Terra bruciata, di J. G. Ballard

Noto anche come The Drought, Terra bruciata (The Burning World, 1964) è uno dei primi capolavori di James Graham Ballard (1930-2009), autore britannico ormai di fama mondiale e le cui opere sono state osannate anche dai critici mainstream e al di fuori del genere fantascientifico.Come osserva giustamente Antonello Perego, Terra bruciata (apparso per la prima volta su Urania più di quaranta anni fa) rappresenta il terzo capitolo di una ideale tetralogia dedicata da Ballard agli “elementi” come causa di catastrofi naturali. Dopo Il vento dal nulla (The Wind from Nowhere, 1961), incentrato sulla violenza dell’aria,  e Deserto d’acqua (The Drowned world, 1962), in  cui si ipotizza lo scioglimento delle calotte polari e l’inabissamento dell’Europa nella acque oceaniche, e prima di Foresta di cristallo (The Crystal World, 1966), viene infatti questo cupo ritratto di un mondo morente e desertificato.

Terra bruciata è il terzo libro in ordine di pubblicazione dell’autore nonché il terzo romanzo della tetralogia degli elementi; romanzi incentrati su catastrofi legate agli elementi naturali, terra, aria, fuoco e acqua. Questo romanzo in particolare, riguarda appunto il fuoco.

Una siccità globale flagella il mondo. L’autore non perde molto tempo a spiegare in dettaglio le cause: in  pochi paragrafi ci descrive con grande abilità un mondo ove gli oceani sono ricoperti da uno strato di polimeri oleosi causato dagli scarichi industriali e petroliferi che non permette l’evaporazione dell’acqua e quindi nemmeno la formazione delle nuvole e delle pioggie. Si tratta dunque di un tema molto attuale, nonostante il romanzo sia stato pubblicato nel lontanissimo 1964.

Come abbiamo accennato, siamo di fronte a un romanzo catastrofico, ma a differenza di molti romanzi e film del genere Ballard concentra il suo interesse sulle vicende di pochi protagonisti e di come interagiscono tra di loro e col duro contesto che devono affrontare. Gli effetti della siccità, i panorami di dune e sale, il fiume asciutto e la terra rugosa e frammentata, le barche reclinate e rugginose, le auto in fila, una dietro l’altra. Ballard riesce benissimo a esporre questi panorami di una terra desertificata con i sopravvissuti che faticosamente arrancano, sporchi, stanchi e soprattutto assetati.

Il romanzo si svolge principalmente in un paesino sulle rive di un lago, Larchmont. Il protagonista, Charles Ransom, è un medico. Ransom osserva quotidianamente gli effetti della siccità, il fiume che si riduce giorno dopo giorno, l’acqua che scarseggia e il lento esodo degli abitanti verso la costa, e la tenacia forse cieca degli irriducibili che vogliono comunque rimanere. Il protagonista alla fine, insieme a pochi altri, decide di raggiungere la costa.
Personalmente, ho apprezzato la descrizione del viaggio che viene intrapreso per raggiungere la costa, con le scorte di acqua che scarseggiano, le tappe dove passare la notte. Raggiunta la costa il gruppo si separa, e Charles Ransom si ritrova a fare il ladro d’acqua, togliendola a chi cerca di strapparla al mare. La vita per tutti i sopravvissuti sulla costa è ardua, piena di stenti e i disordini sono all’ordine del giorno. Dopo dieci anni la vista di un leone  fa decidere a Ransom di tornare a Larchmont: una volta resa nota questa decisione, anche gli altri appartenenti al gruppo decidono di aggregarsi a Ransom in questo viaggio disperato, senza speranza. E a Larchmont infatti ritroveranno le persone che erano rimaste,  ma ormai devastate nella mente dall’isolamento e dalla pazzia.

Un romanzo che mette sete. Non basta la carenza di acqua; ci si mettela  sabbia a intasare tutto quanto, a rovinarti la pelle e ad assorbire la poca acqua strappata al mare, e come se non bastasse c’è anche il sale, estratto dai desalinizzatori; a tonnellate, che si secca e si indurisce, e il cielo terso col sole a picco. I pesci messi a seccare e null’altro da mangiare, scheletri di animali e non solo corrosi dal sale o sommersi dalla sabbia. Una storia incastrata a matrioska, con i due viaggi che iniziano e concludono la vicenda.

James G. Ballard, Terra Bruciata (The Burning world, 1966), trad. di Maria Benedetta De Castiglione. Urania, 417, 788, Oscar Fantascienza 73 – 176pp., 1966.