Nostra Signora delle Tenebre, di Fritz Leiber

Questo è il primo post dedicato a Fritz Leiber, uno dei massimi autori delle lettartura fantastica del ‘900. Ho scelto un mio articolo di introduzione a uno dei suoi romanzi più affascinanti: un’opera che oggi verrebbe forse definita come “urban fantasy”. La verità è che Leiber era un genio e un innovatore e i suoi racconti e romanzi di horror moderno sono stati di ispirazione a gran parte degli autori successivi. Colgo anche l’occasione per ringraziare due cari amici, Roberto Kriscak e Lorenzo Volpi, che con grande passione e fatica mi hanno aiutato a recuperare gran parte delle mie vecchie presentazioni (all’epoca non esistevano i pc e tutti i miei articoli erano composti con la macchina da scrivere…senza copie su file, come avviene oggi).

Fritz Leiber, oltre a essere uno degli autori più noti e premiati del genere fantascientifico (sei premi Hugo, tre Nebula, e quattro premi nel campo della fantasy sono un record difficilmente uguagliabile), è anche lo scrittore più eclettico che si sia avvicinato alla letteratura fantastica. Se opere come Ilgrande tempo e L’alba delle tenebre testimoniano la sua importanza nella storia della fantascienza pura, e se i racconti del ciclo di Fafhrd e dell’Acchiappatopi Grigio ne fanno uno dei maestri riconosciuti della «Sword and Sorcery», romanzi come questo Our Lady of Darkness e il classico Ombre del male (Conjure Wife) stanno a dimostrare inequivocabilmente la sua bravura anche nel campo dell’horror.

In Conjure Wife (apparso nel lontano 1944 su «Unknown») Leiber raccontava una storia di magia e possessione demoniaca ambientata in una cittadina-college americana: come a dire che sotto le linde spoglie e apparenze del campus universitario e degli asettici edifici della civiltà moderna si annidano i remoti misteri della stregoneria.

Anche in questo Our Lady of Darkness Leiber rifugge dalle trovate tradizionali e dagli orrori tipici del romanzo gotico classico: qui non abbiamo castelli diroccati alla Dracula, o cimiteri in rovina. L’orrore, gli spettri, il soprannaturale si nascondono nella modernissima San Francisco, e nascono proprio dalle caratteristiche della metropoli di oggi. I «paramentali», gli esseri di cui parla Leiber, sorgono proprio dallo smog, dalle ombre, dalle esalazioni mefitiche e dai liquami delle città, con le sue strade, i suoi vicoli, le sue fabbriche. I moderni fantasmi di Leiber sono creature delle megastrutture metropolitane, di cui conoscono i segreti e le debolezze, i ritmi poderosi e le oscure canzoni. Sono prodotti della città e dell’inquinamento urbano in genere, o anche, da un punto di vista psicologico, sono gli effetti spirituali dell’accumulo delle tensioni umane, della concentrazione delle nevrosi cittadine. Per bocca di uno dei protagonisti di Our Lady of Darkness (uno studioso di misteri e di occultismo), Leiber dice testualmente: «Io credo che le entità paramentali siano pericoli effettivi presenti e molto reali, a metà strada come natura tra la bomba atomica e gli archetipi dell’inconscio collettivo, che includono molti caratteri altamente pericolosi… O a metà strada tra i virus dell’epatite e gli incubi. Sono tutte cose da cui qualsiasi uomo saggio sta in guardia».

Leiber rinnova dunque i canoni del romanzo dell’orrore introducendo una sua visione personale della follia dei nostri tempi: le sue storie orrorifiche, a partire da quelle scritte nei lontani anni ’40 per finire a questo Our Lady of Darkness, portano avanti un discorso lucido e coerente sulle angosce dell’uomo moderno, sul malessere collettivo e sui mali della civiltà odierna. Le sue storie, i suoi racconti di fantasmi cittadini sono interpretazioni junghiane delle enormi tensioni che si creano ed esplodono nelle metropoli innalzate e nutrite dalla tecnologia industriale.

È in questa chiave che vanno considerati racconti come Smoke Ghost (Unknown, ottobre 1941), in cui Leiber narra, con una prosa straordinariamente efficace ed evocativa, di un fantasma generato dall’aria corrotta di una città industriale moderna. Ecco come Leiber descrive questo nuovo tipo di mostro che viene a prendere il posto di spettri più tradizionali, triti e superati: «… un fantasma del mondo d’oggi, con la fuliggine delle fabbriche sulla faccia e il tonfo dei macchinari nell’anima. Il tipo di fantasma che abita dietro i mucchi di cartone e di notte scivola per gli uffici deserti, in palazzi come questo. Un fantasma vero, non una cosa uscita dai libri. Non ha mai pensato a come dovrebbe essere un fantasma dei nostri giorni, signorina Millick? Provi a immaginare. Una faccia di fumo, composita, con la fame e l’angoscia dei disoccupati, l’inquietudine nevrotica delle persone prive di scopo, la tensione tutta scatti del lavoratore cittadino costantemente sotto pressione, il risentimento e il timore dello scioperante, l’opportunismo calcolatore del crumiro, il lamento aggressivo del mendicante, il terrore muto del civile sotto i bombardamenti, e altri mille stati emotivi contorti. Ciascuno sovrapposto eppure fuso con gli altri, come uno strato di maschere semitrasparenti. Ecco come sarebbe l’aspetto di un simile fantasma, o di una simile proiezione che abbia acquistato vita, signorina Millick. Nascerebbe dal mondo reale. Rifletterebbe le cose contorte, sordide, malvagie. Tutti i vicoli ciechi. E sarebbe sporco di nero. Non credo che ci apparirebbe bianco, o vaporoso, o che amerebbe starsene nei cimiteri. Non gemerebbe, ma mormorerebbe frasi inintelligibili e ti tirerebbe per il gomito. Come uno scimmione sporco e villano. E cosa chiederebbe alle persone un simile essere, signorina Millick? Sacrifici? Prostrazioni? O soltanto la paura? E cosa potresti fare per impedirgli di affliggerti?».

