UCZ #128 – Storie marziane, di Leigh Brackett

Arne Saknussemm ci parla dell’ultimo Urania Collezione, il numero di settembre che Giuseppe Lippi ha voluto dedicare alle splendide e romantiche storie marziane di Leigh Brackett, continuando quella meritoria opera di riproposta del ciclo marziano che aveva iniziato con I canali di Marte (nei Classici di Urania).L’amico Arne (di cui, prima o poi, scopriremo il vero nome..) coglie nella sua interessante recensione l’essenza di questo volumetto e della sua autrice.

SP

 

Urania Collezione #128, Settembre 2013

Mondadori Editore

“Storie Marziane” (The Coming of Terrans, 1967)
Autore: Leigh Brackett
Traduzione: Gianni Montanari
Copertina: Franco Brambilla

C’è un genere di fantascienza che gli specialisti chiamano planetary romance, e che si svolge su pianeti esotici ideali per ambientare magnifiche avventure. Al genere appartiene, per esempio, il ciclo di Tschai del compianto Jack Vance, ma la sua rappresentante più nota è Leigh Brackett, che dieci anni dopo aver raccolto in volume queste Storie marziane avrebbe scritto la sceneggiatura del secondo capitolo di Star Wars, L’impero colpisce ancora. Brackett ci trasporta su un Marte favoloso come i più lontani pianeti della galassia, forse improbabile eppure necessario. Risalenti all’epoca d’oro delle riviste americane, i capitoli di questa odissea a episodi possono fare concorrenza alle celebri Cronache di Ray Bradbury, ma i loro eroi ed eroine hanno una passione per l’azione e il pericolo che è seconda solo al loro amore per un mondo perduto. (dalla Quarta di Copertina)

The Coming of the Terrans” è una antologia uscita nel 1967 che raccoglie 5 storie scritte tra il 1949 ed il 1963, tutte appartenenti al famoso “Ciclo Marziano” della Brackett, ma che si possono benissimo leggere separatamente dagli altri racconti e romanzi del ciclo.

Di seguito il dettaglio dei racconti contenuti nel volume:
1998: Il giardino degli orrori (The Beast-Jewel of Mars, da “Planet Stories”, novembre 1948)
2016: Bisha (Mars Minus Bisha, da “Planet Stories”, gennaio 1954)
2024: Gli ultimi giorni di Shandakor (The Last Days of Shandakor, da “Planet Stories”, aprile 1952)
2031: La sacerdotessa purpurea (The Purple Priestess of the Mad Moon, da “The Magazine of Fantasy and Science Fiction”, ottobre 1964)
2038: La strada per Sinharat (The Road to Sinharat, da “Amazing Stories”, maggio 1963)

Probabilmente questo “Storie Marziane” è l’ingresso principale al ciclo marziano della Brackett. Il ciclo si divide in realtà in due sottocicli: il sottociclo “Marte” ed il sottociclo “Eric John Stark”, sottociclo composto a sua volta  da storie appartenenti al ciclo marziano e storie ambientate invece su altri mondi e racchiuse nella trilogia di “Skaith”). Dicevamo che queste storie sono un ingresso principale e privileggiato perchè più che narrare delle vicende questi racconti sono come pennellate di un quadro impressionista raffigurante lo sfondo, l’ambiente, e cioè  il Marte di Leigh Brackett.

I racconti narrano di un Marte decadente, nel quale i mari sono divenuti deserti di sabbia rossa, le nobili dinastie marziane sono decadute, riti e tradizioni sono ancora vivi nei marziani ma le conoscenze sono andate perdute durante i lunghissimi secoli di oblio; alcune tecnologie sono ancora in uso ma la scienza che sta alla base di tali meccanismi è qualcosa di assolutamente inafferrabile per gli stessi marziani.

Questo è il Marte che si trovano davanti i primi coloni terricoli.

Se amate i romanzi pieni di azione e di avventura o se nella SF quello che vi attrae è il lato “Hard” e cercate la verosomiglianza, una reale base scientifica sulla quale si innesta una verosimile speculazione …. allora è certo che questa raccolta non fa per voi.

Storie Marziane” richiede una bella dose di sospensione dell’incredulità; il Marte di Leigh Brackett ovviamente non esiste… ma nella premessa a “Storie Marziane” l’autrice afferma di esserci stata: credetele!

In “Storie marziane” si respira l’aria delle favole e si sprofonda in scenari onirici; l’azione ed i personaggi sono secondari e spesso sono solo un pretesto per costruire intorno a loro una meravigliosa coreografia.

La Brackett evoca paesaggi straordinari, in bilico tra il mito ed il sogno, crepuscolari e vividi, le sue visioni sono travolgenti e ti restano impresse, come ti restano impresse le suggestioni e le atmosfere, e tutto ciò attraverso uno stile molto personale e poetico: la Brackett non si dilunga nelle descrizioni, non entra in minuzie e dettagli, ma come dicevo prima le sue sono pennellate decise e rarefatte, segni efficaci e semplici che creano un quadro dalla straordinaria forza evocativa.

Questa opera viene spesso accostata alle “Cronache marziane” di Ray Bradbury, antologia di racconti composti per altro nello stesso periodo di quelli presenti in “Storie Marziane” e che hanno una estetica simile, seppure lo stile di Bradbury sia più barocco e concettualmente abbia una direzione completamente diversa. Tra l’altro Bradbury afferma di essere stato profondamente influenzato dalla Brackett fin dai tempi del racconto scritto dai due a 4 mani, e cioè “Lorelei dalle rosse brume”, del 1946.

Effettivamente entrambi i lavori hanno una forza particolare e sono stati entrambi rivalutati, a distanza di anni, dal movimento “new wave” per la loro potenza immaginifica. Entrambi i lavori sono caratterizzati da uno spiccato sense of wonder.

Storie Marziane” non è assolutamente un’opera di pura evasione: si tratta di racconti che restano dentro e che non si dimenticano perchè parlano alla parte più ancestrale del nostro essere, sussurrano poeticamente di vita e di morte.

Anche se Leigh Brackett non è tra i miei autori preferiti e della stessa autrice preferisco le stupefacenti immagini siderali evocate in “La legge dei Vardda” (The Starmen, 1952), questa antologia è d’obbligo per ogni amante della SF ed è un opera la cui importanza trascende qualsiasi etichetta di sorta.