rendendogli difficile empatizzare con il protagonista, è il tentativo di sacralizzare la pratica del “MindUploading”, come fonte di salvezza (laica) del mondo materiale. L’intera opera, infatti, anche attraverso forzate e improprie citazioni dalla Bibbia, dà come l’impressione di essere stata scritta in funzione della propaganda transumanista, cercando strutture e argomenti per giustificarne le tematiche e la ricerca della vita eterna non attraverso l’elevazione della coscienza, ma per mezzo delle macchine. Anche se le idee non sono propriamente nuove, l’opera è comunque dotata di una intrinseca freschezza, di uno scintillio, grazie all’intreccio della struttura, all’intensità dei personaggi e alla tensione narrativa estremante efficace. Il lessico ricercato e la prosa asciutta, oltre ad arricchire e descrivere minuziosamente il mondo di “palta”(1), riescono a dare prova di quale professionista della scrittura Francesco Verso sia diventato nel suo personale percorso; autore che, ricordiamolo, nel 2004 è stato finalista del premio Urania con Antidoti umani, nel 2009 l’ha vinto con e-Doll e con il presente Livido si è aggiudicato anche il premio Odissea. Il libro, inoltre, è un buon lavoro non solo dal punto di vista narrativo, ma anche editoriale, grazie l’attenzione della Delos al paratesto che, nonostante il prezzo contenuto, salta all’occhio per la qualità delle stampe (testo e coperta), la scelta della carta, il tipo d’impaginazione, l’uso della fascicolatura, l’attenzione ai particolari e la scelta della copertina (2), che calza perfettamente con il tema trans-nexumano, evitando le gaffe e le pratiche di marketing fuorvianti tanto care al mercato editoriale. Infine, da non sottovalutare è l’omonimia tra il tema della palta e la casa editrice “Kipple” che tanto bene sta facendo nell’editoria di fantascienza, augurandoci che questo richiamo e il romanzo stesso diano ulteriore eco all’Officina Libraria della quale Verso (non a caso) è co-direttore.

(1) L’originale “Kipple” è tradotto in italiano come “palta” ed è un termine coniato da Philip K. Dick per il racconto “Do Androids Dream of Electric Sheep”
(2) Opera del rumeno Gabi Moisa – http://www.behance.net/gabimoisa