UCZ #147 – L’ultima spiaggia, di Nevil Shute

 La guerra atomica è durata solo trentasette giorni, ma sono bastati ad annientare tutto l’emisfero settentrionale e a condannare il resto del pianeta a un’inesorabile estinzione. Il sottomarino Scorpion corre silenzioso nelle profondità del mare, con al comando il capitano Dwight Towers, uomo tutto d’un pezzo che ha visto le sue certezze vacillare e sbriciolarsi assieme alla civiltà. Destinazione l’Australia, ultimo baluardo del genere umano. Insieme agli ultimi sopravvissuti il capitano Towers affronterà l’inevitabile in un romanzo corale dai toni foschi e disillusi: mentre la mortale nube radioattiva si fa sempre più vicina, l’autore orchestra un impeccabile ultimo requiem per l’umanità.
(Dalla quarta di copertina)

Nevil Shute Norway

Nevil Shute Norway (Ealing, 1899 – Melbourne, 1960) è un prolifico autore britannico con all’attivo oltre 25 romanzi.

Il più noto è certamente questo “L’ultima Spiaggia“.

Da “L’Ultima Spiaggia” è stato tratto, nel 1959, un famoso (e bel) film con Gregory Peck, Ava Gardner, Fred Astaire e Anthony Perkins, diretto da Stanley Kramer. Nel 2000 ne è stato fatto un remake a colori per la TV Australiana.

Tra gli altri suoi famosi romanzi ricordiamo “Una città come Alice” (A Town like Alice, 1950), anch’esso adattato per il grande schermo ( “La mia vita comincia in Malesia” del 1956, diretto da Jack Lee), “Scacco matto agli uomini” (The Chequer Board, 1940) e “Viaggio indimenticabile” (The Highway, 1948).

Nevil Shute, oltre che romanziere, fu anche ingegnere aereonautico (specializzato negli Zeppelin) ed ha partecipato ad entrambe le guerre mondiali. Uscito dalla Royal Military Academy , fu assegnato al Reggimento Suffolk col quale partecipò alla Prima Guerra Mondiale; divenuto Ingegnere aereonatico entrò a far parte, per merito, della Royal Aeronautical Society. Durante la seconda Guerra Mondiale partecipò anche allo sbarco in Normandia.

Insoddisfatto e disturbato dai profondi cambiamenti della società inglese, decise di lasciare la madrepatria e nel 1950 si stabilì in Australia,dalle parti di Melbourne. Nel 1954 fu naturalizzato Australiano.


L’Ultima Spiaggia

— Vuole dire che abbiamo bombardato la Russia per errore? — L’idea era così orribile da apparire incredibile.
John Osborne disse: — È vero, Peter. La cosa non è mai stata ammessa pubblicamente, ma è esattissima. La prima è stata la bomba su Napoli. Quella era albanese, naturalmente. Poi c’è stata la bomba su Tel Aviv. Nessuno sa chi l’abbia sganciata, o, in ogni modo, non ne ho sentito parlare. Allora inglesi e americani sono intervenuti con un volo dimostrativo sul Cairo. L’indomani gli egiziani hanno fatto decollare tutti i bombardieri in attività di servizio che avevano a disposizione: sei per Washington e sette per Londra. Su Washington ne è arrivato uno, su Londra due. Dopo di che, erano ben pochi gli uomini di stato americani o inglesi che rimanevano ancora in vita.
Dwight annuì. — I bombardieri erano russi, e ho sentito dire che avevano i contrassegni russi. È una cosa possibilissima.

