Matrix Resurrections – Recensione senza spoiler

Scrivere una recensione senza spoiler di Matrix Resurrections non è facile, perché molto ci sarebbe di cui discutere…

Matrix ResurrectionsConfesso di essere partito molto diffidente nei confronti di questo quarto capitolo diretto dalla sola Lana, quasi terrorizzato a causa dei recenti traumi causati da evidenti forzature su film che non avrebbero mai dovuto avere reboot o ulteriori seguiti.

In questa riconfigurazione del franchising, però, molto è cambiato: personaggi, tecnologie, fazioni, ruoli. Ci sono idee buone e meno buone, idee ottime e idee pessime, ma il tutto riesce a evitare cliché o déjà vu, dando vita a un film molto più godibile di quanto mi potessi aspettare, forse anche a causa della nostalgia.

Il pacchetto nel suo insieme ovviamente è ben confezionato (la fotografia, la regia, il montaggio, l’equilibrio tra azione, spiegoni e love story, ecc), ma il film non è esente da pecche, come la paura di osare di più o di averlo fatto in modo maldestro, con una sceneggiatura che nella seconda parte si arricchisce di fin troppi elementi nella prospettiva dell’ultimo atto e del lancio dei prossimi sequel. Per una questione anche solo di tempo (e il film è già lungo) Lana si perde non solo nello sviluppo degli eventi e delle loro dinamiche, ma soprattutto nell’approfondimento dei personaggi, che risultano un po’ troppo “leggeri” nella loro caratterizzazione se non addirittura “omissibili”, e non faccio nomi per evitare spoiler.

Anche stavolta, il tutto si gioca sulla realtà, la percezione della realtà e il raggiungimento di una nuova (o ritrovata) consapevolezza, per liberarsi dall’intrappolamento in un mondo in cui ci si sente fuori posto diventato prigione per la mente e per lo spirito. Temi metafisici, gnostici, platonici, spirituali che sicuramente avranno avuto grande peso nel successo del primo film, ma che, dopo essere stati sdoganati da The Matrix, temo possano aver perso un po’ di verve (* vedi nota in calce).

Sia chiaro, Matrix Resurrections non potrà mai reggere il confronto con il primo capitolo, stiamo pur sempre parlando di un quarto episodio di una saga che aveva già dato tutto quello che doleva dare e di sicuro non parliamo di un film epocale, innovativo e spirituale come il primo, ma nonostante questo non l’ho trovato da buttare, anzi. In un’epoca in cui è prassi far sì che i sequel/reboot ricalchino i leitmotiv dei loro predecessori, Matrix Resurrections ne esce meglio di altri e, attraverso la scelta di una struttura meta-narrativa, Lana riesce a legare questo film al primo capitolo con intelligenza, rendendo la prima parte intrigante più di quanto ci si aspetti.

Buona visione da Marc Welder

 

Dico “sdoganati” perché a fine anni ’90 abbiamo assistito all’uscita di numerosi titoli che hanno già affrontato questi temi. Tutte opere affascinanti che (a mio parere) raccoglievano l’eredità di Philip K. Dick ormai matura (e non solo la sua), opere allora spesso bistrattate o incomprese nei loro molteplici livelli d’interpretazione. Sto parlando di film come Apri gli Occhi (Amenàbar, 1997), Dark City (Proyas, 1998), eXistenZ (Cronenberg, 1999), Il Tredicesimo Piano (Rusnak, 1999; già remake de Il Mondo sul Filo di Fassbinder del 1973, a sua volta ispirato al romanzo Simulacron 3 di Daniel F. Galouye) e, per l’appunto, The Matrix (Wachowski, 1999) che ebbe il grandissimo merito di portare i temi in questione all’attenzione del grande pubblico, fermo restando che senza le atmosfere cyberpunk, il Bullet Time e il suo riverbero forse ciò non sarebbe accaduto.