Gli Oats Studios di Neill Blomkamp

A una settimana dall’uscita di GOD: City è giusto chiedersi che fine abbia fatto Neill Blomkamp, soprattutto per chi aspetta un suo nuovo film.

No, non sta facendo come Carpenter (che sta passando le giornate a giocare ai videogiochi e a guardare le partite di basket), ma sta portando avanti i suoi esperimenti con gli Oats Studios.

Che Blomkamp sia uno dei registi di fantascienza più interessanti dell’ultimo decennio, non c’è bisogno che ve lo dica io. Forse l’unico capace di raccogliere l’eredità di Paul Verhoeven, tant’è che l’idea di far dirigere al regista sudafricano Robocop Returns mi pare più che azzeccata e – se proprio lo si deve fare per quanto non ce ne sia bisogno – meglio che sia lui a farlo.

Detto questo, Blomkamp non è stato con le mani in mano dall’uscita di Humandroid (2015), ma si è dato a dei corti sperimentali distribuiti gratuitamente sul web con alla base un progetto ben preciso completamente slegato dalle dinamiche commerciali più mainstream.

Nel 2017, ha dato vita alla propria casa di produzione cinematografica, gli Oats Studios, con l’intenzione di sfruttare diversi corti con una totale liberà creativa, confidando che possano diventare futuri lungometraggi, com’è già successo per District 9 (basato sul cortometraggio Alive in Joburg del 2005).

Molti attori si sono prestati al gioco, gente come Sigourney Weaver, Dakota Fanning e l’immancabile amico Sharlto Copley e, quanto ai corti, prevale il fanta-horror. Non mancano però salti nel medioevo e tocchi d’ironia sia con le televendite di Cooking With Bill (pubblicità alla Verhoeven di Robocop e Starship Trooper, per intenderci), che i corti di GOD, nei quali uno Sharlto Copley onnipotente si diverte sulla pelle degli uomini.

A detta dello stesso Blomkamp:
“Dopo aver finito di girare Humandroid, volevo provare a elaborare un altro modo di fare film e di esprimermi. Ero convinto che se avessi offerto al pubblico delle produzioni più piccole, la vendita di questi brevi contenuti avrebbe potuto mantenere in vita tutta la macchina produttiva, trasformandola in un ecosistema autosufficiente”.

“L’obiettivo principale, se è possibile, è quello di raccogliere abbastanza soldi dal pubblico per creare i film in modo indipendente”.

“Lavorare nell’ambiente dei grandi studi per pellicole enormi, che sono davvero film da 100 milioni di dollari, ha senso per me. È qualcosa che voglio continuare a fare. Ma penso che ci sia un altro spazio in cui la tecnologia sta aprendo la strada a un modo in cui è possibile distribuire e interagire con il pubblico e sembra che ci sia un modo in cui possa essere possibile vivere in un ecosistema in cui si può essere creativi nel modo in cui si vuole e capire se hai avuto successo o hai fallito basandoti sulla risposta del pubblico – realizzare progetti, vedere se funzionano o no ed essere sorpresi da quelli che funzionano e sorpresi da quelli che falliscono”.

In conclusione, suggerisco a tutti di dare uno sguardo al canale degli Oats Studios e questo è l’ultimo corto da non perdere.

Buona visione da Marc Welder