Tanith Lee, la figlia della notte

Ogni volta che s’inizia a leggere un romanzo o un racconto di Tanith Lee si viene proiettati in mondi colorati, esotici, che possono includere altri pianeti, reami fantastici al di là del tempo e dello spazio, oppure versioni alternative dell’antica Grecia o di città come Parigi e Venezia. Tutte queste creazioni fanno da sfondo a drammi psicologici intensi, laceranti e spesso dall’esito drammatico.

Tanith Lee, nata a Londra il 9 settembre del 1947 da una coppia di ballerini professionisti, è un’eclettica e geniale scrittrice che si è cimentata, e continua tuttora, con fantasy, fantascienza, horror, letteratura per ragazzi e altro ancora, poesia inclusa. Autrice di circa un centinaio fra romanzi e antologie, ha scritto anche per radio, teatro e televisione, fra cui sceneggiature per le serie di fantascienza Blake’s 7e The Hunger, molto popolari nel Regno Unito.

Cresciuta con un’educazione umanistica disordinata e caotica ma estremamente varia, come affermato più volte dalla stessa Lee, e dopo alcune esperienze lavorative di tutt’altro genere, debutta in letteratura nel 1968 con il racconto Eustace, uno scritto di appena novanta parole pubblicato nell’antologia The Ninth Pan Book of Horror Stories. Sempre nel 1968, un amico le pubblica con propri mezzi il racconto The Betrothed. Si narra che ne furono stampate appena sei copie, una delle quali venne poi spedita al British Museum per essere inserita nel General Catalogue of Printed Books, con grande meraviglia dei futuri fan e collezionisti delle sue opere.

Il suo primo romanzo vero e proprio è The Dragon Hoard, un fantasy per ragazzi con venature comiche pubblicato nel 1971. Da quell’anno la Lee non si è data un attimo di pausa.

La sua carriera decolla nel 1975, con la pubblicazione da parte dell’americana Daw Books del romanzo The Birthgrave (Nata dal vulcano) con il quale l’autrice si allontana, momentaneamente, dalla letteratura per ragazzi. Storia coinvolgente questa di The Birthgrave – ricca di magia, combattimenti, civiltà estinte e popoli strani – nel corso della quale la protagonista (albina) si risveglia da un letargo secolare nel cuore di un vulcano, priva di ricordi e identità. Inizia così per lei una lunga, estenuante e pericolosa ricerca del proprio nome e delle proprie radici. Sebbene l’impronta del genere fantasy sia dominante, nel finale compare l’elemento fantascientifico: viaggiatori provenienti dalla Terra prelevano l’eroina e la portano sulla propria astronave, dove molti misteri vengono svelati e molte domande hanno finalmente una risposta razionale.

Non meno avvincenti e coraggiosi, al punto di affrontare il non facile tema dell’amore incestuoso fra madre e figlio, senza cadute di tono o volgarità, saranno i seguiti di questo capolavoro: Vazkor, Son of Vazkor e Quest for the White Witch (entrambi del 1978), riuniti in Italia nel volume 154 della collana Cosmo Oro Vazkor figlio di Vazkor.

Di quegli anni è anche il primo volume della trilogia puramente fantasy delle “Guerre di Vis”, The Storm Lord (1977, Il Signore delle tempeste), libro dal forte impatto emotivo e alquanto inusuale per l’epoca, in cui le azioni dei protagonisti sono determinate da incontrollabili pulsioni sessuali.

La serialità diverrà una delle caratteristiche dell’autrice. La longeva e ambiziosa saga della Terra Piatta – Tales from the Flat Earth, di cui Night’s Master (1978, Il Signore della Notte), Death’s Master(1979, Il Signore della Morte) e Delusion’s Master (1981, Il Signore delle Illusioni) sono i capitoli più conosciuti – merita una menzione speciale per temi toccati, ampiezza di respiro e vena di erotismo, tanto da essere paragonata da Ugo Malaguti alle Mille e Una Notte e al Decamerone. Nel 2009 la Lee ha aggiunto un nuovo episodio alla seria con il racconto Our Lady of Scarlet. Protagonisti principali di queste storie della Terra Piatta, a volte bizzarre ma sempre originali, sono una genia di demoni, fra i quali spicca il bello e tenebroso Azhrarn, il Signore della Notte. Costui, nonostante i comportamenti vanitosi e crudeli che non disprezzano l’inganno e lo stupro a danno di uomini e donne, non esita a salvare il genere umano intervenendo al posto di divinità, remote e indifferenti. Senza gli esseri mortali la sua esistenza perderebbe ogni attrattiva. A fare da contraltare e alter ego di Azhrarn si erge il demone Ulhume, tragico e inconsolabile Signore della Morte.

