Nata dal vulcano, di Tanith Lee

Edizione Slan. Il Meglio della Fantascienza #36, Libra Editrice (1978); traduzione: Roberta Rambelli; cover by Allison

Risvegliarsi, senza sapere dove ti trovi, chi o che cosa sei, se sei una cosa dotata di braccia e di gambe, o una bestia; oppure soltanto un cervello nel corpo di un pesce… Strano risveglio. Strana sensazione. Ma ecco che poi sbrogliandomi, nelle tenebre in cui ero, cominciai a scoprire me stessa, a scoprire che ero una donna. E tutto intorno a me un cupo nereggiare, una nera assenza di qualsiasi suono. Tastando con le mani incontravo solo roccia, vecchia roccia incrostata d’un sentore arcaico, aggressivo.

Strisciando fuori dall’anfratto in cui giacevo scoprii una sorta di passaggio, in cui finalmente riuscii a tirarmi in piedi. Forse ero cieca, ma non mi era venuto in mente di chiedermelo. Faceva freddo. Non si respirava, per mancanza di aria. Avanzando a tentoni, urtai col piede un ostacolo: uno scalino. Seguito da molti altri. Uno scalino intagliato nella roccia; e si capiva che in passato ben pochi lo avevano calpestato.

Mi balzò in mente il ricordo di altri scalini, fatti di una materia biancastra e sdrucciolevole; ma consumati al centro dal passaggio d’innumerevoli piedi, in discesa e in salita.

Guidandomi con le mani sulla parete, cautamente, senza contare i gradini che erano tanti, continuavo a salire, a salire. Giunta a una specie di spiazzo, affrettai il passo, ma risultò una mossa sbagliata, sciocca. Davanti a me non c’era che il vuoto. Per un istante oscillai, come una danzatrice sul ciglio di un baratro; ma poi, tirandomi violentemente indietro, riuscii a salvarmi, mentre pietre su pietre precipitavano in basso, nelle tenebre, rimbalzando dopo un’infinità di tempo sulle pareti di quell’abisso, prima di toccare il fondo…

(trad. di Viviana Viviani)

 

Nel 1974 la casa editrice americana DAW Books acquistò tre romanzi inediti di Tanith Lee (1947-2015), una giovane scrittrice londinese che, prima di allora, si era dedicata prevalentemente a libri per l’infanzia. Il successo della prima pubblicazione, Nata dal vulcano (The Birthgrave, 1975), avrebbe consentito alla Lee di diventare una scrittrice professionista e di dedicarsi ad opere di più ampio respiro.

La trilogia che comincia proprio con Nata dal vulcano si svolge interamente su un altro pianeta, in un futuro remoto. La cultura dominante ricorda per molti aspetti quella della tarda antichità classica – la massima realizzazione tecnologica è un primitivo cannone – con leghe di città-stato e tribù nomadi in perenne conflitto tra loro. L’eroina, all’inizio senza nome, è la sola superstite di un’antica e potente razza umanoide che, dopo aver dominato crudelmente il mondo, è stata spazzata via da un’epidemia. Soltanto gli esseri umani, anticamente schiavi, sono sopravvissuti. Dopo un lunghissimo sonno, la protagonista si risveglia nel cuore di un vulcano. Confusa e spaurita, si avventura in un mondo per lei nuovo e sconosciuto, che si rivelerà maschilista e violento. Nonostante sia accolta come una dea, finisce per essere manipolata da uomini potenti e senza scrupoli. Tra costoro l’ambizioso Vazkor, da cui avrà un figlio. La protagonista riuscirà a diventare veramente libera e padrona del proprio destino soltanto al termine del primo libro, che a sorpresa include elementi fantascientifici: viaggiatori provenienti dalla Terra prelevano l’eroina e la portano sulla propria astronave, dove molti misteri vengono svelati e molte domande hanno finalmente una risposta razionale.

I successivi capitoli del ciclo narrativo (Vazkor, Son of Vazkor, 1978, e Quest for the White Witch, 1978, pensati dall’autrice come un’unica opera, Shadowfire, poi suddivisa in due parti data la mole) seguono le peripezie del figlio di Karrakaz (questo il vero nome della protagonista), quel Vazkor figlio di Vazkor che, dopo un’infanzia oscura e misera, si mette alla ricerca delle proprie origini. Una volta scoperte, decide di compiere il più orribile dei delitti, il matricidio. Durante questa dolorosa odissea, intrisa di fatalismo e tragedia, il protagonista, erede come la madre di una civiltà dagli straordinari poteri, scoprirà la propria natura unica, diversa, di “superuomo”. Ugo Malaguti nell’introduzione alle due edizioni italiane (Libra e Nord) che raccolgono le peripezie del figlio di Karrakaz, scrive: “libro lunghissimo, ma senza nulla di superfluo, Vazkor vede accadere di tutto. Vi si intrecciano e si svolgono storie indipendenti che potrebbero costituire ciascuna il tessuto di un romanzo singolo”.

