Rejoice, di Steven Erikson

“La luce è arrivata di colpo”, spiegò Rick Shultz. “Eravamo proprio fuori dal negozio, io, Jack e Naadi. A caricare quella robaccia sul retro del camioncino. Cazzo, la luce è piombata giù da quel cazzo di UFO e bum! La donna è scomparsa. Poi l’astronave si è come ripiegata su se stessa ed è svanita”.

(trad. di Paolo Maggi)

 

Quarta di copertina:

Un’intelligenza artificiale aliena è stata inviata nel sistema solare come rappresentante di tre specie avanzate. La sua missione è salvare l’ecosistema della Terra, la cui più grande minaccia è costituita dall’umanità stessa. Ma gli uomini fanno comunque parte del sistema, pertanto, l’intelligenza dovrà fare una scelta. Dare un’altra chance all’umanità o cancellarla definitivamente? Vale la pena di salvarla? Una riflessione sul destino dell’umanità e del nostro pianeta. La visione del futuro di uno scrittore visionario tornato alle origini.

 

Essendomi appassionato all’imponente ciclo fantasy di Malazan, il sottoscritto si è avvicinato con molta curiosità a Rejoice, romanzo di fantascienza “pura” che Steven Erikson ha pubblicato nel 2018.

Fortunatamente, le mie aspettative non sono state disattese, anzi: i pregi dell’autore canadese li ho ritrovati in questo libro e i difetti, in primis una tendenza alla prolissità, mi sono apparsi più sfumati. Erikson è soprattutto abile a gestire un gran numero di personaggi senza mai perdere il filo della narrazione e anche in questo caso non si smentisce, scegliendo protagonisti da ogni angolo del pianeta. L’elemento centrale della trama è un topos della letteratura fantascientifica, ovvero il primo contatto con una civiltà aliena che, grazie alla sua superiorità tecnologica, impone la fine di ogni violenza e di ogni scempio ecologico. Il confronto con il classico Le guide del tramonto (Childhood’s End, 1953) di Arthur C. Clarke è inevitabile. Ma Erikson, come nel genere fantasy, non teme di partire da situazioni e temi già conosciuti per spingersi, portandosi dietro il lettore, in territori inesplorati, sorprendenti e, in questo caso, ricchi di quel sense of wonder che spesso latita nella produzione di fantascienza degli ultimi decenni.

Fortemente ambientalista e a tratti utopistico nelle sue costruzioni visionarie, Rejoice introduce un universo complesso, ricco di spunti e suggestioni intriganti che, sorprendentemente, non ha ancora dato vita a una serie. In realtà, il romanzo è un perfetto standalone con il suo intreccio di storie, le speculazioni filosofiche e sociali tipiche dell’autore, i colpi di scena e i tanti protagonisti tra i quali spiccano gli scrittori di fantascienza (con un “cameo” di Robert J. Saywer, anche lui canadese come Erikson e Samantha August, figura centrale nella trama) in una folla di piccoli e grandi personaggi. E quelli che si rilevano assolutamente inadatti ad affrontare la situazione straordinaria che travolge la civiltà umana – aprendole nuovi, immensi scenari – sono proprio i potenti della Terra, facilmente riconoscibili per l’ottusità e per l’attaccamento a una forma di potere ormai morente.

Chi conosce la peculiare scrittura di Erikson non rimarrà sorpreso dalla gran mole di cose non dette e lasciate all’immaginazione del lettore, dai lunghi periodi di riflessione e dalle improvvise accelerazioni nella trama. Ne emerge un romanzo non facile ma dalla lettura appagante che, a causa del background dello scrittore canadese, non ha ricevuto probabilmente la giusta attenzione da parte del pubblico appassionato di fantascienza.

 

Steven ERIKSON, REJOICE. UNA STORIA DEL PRIMO CONTATTO (Rejoice, 2018), trad. di Paolo Maggi, Armenia Editore, 500 pp., 2019, prezzo di copertina 18,00 €.