Sono parole di Leiber che esemplificano tutta una sua filosofia vitale, un suo modo di vedere le cose. Lo stesso discorso ricompare in The Girl with the Hungry Eyes (1949), dove Leiber descrive una fotomodella pubblicitaria, anzi la fotomodella più richiesta, che è in realtà una nuova specie di vampiro, un essere che svuota le menti degli uomini e che rappresenta un chiaro simbolo del consumismo. E ancora, in The Hound (1942), troviamo il tema del nuovo fantasma cittadino: gli esseri soprannaturali di una città moderna, dice Leiber in questo racconto, sono diversi dagli spettri di ieri. «Ogni cultura crea i suoi spettri. Nel medioevo si costruivano cattedrali, e presto si cominciò a parlare di piccole ombre grige che di notte strisciavano fuori a conversare con i doccioni. Lo stesso accadrebbe oggi, con i nostri grattacieli e le nostre industrie… Funziona così: si comincia col negare tutte le vecchie superstizioni, che appartengono all’era sorpassata delle vecchie case e dei castelli. Queste superstizioni non possono attecchire nel nuovo ambiente vitale. La scienza è diventata materialistica, e va dimostrando che non esiste nulla nell’universo tranne piccoli accumuli d’energia. Come se un piccolo accumulo d’energia non potesse essere qualsiasi cosa… Noi ricopriamo la terra di enormi strutture. Le ammucchiamo in grandi ammassi al cui confronto Roma, Alessandria e Babilonia sembrerebbero delle città-giocattolo. Così si forma il nuovo ambiente… Nel frattempo, cosa accade all’interno di ognuno di noi? Ogni genere di emozione inibita si sta ormai accumulando. La paura si accumula. L’orrore si accumula. Un nuovo genere di timoroso rispetto per i misteri dell’universo si va accumulando. Un nuovo ambiente psicologico si va formando assieme al nuovo ambiente fisico… E dalla nostra cultura sorge una nuova orda di demoni che le sono affini. Sono unici, adatti solo alla nostra cultura; non li si potrebbe trovare in nessun altro luogo o tempo… Ci sarebbero ancora vampiri e lupi mannari, ma non sarebbero come quelli vecchi, delle epoche passate. Non avrebbero una bella pelliccia, denti candidi e occhi splendenti. Oh, no. Ci sarebbe qualche terribile mastino che incuterebbe paura, terrore, ma non causerebbe nessuna sorpresa, perché sarebbe un essere perfettamente adatto all’ambiente moderno. Un essere che appartiene alla città e ha il suo stesso odore».

Leiber dunque, nonostante il suo interesse per la parapsicologia, l’astrologia, le teorie fortiane, e la metafisica in genere, è sempre stato uno scettico sulla reale esistenza dei fantasmi e dei fenomeni soprannaturali. La stessa influenza di Lovecraft,che fu uno dei suoi ispiratori agli inizi della sua carriera letteraria, contribuì a spingerlo a un approccio scientifico, profondamente materialista, di questi problemi e temi. Ecco allora che Leiber, partendo da tali premesse, dà un’interpretazione psicologica e sociologica del soprannaturale nella civiltà moderna.

Ciò, beninteso, non toglie nulla alla sua capacità di costruire una storia avvincente, che sappia incutere un vero terrore in chi legge proprio facendo leva sul contrasto tra un background contemporaneo e alcuni evocativi elementi di mistero. Our Lady of Darkness ne è un esempio probante. Qui Leiber gioca sul contrasto appunto tra la moderna San Francisco, e in particolare un certo ambiente della «controcultura» moderna (una pensione malandata, uno scrittore di storie dell’orrore vedovo e sulla quarantina, i suoi amici, un infermiere un po’ hippy e uno svedese un po’ omosessuale), e un terrificante mistero che si va pian piano dipanando e che riguarda alcune figure ambigue e oscure vissute agli inizi del secolo e appartenenti a uno strano circolo dell’occulto. Ci sembra, al riguardo, che il romanzo raggiunga un eccezionale potere realistico proprio grazie a questo accurato background di ricerche sulla storia californiana, fatte da Leiber per inserire la vicenda di questo misterioso circolo letterario effettivamente esistito e collegato all’ordine ermetico della «Golden Down» inglese di Arthur Machen e Algernon Blackwood: d’altronde figure prestigiose della San Francisco del primissimo ‘900 come Jack London, Ambrose Bierce, George Stewart (alle cui vicende Leiber collega anche la storia di Clark Ashton Smith, il famoso scrittore di fantasy e horror amico di Lovecraft e Howard), sono avvolte tuttora da un alone di mistero. Molti di loro ebbero una vita avventurosa e travagliata e morirono e scomparvero (come ad esempio Ambrose Bierce, che svanì improvvisamente senza lasciare traccia) in circostanze molto poco chiare, che si prestano con facilità a un’interpretazione come quella fatta da Leiber, in termini di «esseri paramentali», di «mostri moderni» risvegliati o creati da questi bohémien californiani in un tentativo di immischiarsi in faccende magiche che «l’Uomo non dovrebbe conoscere» o – come dice Leiber – «da cui qualsiasi uomo saggio cercherebbe di stare lontano».