Passeggeri, di Robert Silverberg

Nei lontani anni settanta, quando ero un giovane fan che partecipava ancora alle convention e si divertiva a fondare club di fantascienza con altri appassionati, con uno di questi cari amici, Maurizio Nati, ci capitò l’opportunità di creare una rivista per un editore di fumetti dell’epoca, tal Ennio Ciscato, che credo abbia fatto, poverino, una brutta fine. I tre numeri usciti di quella rivista, pur se fatti in casa, con traduzioni nostre o di parenti e amici, pur se mal o poco retribuiti (Maurizio dice che Ciscato qualcosa ci pagò, ma io non ricordo granchè), servirono a farci conoscere e soprattutto a portare in Italia alcuni racconti davvero splendidi, tra cui questo Passeggeri, del grande Bob Silverberg, premio Nebula nel 1969. Strano che in tanti anni nessuno abbia mai pensato di ristamparlo nel nostro paese. Sono quindi molto contento di poterlo ripresentare come primo numero della nuova collana Biblioteca di un sole lontano della Delos Digital (merito anche di Bob e di Silvio Sosio, ovviamente). A presto seguirà un racconto lungo inedito di Silverberg (ne abbiamo altri tre in cantiere). L’amico Fabio F. Centamore, con una solerzia unica e con la solita competenza, ce ne parla nella recensione che segue.

 

La stanza è in frantumi al suo risveglio. Posaceneri pieni, mozziconi di sigaretta ovunque. Molti hanno tracce di rossetto, è stato in compagnia di una donne o, forse, di diverse donne. Chi può saperlo? I pensieri rimbombano dentro la testa. Sono pensieri confusi, domande senza risposta. Cosa avrà fatto col mio corpo l’ultimo passeggero? Bocca secca, sapore orribile ovunque. Avranno usato la bocca per mangare cosa? Fanno anche questo, loro fanno di tutto quando sono nei corpi umani…

Insignito del prestigioso premio “Nebula” nel 1970, questo racconto appartiene alla seconda e più importante fase della produzione di Silverberg. Nato come autore di storie avventurose, presto l’autore passò a narrare temi più complessi e “impegnati” contribuendo al famoso passaggio dalla fantascienza come genere popolare alla fantascienza come letterartura evoluta e, dunque, collocandosi appieno fra gli autori “New Wave”. Utilizzando un classico stile stream of consciousness, iniziato da autori come Svevo e Joyce, Silverberg qui mette a nudo ogni sorta di straniamento dalla normale condizione umana. Lo stesso tema darà poi origine anche al successivo romanzo Morire dentro (1972), dove Silverberg descriverà la condizione di un telepate in procinto di perdere i suoi poteri mentali. Nel romanzo l’esplorazione psicologica del protagonista avrà la funzione di vivisezionare le fasi sempre più drammatiche di una perdita. Per un telepate tutto ciò rappresenta certo molto più che lo smarrimento di se stessi, equivale ad una sorta di pre-morte. Il protagonista vive un destino ineluttabile, privo di logica e senza via d’uscita. La perdita dei poteri è un fenomeno inevitabile e a cui non c’è rimedio, a nulla vale la ricerca di sé o qualsiasi tentativo di dare un senso a ciò che gli sta accadendo. In questo racconto l’aspetto psicologico è già ben evidente nella sua drammaticità, ma esplora la fase precedente a quella attraversata dal protagonista di Morire dentro. Qui il fenomeno ha gli stessi effetti ma una causa molto evidente. Sono i passeggeri a sconvolgere l’io dei loro ospiti, a spargerne la coscienza in vari piccoli frammenti. La storia, allora, si snoda attorno alla ricerca di se stessi più che sull’analisi delle diverse fasi della rassegnazione. A differenza del romanzo, è la realtà esteriore a scompaginare il mondo interiore. La violazione del proprio corpo, infatti, conduce alla perdita dell’io e di se stessi. E dunque essa diventa automaticamente una sorta di riflesso interiore, più che un qualcosa di reale. Certo alla fine è il mondo ad apparire come frammentato in una serie di elementi caotici, mero disordine esteriore, nient’altro che lo specchio della propria condizione. La ricerca di un proprio ordine è, allora, anche ricerca di sé e l’avventura si sposta dal mondo futuro alla propria frammentata coscienza. Questo l’intreccio alla base del racconto, una fantascienza che assume i toni dell’esistenziale e tende verso le avanguardie letterarie del Novecento. Una fantascienza che guarda, così, oltre i propri stessi stilemi e tematiche e si emancipa in parte dai suoi modelli tradizionali. Eppure, al contempo, ancora saldamente ancorata alla tradizione: una storia che si regge su un possibile sviluppo tecnologico di un possibile futuro. Anche il tema del viaggio interstellare attraverso la mente, il trasferimento della sola coscienza su altri corpi estranei che si trovano su mondi lontanissimi, fa assolutamente parte della fantascienza più tradizionale. Se ne era già servito addirittura Jack London ne Il vagabondo delle stelle, romanzo del 1915 in cui si narrano i “viaggi” di un detenuto nella cella d’isolamento del carcere di San Quentin. Darrell Standing, detenuto in attesa di condanna a morte per omicidio, riesce ad evadere dal proprio corpo e reincarnarsi in altri corpi appartenenti a epoche e luoghi lontani. Qualcosa di simile accadeva anche al famoso John Carter nel primo volume del fortunato ciclo di Marte di Edgar Rice Burroghs, Una principessa marziana(1911). Stavolta, però, John Carter riusciva a “traslare” su Marte insieme al suo corpo, per puro desiderio di evasione dalla Terra e dal dolore causato dalla perdita della sua famiglia. Esempio di certo più calzante è dato da due fra i più noti classici della fantascienza più tradizionale. Nel primo volume del ciclo dedicato a I sovrani delle stelle (1949, con un seguito del 1971) Edmond Hamilton adotta lo stesso espediente, facendo incarnare il protagonista terrestre nel corpo del principe di un mondo lontanissimo interi parsec. Lo scambio mentale, causato da un esperimento, produrrà una serie di peripezie e disavventure. Più complesso ed evoluto, ma certo nel solco della tradizione anni cinquanta, è il caso di Clifford Simack. Nel romanzo Pescatore di stelle (1961) si immagina un futuro in cui l’esplorazione delle stelle è affidata a un gruppo di scelti telepati, capaci di proiettare la propria mente nelle sonde robotiche sparse per il cosmo. L’innovazione di Silverberg, dunque, si innesta su un solco antico e già ampiamente percorso da altri maestri prima di lui. Proprio questo ci permette di comprenderne meglio la peculiarità.