Profilo di Humbert Read (prima puntata), a cura di Umberto Rossi

Non conoscete Humbert Read? Non avete mai sentito parlare di questo misconosciuto scrittore  dei vecchi pulps? Non abbiate paura: ci pensa l’esimio prof. Umberto Rossi a raccontarvi, con la solita precisione e dovizia di particolari (e un pizzico d’ironia), la vicenda di un classico autore dei tempi di “Amazing Stories” e “Marvel Science Fiction”.

Ricordo ancora la prima volta che Sandro Pergameno mi parlò di Humbert Read. All’inizio credevo mi stesse prendendo in giro, poi mi fece vedere quei pulp novel risalenti alla metà degli anni Cinquanta, acquistati a caro prezzo su Ebay da un collezionista californiano (e due colombiani), per una cifra che per poco mi fece cadere dalla poltrona.

“Sandro” gli dissi, “ma tutti questi soldi?”

“Evabbè ma è un investimento. Pensa che Slave of the Kzur l’ho comprato a quattromila dollari e ora se voglio lo rivendo a ottomila!”

Dopodiché cominciò a raccontarmi quel che sapeva lui di Read, e così fu che mi appassionai alla vita e alle opere di uno degli autori di fantascienza meno conosciuti ma sicuramente più curiosi che memoria di fantascientista ricordi. Feci le mie ricerche, mandai decine di email a studiosi e collezionisti e appassionati di tutti i continenti, tampinai illustri accademici a convegni e conferenze, entrai in gruppi FB dai nomi che ho paura a riportare, scrissi anche qualche lettera spedita per posta ordinaria e prioritaria, insomma, di tutto di più. La storia di Read e dei suoi romanzi e racconti ne usciva ancora più strana e ingarbugliata. Cominciai a trovare accenni alle sue opere un po’ qua e un po’ là; in una lettera di Philip K. Dick, in un’introduzione di Damon Knight, in un saggio giovanile di Fredric Jameson, in un commento su FB di Roger Luckhurst, in un tweet di China Miéville, in uno sfogo di Sergio Fanucci, un un momento di disperazione di Monicelli, in una chiacchiera all’osteria di Fruttero senza Lucentini. Sembrava che tanti avessero avuto a che fare con Read, ma non fossero particolarmente disposti a parlarne. C’era una certa reticenza, un certo dire-e-non-dire. Read, si capiva, era un argomento imbarazzante e anche un po’ inquietante. E comunque nessuno ne sapeva veramente tutto, o abbastanza.

Trovavo solo frammenti, tessere di un puzzle di cui mancavano troppi pezzi.
Vi propongo insomma quel che sono riuscito a trovare. Spero che questo spinga altri studiosi e appassionati a continuare a cercare. Forse un giorno capiremo chi (o cosa) era veramente Humbert Read. Ma non so se crederci; giudicate voi.

Cominciamo allora dall’inizio, e cioè dal 1910, anno in cui Humbert Theophilus Sebastian Read nasce in una piccola città del Midwest, Lytoria, nello stato dell’Ohio. Nasce, pare, da una famiglia piuttosto ordinaria, il padre Julian impiegato in un saponificio, la madre Sylviana casalinga. Non fa notizia, o meglio non faceva allora, il numero di fratelli e sorelle (circa otto, ma non c’è accordo tra le fonti). Sicuramente il fratello maggiore Hugo parte per la guerra nel 1917 e muore dalle parti di Belleau Wood, tra una trincea e un cratere di granata. La notizia è talmente tragica per il padre che ci rimane secco per un infarto. Ecco dunque che a sette anni il piccolo Humbert si ritrova orfano, e la famiglia passa un brutto periodo di ristrettezze. In un piccolo scritto autobiografico Read dice che si mette a fare vari lavoretti per aiutare la madre e le sorelle e i vari fratelli, tra cui pescivendolo, apprendista falegname, gelataio, maschera in un cinema nonché giornalaio. Sono gli ultimi due lavori che ci interessano: è in un cinema di Pomona, in California (dove la famiglia si era trasferita nel 1920 per via dei reumatismi di cui soffriva la madre) che Humbert vede Viaggio nella luna di Meliés; ed è lavorando come giornalaio che scopre Modern Electrics, la rivista di Hugo Gernsback, che inizia a leggere con entusiasmo. Racconta lo stesso Humbert nell’introduzione al suo racconto “The Radio Terror”:

Il padrone del drugstore dove lavoravo aveva una collezione di Modern Electrics e The Electrical Experimenter e Science and Invention. Il che era piuttosto curioso, dato che non possedeva una radio. Comunque fu leggendo quella rivista e i numeri arretrati che mi prestava lui che mi appassionai alla fantascienza. E poi Gernsback si chiamava come mio fratello. Non sono cose che si prendono alla leggera.