Ricordiamo che tra i tanti meriti di Malaguti vi è stato anche quello di far conoscere all’Italia questa straordinaria e poliedrica scrittrice che nella sua carriera, purtroppo interrotta prematuramente nel 2015, ha prodotto più di novanta romanzi, oltre trecento racconti, nonché alcuni poemi e diverse sceneggiature televisive.

La pubblicazione di Nata dal vulcano nel giugno del 1975 non fu una scelta isolata della DAW Books. Da lì a poco anche la Ballantine Books avrebbe cominciato a interessarsi al genere fantasy, con la pubblicazione nel 1977 del romanzo di Terry Brooks “La spada di Shannara” (The Sword of Shannara). In quegli anni si ebbe un vero e proprio boom della letteratura fantastica, come dimostra anche il successo che ebbe la prima edizione del Silmarillion, curata da Christopher Tolkien e Guy Gavriel Kay e pubblicata nel 1977 dalla Allen & Unwin. Questo lavoro della Lee non poteva vedere la luce in un periodo migliore.

Edizione Cosmo Serie Oro #152, Editrice Nord (1996); traduzione: Viviana Viviani; cover by Alan Craddock

Le critiche alla saga di Nata dal vulcano non furono univoche. La scrittrice Marion Zimmer Bradley (1930-1999) scrisse un’introduzione alla trilogia, apprezzandone la ricca scenografia e la credibilità dei personaggi. Altri invece ne criticarono lo stile “undisciplined and erratic“. La scrittura di Tanith Lee, che con il tempo si sarebbe fatta sempre più elaborata e sofisticata, in questo affresco è ricca, potente, ideale per evocare le colorate culture in cui si muovono i protagonisti. Non si può non lodare l’eccellente introspezione psicologica dei caratteri dei protagonisti e la grazia stilistica, anche quando, come spesso accade, prevalgono le tinte fosche o addirittura sanguinolente, con massacri e carneficine che raggiungono proporzioni epiche.

Questa saga dimostra come l’autrice, sin dall’inizio della sua intensa carriera, sia stata in possesso della rara dote di narrare e affascinare allo stesso tempo e di saper toccare tutte le tematiche, anche quelle più difficili. Nel finale di Quest for the White Witch viene affrontato il non facile tema dell’amore incestuoso tra madre e figlio, senza però cadute di tono o volgarità. La principale fonte d’ispirazione in questo caso è la tragedia “Edipo Re” di Sofocle con una differenza rilevante: nel finale Karrakaz non si uccide come Giocasta, rifiutando di sottomettersi al suo fato. Nell’universo immaginato dalla Lee la società matriarcale non si arrende alle regole del patriarcato.

La gran parte dei lettori rimane affascinata dalla prosa magica, colorata e complessa della scrittrice inglese, catturata dalle trame e dai colpi di scena. Da subito si viene travolti da un vortice di vicende, sentimenti, personaggi ed eventi che non lasciano tempo per riflettere. Non meno importanti sono i simboli, a partire dall’antro dove la protagonista di Nata dal vulcano si risveglia. Caverne e grotte, nelle tradizioni di tante civiltà, sono consacrate alla nascita e alla reincarnazione, in associazione con divinità femminili. Karrakaz, fedele a questo modello, emergerà dal sottosuolo per assurgere al ruolo di dea. Non meno significativi sono i veli e le maschere: ogni volta che la protagonista cambia il modo di celare al mondo esterno e a se stessa il proprio viso, la sua personalità assume contorni più definiti.

Un’avvertenza, specie per quelli che si accostano all’opera di Tanith Lee per la prima volta: “nelle sue opere quasi nulla è vero di ciò che sembra, e quasi tutto ciò che appare improbabile è la pura verità” (Ugo Malaguti).

Inutile dire che la serie, in italiano o (meglio ancora, se si è in grado) in inglese, è altamente consigliata a tutti gli appassionati di letteratura fantasy.

Per chi fosse interessato ad approfondire le numerose tematiche presenti nei romanzi di Tanith Lee c’è lo splendido saggio firmato da Mavis Haut The Hidden Library of Tanith Lee, 2001.

Per un elenco (qausi) esaustivo delle edizioni italiane dell’opera di Tanith Lee (serie Nata dal vulcano compresa) si può consultare il catalogo Vegetti alla pagina:

http://www.fantascienza.com/catalogo/autori/NILF13128/tanith-lee/