Metallo Urlante, di Valerio Evangelisti

E’ il 1998 quando l’Einaudi pubblica Metallo Urlante di Valerio Evangelisti (vai all’intervista), un autore che non ha certo bisogno di presentazioni. Ha vinto il Premio Urania con il romanzo Nicolas Eymerich, Inquisitore e ha pubblicato per Mondadori l’intera saga dell’ecclesiastico e molto altro. Scrittore e saggista estremamente prolifico, numerose sono le sue trilogie a partire da quella di Pantera o del Metallo, che ha inizio proprio con Metallo Urlante (seguito da Black Flag e Antracite), passando per quella di Magus su Nostradamus, al ciclo Messicano, Americano, fino ad arrivare a quello dei pirati con Veracruz, Tortuga e Cartagena e all’imminente trilogia post-risorgimentale che si apre con Il sole dell’avvenire, uscito in questi giorni. Inoltre, ha scritto sceneggiature per fumetti, radiofoniche e televisive ed è direttore editoriale di “Carmilla”(1) , la webzine dedicata alla critica politica e alla narrativa fantastica che consigliamo a tutti di seguire.

Ma veniamo a noi. Nonostante Metallo Urlante sia composto da quattro romanzi brevi, va inteso come un corpus unico che, oltre ad omaggiare l’Heavy Metal riprendendo album e brani dei Venom, Pantera, Metallica e Sepultura, assume il ruolo di tributo alla rivista francesce Métal Hurlant. Nata a metà anni ’70, Mètal Hurlant, attraverso autori quali Moebius, Druillet, Jodorowsky, Bilal, Manara e non solo, è stata capace di diffondere un’idea di fantastico a tutto tondo e di mescolare fantasy, horror, fantascienza ed erotismo, come lo stesso Evangelisti è stato capace di fare con il romanzo in questione.

All’interno di quest’opera si sviluppano quattro trame interdipendenti:

Venom è strutturato temporalmente in due parti: da un lato abbiamo Eymerich alle prese con un complotto architettato dal demonolatra Astruch da Biena che vuole colpire con gli umori infetti del femmineo Svein il regno d’Aragona; dall’altro, in un futuro prossimo, si cerca di combattere un oscuro morbo di origine africana che attacca i genitali e che si presenta come un ibrido tra il Marburg e l’AIDS

– in Pantera, ambientato nel vecchio west, entra in scena il protagonista dell’intero Ciclo del Metallo, Pantera appunto, un pistolero-stregone dedito al culto del Palo Mayombe, che dovrà difendere il paese e i possedimenti di chi l’ha ingaggiato dall’arrivo di dieci inquietanti Cowboys from Hell.

Sepultura è l’inquietante e profetico nome del carcere al centro del racconto omonimo che, come la band dalla quale prende il nome, è ambientato in Brasile a San Paolo. Al suo interno, i condannati vengono invischiati in  una sostanza che chiamano ectoplasma, una massa organica dalla quale sembra essere impossibile liberarsi, ma qualcuno tenterà ugualmente la fuga.

– in Metallica, infine, troviamo un’America devastata dalla guerra tra cristiani e musulmani, e una futura New Orleans fa’ da scenario ad uno degli incubi più inquietanti, il metallo che inizia a vivere di vita propria grazie allo scienziato-stregone Ezra Washington La Croix che, oltre ad avere il potere d’incantare gli alligatori, protegge le truppe musulmane con la sua capacità di controllare lo spirito del metallo.

– L’epilogo di Venom vede nuovamente protagonista Eymerich che ritorna per chiudere il cerchio.

Qualcuno intende Metallo Urlante come una raccolta di racconti, ma la struttura e l’intreccio intorno al tema della progressiva perdita d’umanità a discapito del freddo metallo che avanza, possono definire Metallo Urlante – riprendendo la terminologia musicale – come un “concept”: un romanzo a tema diviso in più brani.

Ci troviamo di fronte a un insieme complesso di quattro differenti punti di vista spaziotemporali dove l’angoscia incombente sull’umanità non è tanto il destino escatologico al quale il burattinaio Eymerych condanna la razza umana, quanto il disturbo schizoide di personalità con la sua crescente assenza del desiderio di relazioni intime con altri esseri umani, ognuno rinchiuso nel proprio individualismo; un distacco emotivo, evocato dalla sostituzione della carne con il metallo, che può essere inteso come una progressiva disumanizzazione, un aumento della freddezza dell’anima dovuta alla perdita di ciò che ci rende veramente umani, il rapporto con l’altro essere umano.

Buona lettura da Marc Welder

(1): www.carmilla.it