Nel frattempo Sylviana Read ha avviato una fiorente attività come chiromante, cartomante, fattucchiera e paragnosta, aiutata dalle figlie gemelle Megan e Nagem (Julian aveva strane idee sui nomi, dato che tutti i figli maschi avevano un nome che iniziava per H). Erano i ruggenti anni venti, e nella California meridionale l’esoterismo andava forte, così forte che Humbert smette di fare tutti i lavori che capita e comincia a passare il tempo a leggere riviste di fantascienza, andare al cinema cogli amici (non molti, pare), e partecipare occasionalmente alle sedute spiritiche di sua madre, alle quali prendevano parte occasionalmente gente del cinema, come Tom Mix, Mary Pickford e Charlie Chaplin (ma la partecipazione di quest’ultimo è dubbia, in quanto l’unica testimonianza in merito è di Nagem Read che pare soffra di una leggera forma di Alzheimer precoce; tanto per dirne una, è convinta di essere figlia di Walt Disney). E qui abbiamo il primo mistero nella vicenda di Read: nel marzo del 1929 il giovane scioperato sparisce per circa due settimane, al punto che la madre segnala la sua scomparsa alla polizia. Esiste una registrazione del programma radiofonico Who saw him?, all’epoca molto popolare, nel quale Sylviana chiede notizie del figlio, ma si direbbe senza particolare apprensione. Qualche trafiletto esce sui giornali, poi Humbert viene trovato in stato confusionale nel deserto del Mojave da un camionista di origine sicula, tale Vincent Cammalleri, che dopo averlo dissetato lo accompagna al più vicino commissariato, anzi, siamo in America, all’ufficio dello sceriffo.

Per una settimana, a detta dei fratelli Herbert e Huey, Humbert farnetica in una lingua sconosciuta; a tratti torna a usare l’inglese, dicendo di essere stato rapito dagli alieni; ogni tanto dice frasi in spagnolo, italiano, russo, rumeno e serbo-croato, e nel sonno non di rado implora un misterioso “Great Pergamon”, implorandolo di risparmiarlo.

Pian piano però Humbert ritrova la lucidità, anche grazie alle cure di uno psicanalista ungherese segnalato alla madre da una delle star di Hollywood sue clienti (chi dice sia stato Rodolfo Valentino, chi Stan Laurel, la questione è aperta), il dottor Isztvan Sákiniy. Tutto sembrerebbe tornato alla normalità, quando sulla famiglia piomba come un’incudine la crisi di Wall Street. I Read sono rovinati, anche perché, consigliata dallo spirito di Adam Smith (evocato durante una seduta) Sylviana ha investito tutti i risparmi nelle azioni di una fabbrica di frigoriferi islandese, la Mikill mörgæs, poi risultata praticamente inesistente.

A questo punto c’è uno dei tanti buchi della vicenda. Per qualche anno si perdono le tracce non solo di Herbert, ma anche del resto della sua famiglia. Sylviana riappare intorno alla metà degli anni Trenta a New Orleans, dove si fa chiamare Madame Samedi e pratica il vudù; le gemelle Megan e Nagem incidono alcuni dischi di blues tra il 1934 e il 1936 e poi diventano coriste in un’orchestra jazz, per essere poi espulse quando gli altri musicisti scoprono che non sono di colore ma solo marronate col Nugget; riappaiono in seguito in raduni del Ku Klux Klan. Ma solo nel 1941 si hanno notizie di Humbert Read.

Nei giorni successivi all’attacco a Pearl Harbor il suo nome compare infatti nella lista dei marinai americani caduti. Stranamente viene dato come proveniente da Lucca. Che si tratti di lui comunque non ci sono dubbi; lo dichiara lui stesso in un breve testo autobiografico aggiunto in appendice a una sua raccolta di racconti, Flying Saucers Will Never Land in Pearl Harbor:

…ho preso parte anch’io alla guerra, come altri scrittori di fantascienza; mi ero arruolato nel 1940 ed ero effettivo sulla corazzata Arizona, tanto che quando esplose mi diedero per morto. In realtà il giorno prima ero andato in licenza e non mi trovavo a bordo quando arrivarono gli aerei giapponesi; quasi tutti i miei compagni morirono nell’esplosione

C’è qualche dubbio sulla versione di Read; qualche superstite dell’Arizona sostiene che Read era in gattabuia per una rissa a Honolulu. Comunque sia, il futuro scrittore sopravvisse al disastro e anche ai successivi quattro anni di guerra, per quanto non sia stato possibile ricostruire il resto del suo servizio militare.

Di certo c’è solo che nel 1943 John W. Campbell, direttore di Astounding, ricevette un dattiloscritto piuttosto spiegazzato in una busta gialla; si trattava del primissimo racconto scritto da Read, “The Threat of the Great Pergamon”. Campbell non dovette esserne molto entusiasta, se Isaac Asimov ricorda di averlo visto spuntare dal suo cestino della carta straccia. Asimov fu incuriosito dalla quantità di timbri postali sulla busta, tanto che la prese e li esaminò. Il plico pareva aver fatto mezzo giro del mondo prima di essere recapitato alla redazione della rivista, e Asimov lo fece notare a Campbell. “E già,” notò lui, “peccato che il contenuto sia spazzatura”.

