Oltre il cielo, di Renato Pestriniero

Lo confesso, forse per questione generazionale, o forse per mia colpevole pigrizia, non avevo mai letto niente di Pestriniero. Di conseguenza, quando mi fu proposta la recensione di questo libro, accettai di buon grado. Ero spinto più dalla curiosità che dalla voglia di leggere qualcosa di nuovo (in verità non era un periodo in cui mi sentivo molto spinto a leggere). Curiosità di capire cosa ci fosse dietro quello che per me era solo un nome, quasi una sorta di leggenda. La prima volta che sentii nominare Renato Pestriniero, infatti, era il lontano 1992, mi trovavo a Pisa ed ero prossimo a conseguire la laurea in Filosofia. Anzi, per la verità, già lavoravo alla mia ponderosa tesi sugli Essaysdi Michel De Montaigne da quasi un anno e passavo la maggior parte del mio tempo in una biblioteca (ne frequentavo diverse all’epoca). Il tempo che non trascorrevo a studiare o a portare avanti le mie ricerche bibliografiche su Montaigne, lo passavo insieme a pochi amici “pisani”. Uno di questi era proprio Armando Corridore, attuale direttore editoriale di Elara e anfitrione della “Sticcon” di Bellaria. Fu proprio lui a parlarmi di Renato Pestriniero durante una delle tante chiacchierate che condividevamo su Filosofia, Fantascienza e “Dungeons and Dragons” (ogni tanto Armando provava anche a parlare di musica, ma purtroppo io ero e sono a digiuno di composizione). Venni a sapere che proprio Pestriniero aveva pubblicato (all’epoca unico e solo italiano) sulla mitica “Fantasy and Science Fiction Magazine”. Probabilmente fu allora che si innescò la catena di eventi che mi ha portato oggi a parlarvi di questa raccolta di racconti. Oggi che questo nostro grande autore ha ormai una certa età e che ha fatto e prodotto cose davvero interessanti nel campo del Fantasy e della Fantascienza.

L’intera raccolta prende le mosse da un unico racconto e si impreziosisce di successivi sviluppi scritti da Pestriniero apposta per questo libro. Ai tempi fu un successo editoriale che dette origine a un film di Lamberto Bava e, a detta di Ridley Scott, ispirò perfino alcune scene di Alien. Un racconto che risale al lontano 1960, dunque ancora saldamente radicato nella buona vecchia fantascienza dell’età dell’oro, laddove gli alieni erano omettini verdi cattivi e c’era sempre una bella donna in pericolo e un eroe tutto cervello, azione e nervi saldi. Già a quei tempi, tuttavia, Pestriniero si guardò bene dall’utilizzare simili ingredienti per il racconto in questione. Se, infatti, c’è un preciso modello all’origine di Una notte di 21 ore, è senz’altro il film Lost Planet. Atmosfere buie, nebbie impenetrabili, tensione alta, nervi tesi e soprattutto le oscure forze dell’id. Paure e incubi, fantasie inconfessate e inconfessabili che anelano di prendere corpo e funestare la sacra missione conoscitiva degli astronauti. Questi gli ingredienti basilari dei racconti raccolti in questo volume. Il tutto condito da una prosa semplice, immediata e diretta. Asciutta e volutamente priva di inutili ricercatezze, come si usava quando la fantascienza era un genere popolare e poco altolocato. Soprattutto sono interessanti i dialoghi e le interazioni, più dei personaggi che anzi, spesso, si rivelano più mere funzioni che veri personaggi. L’obbiettivo di Pestriniero è creare la giusta tensione nel lettore, più che approfondire la psicologia dei suoi attori. Dunque, proprio ai dialoghi è spesso affidato il compito di tessere e far crescere la tensione fino a portarla alla sua massa critica. Proprio per questa asciuttezza e apparente linearità di linguaggio e interazioni, il libro si lascia leggere e scorre rapido come un fiume impetuoso sotto gli occhi e nell’immaginazione del lettore. Altro elemento importante è la tendenza a scarnificare gli scenari. Difficilmente troverete colorate città del futuro o sgargianti manopole e spie luminose; non troverete nemmeno giungle aliene piene di forme di vita più o meno arzigogolate, o spettacolari picchi montuosi sotto cieli multicolorati. No, i pianeti alieni sono piuttosto spogli e monotoni, vuoti e immobili sotto un banale cielo buio e stellato. Sono i nostri pensieri, le nostre ansie e paure a riempire tutto questo vuoto alieno. Il semplice contatto con ciò che ci è distante e sconosciuto, basta questo a destabilizzare ogni certezza e riempire il vuoto di… Già, di cosa? Incubi forse? Sogni magari? Si sa, la mente umana aborrisce il vuoto, spetta dunque ai lettori e alla loro immaginazione riempirlo.