— Mio Dio! — esclamò l’australiano. — E allora noi abbiamo bombardato la Russia?
— Precisamente questo è accaduto — rispose il capitano scandendo le parole.
John Osborne disse: — Ed è comprensibile. Londra e Washington erano distrutte, rase al suolo. Le decisioni dovevano essere prese dai comandi militari sparpagliati per tutto il Paese, e dovevano essere prese al più presto, prima che arrivasse una nuova scarica di bombe. I rapporti con la Russia erano tesi, dopo la bomba albanese, e quegli aerei erano stati identificati come russi. — Una pausa. — Qualcuno doveva prendere una decisione, naturalmente, e prenderla nel giro di pochi minuti. A Camberra sono adesso del parere che questo qualcuno abbia preso una decisione sbagliata.
— Ma, se si trattava di un errore, perché non si sono riuniti per mettere termine alle ostilità? Perché hanno continuato?
Il capitano disse: — È difficile troncare una guerra quando tutti gli uomini di stato sono rimasti uccisi.
— Il guaio è che quei maledetti aggeggi costavano troppo poco — osservò lo scienziato. — Negli ultimi tempi, una bomba all’uranio veniva a costare soltanto cinquantamila sterline. Qualsiasi minuscola nazione turbolenta, come l’Albania, poteva procurarsene a volontà, e qualsiasi piccola nazione, una volta che le aveva, pensava di essere in grado di sconfiggere le grandi potenze mediante un attacco a sorpresa. È stato questo il vero guaio.
— E un altro è stato quello degli aerei — venne di rincalzo il capitano. — Erano anni che i russi fornivano aerei agli egiziani. E lo stesso faceva anche l’Inghilterra, che riforniva pure Israele e la Giordania. Il più grosso errore è stato quello di fornire aerei a lungo raggio d’azione.

“L’Ultima Spiaggia” risente pesantemente del clima post seconda guerra mondiale e delle paure che si concretizzavano negli anni della guerra fredda ed è uno dei più classici esempi di romanzi post-atomici.

Le bombe sganciate nell’emisfero settentrionale hanno cancellato l’Uomo dalla faccia dell’Europa, del Nord America, del Nord Africa e dell’Asia. La nube radioattiva si sposta lentamente verso l’emisfero meridionale…spostandosi sempre più a Sud; di conseguenza l’ultimo baluardo dell’umanità sarà la popolazione del sud dell’Australia. Nevil Shute ci racconta gli ultimi mesi di vita di alcuni degli abitanti di Melbourne e dintorni intrecciando queste storie con quella del sottomarino Scorpion (ultimo sottomarino atomico rimasto in servizio…al Mondo!) e del suo capitano, Dwight Towers.

Nevil Shute ci presenta una serie di bei personaggi, ben descritti, tridimensionali… un campionario di umanità varia.

Ed è semplice trovarne uno tra loro nel quale immedesimarsi.

Il “mio” personaggio è senza dubbio il tenente Peter Holmes della Regia Marina Australiana, un giovane ufficiale appena sposato e con una bimba di pochi mesi.

— Abbiamo ancora sei mesi — osservò John Osborne. — Più o meno. Accontentiamoci di questo. Abbiamo sempre saputo che, un giorno o l’altro, saremmo dovuti morire. Bene, ora sappiamo anche quando. Questo è quanto. — Rise. — Dobbiamo sfruttare al meglio il tempo che ancora ci rimane.

I protagonisti de “L’Ultima Spiaggia” sanno di avere le ore contate, pochi mesi li separano dalla morte, eppure vivono come se le bombe non fossero mai state sganciate: i medici operano i pazienti dando loro la possibilità “di condurre una vita normale per almeno altri 10 anni“, si fanno progetti per il futuro, si curano i giardini, si discute se è il caso di anticipare l’apertura della stagione di pesca perchè la cosa potrebbe provocare un mancato ripopolamento dei fiumi e quindi potrebbe danneggiare le successive stagioni, c’è chi si comporta come se amici e familiari dell’emisfero settentrionale fossero ancora vivi e li stessero aspettando…. “Non c’è più spazio,nè tempo, per una redenzione tardiva ma solo il momento della consapevolezza e dell’accettazione del proprio destino.” (*), “I protagonisti di Shute, per quanto consapevoli del proprio destino, vivono, amano, sognano, lottano, senza rinunciare mai alla propria umanità, e, perchè no, anche alle piccole nevrosi che permettono loro di accettare, senza farne tragedia, l’epilogo prematuro. Ed ecco che le piccole debolezze del genere umano si rivelano in realtà le sue grandi virtù…” (*).

Accanto alle storie di questo gruppo di persone, si narrano anche le ultime missioni del sottomarino Scorpion, inviato in Nord-America, Europa, Brasile e Sud Africa per verificare quale sia la situazione in quei posti. Ma la situazione è chiara a tutti: non c’è più traccia di vita, le città hanno il solito aspetto ma non c’è traccia di vita umana. Seguire i viaggi dello Scorpion è davvero angosciante e dà un senso di impotenza ed allo stesso di rabbia che è difficile spiegare a chi non ha letto il romanzo.

