UCZ #130 – Il lupo dei cieli – I mondi chiusi, di Edmond Hamilton

In una galassia piena di vita e di razze umanoidi, in cui le immense distanze non rappresentano più un limite insormontabile, Morgan Chane e John Dilullo viaggiano inseguendo soldi, gloria ed anche vendetta.

Morgan Chane è un Lupo dei Cieli … bastardo, figlio di Umani ma cresciuto sul terribile pianeta dei Lupi: Varna. Le tremende condizioni del pianeta Varna, in primis la terribile forza di gravità, forgiano il fisico dei Lupi rendendoli fortissimi, resistentissimi, straordinari astronauti, insomma dei superuomini invincibili. I Lupi dei Cieli sono feroci pirati, vivono grazie ai tesori provenienti da ogni angolo della galassia, frutto dei loro saccheggi e delle loro razzie.

John Dilullo è un Mercenario, ed i Mercenari, come astronauti e combattenti, sono secondi solo ai Lupi. I Mercenari sono Terrestri; la Terra è diventato un pianeta poverissimo, quasi sterile e la vita è davvero dura: diventare un Mercenario e prendere la via delle Stelle è l’unica occasione per una vita migliore.

Chane, esiliato dal suo pianeta e bandito dai suoi simili, si unirà all’equipaggio di Dilullo e …

… a questo punto l’amante della classica space-opera ha già l’acquolina in bocca.

Se poi ci mettiamo anche il nome dell’autore, Edmond Hamilton, “mister World-Saver“, l’uomo fatto della stessa materia del Sense of Wonder, il “classico” è servito.

Edmond Hamilton, autore di più di 200 racconti e di poco meno di 50 romanzi, è la quintessenza della space-opera, autore di culto per i lettori di SF di 4 decadi (’30,’40, ’50 e ’60), autore imprescindibile per l’appassionato di SF di oggi.

Ugo Malaguti disse che Edmond Hamilton è “capace di giocare con i mondi e le costellazioni come un bambino gioca con le biglie”: i suoi romanzi hanno un ritmo serrato, sono estremamente avventurosi e sopratutto stupiscono e riempiono di meraviglia. L’avventura spaziale è il fulcro delle sue storie, in cui la scienza ha un ruolo marginale. Hamilton infatti, come Van Vogt, non prova a dare spiegazioni scientifiche (o pseudo-scientifiche), non dice quale meccanismo o principio sta alla base di una certa tecnologia.

Nel 1964 Hamilton fu ospite d’onore della “Pacificon II” ( ovvero la 22nd World Science Fiction Convention), tenutasi a Oakland. Furono premiati personaggi del calibro di Clifford D.Simak, per il suo “Way Station“, e Poul Anderson, per “No Truce with Kings“. La motivazione che portò Hamilton sul palco d’onore fu: “…ha introdotto nella fantascienza il concetto di avventura interstellare, l’idea di un Impero galattico e di una forza di polizia galattica, l’uso dell’oscurità totale come arma, l’impiego di una macchina del tempo per reclutare un esercito del passato …” … e questo potrebbe anche bastare…

Ma il ciclo del Lupo dei Cieli è più di questo.

Una lunga amicizia ed una breve convivenza con Jack Williamson e l’influenza di Leigh Brackett (che Hamilton conobbe nel ’40 e sposò nel ’46) influenzarono profondamente lo stile di Hamilton. La sua scrittura divenne più precisa e arginò il fiume in piena delle sue idee con una maggior ponderatezza. Lo stile divenne più ricercato, sebbene le sue opere mantennero la scorrevolezza, la velocità e l’appeal che lo hanno sempre caratterizzato.

Hamilton portò la space-opera ad un nuovo e più alto livello: i personaggi iniziarono ad avere maggior spessore, cominciò a scavare nell’animo umano per trovare sentimenti, motivazioni, angosce e speranze, portò nella space-opera un pò di quella attenzione all’uomo che caratterizzava la nascente SF sociologica.

L’influenza di Leigh Brackett si nota sopratutto nei passaggi descrittivi adesso più vividi ed impressionistici che mai (alcune “scene siderali” del ciclo del “Lupo dei Cieli” mi ricordano scene analoghe de “La legge dei Vardda” e di altri romanzi di Leigh Brackett).

A mio avviso Hamilton ha scritto le sue opere migliori proprio nel corso di questa sua “seconda vita” artistica; mi riferisco alla cosiddetta “Trilogia delle Stelle” ovvero “La stella della vita“, “Gli Incappucciati d’ombra” e “La spedizione della V Flotta“, o ad “Agonia della Terra“, o a “Ombre sulle Stelle” o al ciclo del Lupo dei Cieli.

 

Il ciclo del Lupo dei Cieli è composto da tre romanzi:

 

–          The Weapon from Beyond (1967), tradotto come “Il lupo dei Cieli” o “Il fuggiasco della Galassia

–          The Closed Worlds(1968), tradotto come “Pianeta Perduto” o “I Mondi Chiusi” (pubblicato sull’Urania Collezione di questo mese in una nuova traduzione)

–          World of the Starwolves (1968), noto come “Le Stelle del Silenzio

 

Nonostante questi tre romanzi siano stati scritti in un arco di tempo di quasi 3 anni, leggendoli si ha l’impressione di vivere un’unica, lunga storia, scritta di getto dal principio alla fine.

E’ quindi un peccato che questo volume di Urania Collezione contenga solo i primi 2 romanzi del ciclo (il terzo sembra che verrà stampato in seguito).

Nel terzo ed ultimo romanzo, infatti, si mette la parola fine alla vicenda iniziata fin dalla prima pagina di “The Weapon from Beyond”: Morgan Chane, alle prese con una misteriosa e sconosciuta razza di esteti-sadici si troverà faccia a faccia con i Ranroi (i Lupi suoi nemici) e tornerà su Varna per la resa dei conti finale.

Certamente questi romanzi, letti oggi, mostrano qualche ingenuità e suonano “vecchi” in certi passaggi ma conservano un fascio particolare e riescono a portare il lettore che ha voglia di sognare lì, tra ammassi gassosi dai più belli colori e galassie perdute. Ci trascinano lontano anni-luce, a fianco di incredibili avventurieri, in una atmosfera satura d’adrenalina per vivere un’incredibile avventura.

Se cercate speculazioni verosimili e riflessioni sui grandi temi dell’esistenza, allora questa è una lettura che non fa assolutamente per voi.

Se sapete sognare e sapete abbandonarvi alla “sospensione della credulità”, allora dovete leggere il ciclo del Lupo dei Cieli.

Non facendolo vi perdereste una gran cosa!!

 

 

P.S. Edmond Hamilton vinse alcuni dei primi premi istituiti nel campo della SF e conferiti in base al voto dei lettori (precursori in qualche modo del premio Hugo).

Nel 1932 una delle prime grandi fanzine di fantascienza, “The Time Traveller” propose ai suoi lettori un sondaggio in seguito al quale il racconto “A Conquest of Two Worlds” (uscito nel febbraio del 1932 su Wonder Stories) di Edmond Hamilton fu premiato come miglior racconto di SF dell’anno.

L’anno successivo vinse la prima (ed unica) edizione del premio intitolato al mio Creatore: il Jules Verne Prize (premio che riprenderà vita in forma totalmente diversa solo nel 1992).

Vinse col racconto “The Island of Unreason” (pubblicato nel Maggio del 1933 su Wonder Stories) che fu decretato “miglior racconto del 1933” dai fans.