Moyashimon: se i microbi si vedessero a occhio nudo

Moyasimon  (pronunciato Moyashimon) è un manga realizzato da Masayuki Ishikawa.  Ambientato nella facoltà di agraria dell’università di Tokio, i suoi protagonisti sono studenti e ricercatori, e le loro strane avventure sono dislocate in larghissima parte all’interno dell’ateneo. La storia gira intorno a un vecchio professore universitario di nome Itsuki, che si pone l’obiettivo di mettere insieme un gruppo di ricerca da sogno facendo leva innanzitutto su uno studente del primo anno, Tadayasu Sawaki, che, per un misterioso motivo, è capace di vedere i microbi a occhio nudo.

I microrganismi che si vedono nel fumetto parlano, ridacchiano, si azzuffano, e occasionalmente danno lezioni di microbiologia, aprendo brevi parentesi didattiche. Lezioncine a parte, i microbi sono sempre alla base di qualsiasi cosa accada tra una vignetta e l’altra, con la loro forma di pupazzetti abilmente disegnati in maniera che ricalchino possibilmente le forme reali, simili a come si vedrebbero al microscopio. Sul serio, ogni pupazzetto può essere confrontato con l’organismo reale perché per ogni specie disegnata viene indicato il nome scientifico.

Nell’opera di Masayuki Ishikawa si vedono soprattutto funghi e batteri, perché sono queste le principali categorie di microbi che contribuiscono alla formazione di molti alimenti, dei quali si occupa appunto la facoltà di agraria. Ma ogni tanto si vedono anche i virus, gli acari, o magari organismi davvero estremi come la muffa policefala (Physarum polycephalum), una cellula gigante che esiste davvero e che, nel fumetto, si afferma d’essere in grado di muoversi in un piccolo labirinto. Tra tutti questi innumerevoli organismi microscopici ce n’è uno che in assoluto la vince su tutti: il fungo koji, tecnicamente Aspergillus oryzae, che vive sulla spalla di Tadayasu Sawaki (e il ragazzo lo sa, perché lo può vedere) come un pappagallo sulla spalla di un pirata.

Quel che si evince sfogliando le pagine del manga è che i microbi fanno parte della vita quotidiana di tutti noi, non solo degli scienziati. I microbi sono ovunque, e sono alla base di moltissimi alimenti: tanto per dirne una, grazie alla loro fermentazione rendono possibile la produzione del vino e di altri alcolici come il sake. In Moyashimon si parla spesso di alcolici e di sake, e gli stessi personaggi bevono senza troppi complimenti. Se poi ci soffermiamo sul discorso sake, viene affrontato così spesso che alla fine si diventa dei piccoli esperti della bevanda giapponese. È bene precisare, a questo punto, che se è vero che l’opera di Masayuki Ishikawa non demonizza gli alcolici, è anche vero che non fa del bere un vanto.

Dunque, immerso in un mondo di microbi sghignazzanti c’è il futuro gruppo di ricerca del professor Itsuki, composto da esseri umani non del tutto normali. Kei Yuki è uno del team, nella veste di uno studente amico di infanzia di Sawaki e figlio di un proprietario di una distilleria di sake. Un personaggio curioso, forse più di tutti gli altri, in quanto possiede lineamenti facciali unisex, nel senso che potrebbe anche essere scambiato per una ragazza. Tanto per confondere le idee, in un episodio Kei Yuki compare anche con l’identità di una ragazza, avente un altro nome ma lo stesso, identico viso del ragazzo iscritto ad agraria. Altre occasioni, poi, ben più eclatanti, evidenziano la sua sessualità indefinibile.

Haruka Hasegawa è invece una specializzanda che fa da assistente al professor Itsuki. Ha un carattere spinoso e, come Hasegawa, ha qualche difficoltà di comunicazione sociale. Si veste in maniera sexy e aggressiva, quasi fetish, ma non se ne rende conto o comunque se ne infischia se glielo fanno notare. Lavorando sempre a contatto con la fermentazione degli alcolici ha molte occasioni di bere, ma evita di farlo perché quando si ubriaca viene come posseduta dal demonio (anche se non è chiaro esattamente che cosa combini).

Singolare, poi, è la coppia formata da Takuma Kawahama e Kaoru Misato, entrambi del secondo anno anche se sembrano molto più vecchi. Questi due individui un po’ loschi, da quando vengono beccati a produrre sake clandestino all’interno dell’università sono in debito con Itsuki, che, per qualche oscuro motivo, sembra volerli nel proprio gruppo di ricerca insieme agli altri.

Inutile elencare tutti i personaggi, ma vale spendere qualche riga anche per Aoi Muto, una ragazza che vanta di essere l’unico membro iniziale del laboratorio del vecchio professore. Viene definita come una ragazza che sopporta tranquillamente qualsiasi cosa le accada, indice probabilmente di un istinto che la induce a buttarsi nelle avventure senza paura o con inconscienza. Questa, infatti, è l’impressione che dà quando ritorna da una lontana missione scientifica sul campo con un cerotto sul naso. Nel tempo libero è la presidente di un club che si dedica a fare ricerche sugli ufo.

Le vicende dei protagonisti avvengono, come si è detto, quasi sempre all’interno della facoltà di agraria dell’università di Tokio, come se questa fosse un mondo a parte, autosufficiente, praticamente isolato dall’esterno. In questo magico regno della microbiologia chiamato Moyashimon, a Sawaki e compagni si presentano sempre nuove prove da superare, scientifiche e non, architettate presumibilmente dal professor Itsuki allo scopo di mettere alla prova il singolo e far maturare il gruppo. Inoltre, ogni dialogo può trasformarsi in una lezione divulgativa, riuscendo, grazie all’arte del fumetto, a trasmettere almeno un pizzico del sapere scientifico alla comunità.

In conclusione, la scienza è un elemento cardine del fumetto. Ce n’è tanta, in ogni dannata pagina. Comprensibile a tutti, per carità, ma è sempre lì, in agguato, talvolta in maniera snervante. Non si dica di non essere stati avvertiti. Ecco, la scienza dei microbi è talmente ben inserita che, secondo quanto riferisce lo stesso autore all’interno del fumetto, sono arrivate alla redazione giapponese numerose email di ragazzi e ragazze che dalla lettura di Moyashimon hanno sviluppato una voglia matta di iscriversi ad agraria o studiare microbiologia. Per questo e altri motivi la redazione ha deciso di aprirsi un paracadute e tenere tutti coi piedi per terra ricordando in maniera martellante, tra una vignetta e l’altra, che Moyashimon è una storia frutto di fantasia.