Grazie a Death’s Master, la Lee nel 1980 è la prima donna ad aggiudicarsi il British Fantasy Award. Seguiranno altri riconoscimenti, sebbene non tanti quanti ne avrebbe meritato per l’alta qualità dei suoi lavori: nel 1983 vince il suo primo World Fantasy Award con il racconto dalle atmosfere fantasy-mitologiche The Gorgon (pubblicato in Italia nell’antologia I tesori della Fantasy, a cura di Sandro Pergameno, Fanucci 2000); nel 1984 raddoppia con il racconto Elle Est Trois (La Mort). Del 2009 invece è la nomina a Grand Master of the World Horror Convention, onorificenza già vinta in passato da scrittori del calibro di Robert Bloch, Stephen King, Richard Matheson, Anna Rice, Dean Koontz, Ray Bradbury e Joe R. Lansdale.

Anche il genere della fantascienza pura è stato visitato dalla scrittrice inglese, a partire dal rutilante dittico Four-BEE che include Don’t Bite the Sun(1976, Non mordere il sole) e Drinking Sapphire Wine (1977, Vino di zaffiro), che anticipa molti elementi del successivo cyberpunk: in un mondo del futuro remoto, i cittadini sono liberi di cambiare il proprio aspetto, sesso incluso, e godono una vita spensierata, votata all’appagamento dei sensi, ma in realtà sono prigionieri dell’ambiente artificiale che li circonda e li protegge.

Meritevole di segnalazione è anche Day by Night(1980, Il pianeta dell’eterna notte), il cui esotismo fiabesco fa venire in mente il miglior Jack Vance (1916-2013), mentre il tema classico dell’invasione aliena si ritrova in Days of Grass (1985, I giorni del crepuscolo).

A detta di molti appassionati e critici, il culmine della sua produzione propriamente fantascientifica è raggiunto con The Silver Metal Lover (1985, Storia di un amore d’argento), riproposizione della più famosa storia d’amore al mondo, fra una giovane e viziata Giulietta e un Romeo androide in una Londra distopica.

Accostata spesso a Marion Zimmer Bradley (1930-1999), la Lee si discosta dalla scrittrice americana per una maggior propensione all’horror, per le atmosfere tenebrose e talvolta grottesche, nonché per uno stile che, con il passare degli anni, si è fatto sempre più elaborato e barocco, con punte di sofisticato lirismo. Se si vogliono trovare delle influenze nel campo del genere fantasy vanno ricercate soprattutto nei racconti della Terra Morente di Jack Vance e della coppia Fafhrd e Gray Mouser di Fritz Leiber (1910-1992). Indubbiamente ispirate alle gesta degli eroi leiberiani sono le splendide avventure di Cyrion (1982, Cyrion), uno spadaccino che sa unire alla forza e ai muscoli acume e intelletto.

Nelle opere della Lee uno dei temi ricorrenti è il rito di passaggio, attraverso il quale un giovane personaggio, prevalentemente femminile, scopre la propria natura straordinaria, non senza una metamorfosi lenta e dolorosa, e cerca un difficile equilibrio sia interiore sia con il mondo circostante. Emblematico in questo senso il caso della vampira protagonista di Sabella (1980, La pietra di sangue o La vampira di Marte).

Altra caratteristica fondamentale è la sostanziale indifferenza verso un epilogo moraleggiante, tipico di buona parte della letteratura fantasy specie americana, ovvero con il Bene trionfante sul Male. Nelle sue storie i personaggi, buoni o cattivi, tendono a finire in una posizione di difficile valutazione, dove al bianco e al nero manicheo prevale un grigio ricco di sfumature ambigue.

Tanith Lee è un’autrice che riserva nelle sue opere continue, piacevoli sorprese, ancora oggi, dopo quaranta anni d’ininterrotta carriera. Un’autrice che si distingue per la capacità di essere se stessa e al tempo stesso di essere diversa a seconda delle trame che sceglie e dei mondi dove sceglie di ambientare le vicende che ci narra. E’ un peccato che solo una minima parte della sua produzione sia stata tradotta in italiano – nulla posteriore a Dark Dance (1994, Danza Macabra) – e manchino all’appello romanzi che miscelano magistralmente fantasy, mitologia, horror e romance come Heroine of the Worlds (1989), Elephantasm (1993) o Mortal Suns (2003).

Links:

http://www.daughterofthenight.com/(con bibliografia completa e aggiornata dell’autrice)

http://www.fantascienza.com/catalogo/autori/NILF13128/tanith-lee/ (romanzi e racconti pubblicati in Italia)