Read stesso ammise, in una conversazione con Ron Hubbard ai tempi dell’interesse del primo nella dianetica, che i suoi inizi come autore erano stati difficili. Gli ci vollero tre anni per essere finalmente accettato da Planet Stories, col racconto “Sacknussem’s Experiment”. Si tratta di una storia vagamente orrorifica, in cui il farmacista di una sonnacchiosa cittadina del Midwest propina agli ignari abitanti un farmaco che li rende proni ai voleri di invasori alieni. Qualcuno ha già notato che il racconto pare anticipare il romanzo The Body Snatchers di Jack Finney da cui è stato tratto il celeberrimo film di Don Siegel L’invasione degli ultracorpi, ma chi lo ha fatto notare a Finney ha rimediato di solito un cazzottone sul naso.

Segue una serie di racconti pubblicati su altre riviste, ma mai quelle dirette da Campbell. Read comincia a frequentare le conventions, ed è in una di queste, la sesta World Science Fiction Convention, che si tenne a Toronto, in Canada, nel 1948 che Read ebbe occasione di conversare con Bob Tucker (alias Wilson Tucker). Lo scrittore dichiarò in seguito a Damon Knight, che stava redigendo un profilo di Humbert Read:

…a me sinceramente è sembrato un gran pallonaro. Insomma, diceva che era stato rapito dagli alieni, che era sopravvissuto all’affondamento dell’Arizona a Pearl Harbor, che poi era entrato nei servizi segreti e aveva svolto missioni in Birmania, in Corea e in Cina, che scriveva sceneggiature per la Metro-Goldwyn-Meyer e che per lui la fantascienza era solo un hobby. Poi mi ha detto che, anche se era tornato alla vita civile, ogni tanto la CIA lo chiamava per qualche missione o per addestrare gli agenti che dovevano operare nell’Estremo Oriente. Diceva di sapere il cinese, il coreano e il giapponese, ma insomma, siamo andati in un ristorante cinese una sera e lui s’è ostinato a parlare col cameriere in quello che per lui era cinese e il cameriere mica lo capiva. Poi Read ha detto che quello era di una zona arretrata della Cina e non capiva il cinese mandarino. Sarà. Il cameriere, mentre andavamo via, mi si è avvicinato e mi ha detto: “Tuo amico matto”.

Dopo l’apparizione di Read alla convention di Toronto, abbiamo un nuovo buco nero nella sua biografia. Knight sostiene che lo scrittore aveva avuto un contratto di insegnamento in un’università dell’Alaska, ma non si sono mai trovate tracce negli archivi dei college di quello stato. Philip K. Dick sostiene che Read all’epoca si faceva spedire dischi di musica country nel Nevada dal negozio dove Phil lavorava come commesso, ma insomma si sa come sono le sue lettere, vatti a fidare. Isaac Asimov sostiene di aver trovato una mattina d’estate Read che dormiva su una panchina di Central Park coperto con dei giornali, ma non ci metteva la mano sul fuoco. Appare in una foto scattata a Bogotà da un reporter americano nel 1950; un articolo di Le Monde del 1949 parla di H. Read, écrivain americain a Parigi, che incontra Sartre e Bataille. Addirittura una foto pubblicata sulla Pravda nello stesso anno mostra un uomo somigliante in modo impressionante a Read che assiste alla parata del 1° maggio sulla Piazza Rossa. Coincidenze?

Di certo tra il 1948 e il 1951 non escono suoi racconti su nessuna rivista di fantascienza, però Read in un’intervista raccontò che in quel periodo scriveva sotto pseudonimo perché convinto di essere stato messo sulla lista nera per le sue idee politiche. Fredric Jameson mi ha scritto in proposito che questa dichiarazione non lo convince molto perché non gli risulta che Read avesse alcuna idea politica, anche vaga e confusa.

Se la produzione di questo periodo viene pubblicata sotto un altro nome, quale sarà stato? Diversi storici della fantascienza se lo sono chiesto. Il parere di C.L. Moore:

Mi verrebbe da dire che le cose di Read erano pubblicate sotto lo pseudonimo “L. Ron Hubbard”, se non sapessi che Hubbard esisteva e come. Purtroppo. E poi, siamo onesti: anche Hubbard scriveva meglio di Read.

Il nostro riappare, dopo questo lungo silenzio, nel 1951, con la pubblicazione di un romanzo a puntate su Marvel Science Stories, una rivista che aveva interrotto le pubblicazioni nel 1941 ma che era stata risuscitata nel 1950. Il romanzo uscì in tre parti, dal numero di maggio a quello di novembre. Il fatto che Marvel Science Stories chiudesse i battenti l’anno dopo la dice lunga sul successo di Attack of the Kzur. Alla decima Worldcon, che si tenne a Chicago, il romanzo di Read vinse il premio come “trashiest sf novel”. Hugo Gernsback, l’ospite d’onore della convention, dichiarò che se la gente snobbava la fantascienza, lo si doveva proprio a romanzi come Attack of the Kzur; e queste parole vennero accolte da una standing ovation.

Eppure, quello era l’inizio di una incredibile carriera nel folle mondo dei pulp magazine.

(continua)