Seguendo i personaggi australiani ci angosciamo (perchè non mancano i momenti fortemente tragici) e ci emozioniamo nel riscoprire la psicologia umana e la forza che ognuno di noi può trovare dentro di sè, guidati da un fine osservatore dell’animo umano qual’è Shute (che in certi momenti mi ha fatto pensare al Bradbury de “L’Estate incantata” per la meticolosa osservazione e descrizione di piccoli dettagli che celano grandi sentimenti, per la prosa calda e poetica, sebbene più “concreta” rispetto a quella di Bradbury ).

Ma le poche pagine nelle quali si racconta delle missioni dello Scorpion, in ricognizione in un pianeta deserto, sono a mio avviso le più forti.

Ovviamente oggi, a distanza di quasi 60 anni da quando il romanzo fu scritto, lo scenario geopolitico è completamente differente, ma la catastrofe è sempre dietro l’angolo e tutti noi viviamo una costante angoscia, alla quale alla fine ci si abitua, legata all’instabilità politica del nostro pianeta, al disastro ambientale incombente, all’impoverimento delle risorse, all’inquinamento, alla regressione della nostra società, alla corruzione, all’instabilità, al menefreghismo, all’ignoranza, all’avidità, alla solitudine nella quale spesso ci si ritrova…

Ci rispecchiamo perfettamente in questa affermazione di Peter Towers: “Ci sono pazzie che non si possono arrestare, semplicemente. Voglio dire, se un paio di centinaia di milioni di persone decidono che il loro orgoglio nazionale li costringe a sganciare bombe al cobalto sul loro vicino, non possiamo farci niente, nè tu nè io.”.

Osservare il mondo senza più alcuna traccia di vita, attraverso gli occhi dei membri dell’equipaggio dello Scorpion, è davvero angosciante; la rabbia e la frustrazione si sono impadronite di me, un senso di impotenza accompagnato da un’urgenza…dalla consapevolezza che bisogna muoversi, bisogna fare assolutamente qualcosa, il nostro destino è nelle nostre stesse mani e noi lo stiamo stritolando.

Sarebbero passati inverni ed estati, e solo quelle strade e quelle case li avrebbero visti. Poi con il trascorrere del tempo anche la radioattività si sarebbe disolta; con un periodo di fissazione del cobalto di circa 5 anni quelle strade e quelle case sarebbero state di nuovo abitabili di li a 20 anni, come massimo, e probabilmente anche più presto. La razza umana sarebbe stata spazzata via, il mondo sarebbe stato pronto ad accogliere, senza ulteriori indugi, altri e più saggi abitanti. Bene, in fondo si trattava di una soluzione abbastanza sensata.”, “Non è affatto la fine del Mondo. E’ soltanto la fine di noi tutti. Il Mondo continuerà come prima ma noi non ci saremo. Oso affermare che se la caverà benissimo senza di noi.”

Già… una soluzione sensata…il mondo se la caverà benissimo senza di noi…. e pensare, come faccio io, che il destino è nelle nostre mani è quasi utopico, perchè “E’ l’Uomo, e solo l’Uomo ad aver creato le condizioni per l’inizio della fine, e l’uomo da solo non ha, e non ha mai avuto, gli stumenti per salvarsi.” (*) E aggiungerei anche che, al contrario, gli strumenti di morte sono ormai alla portata di tutti e come ben sappiamo alla stupidità Umana non c’è mai fine.

Ed è proprio quando la Morte fa sentire la sua presenza che gli uomini riscoprono la bellezza e l’amore per la vita.

Forse stiamo stati troppo sciocchi per meritarci un mondo come questo.

“L’Ultima Spiaggia” è un romanzo che ti spreme le lacrime dagli occhi, che colpisce con una serie di immagini e situazioni davvero forti, ma che lascia anche una morbida carezza perchè “Lungi dall’essere disperante, quest’opera consacra definitivamente la dignità racchiusa in ognuno di noi. (*).

Sfogliando l’ UCZ #147

Questo numero di Urania Collezione contiene, oltre al romanzo, la biografia italiana di Nevil Shute Norway curata da Giuseppe Lippi e Andrea Vaccaro ed un bel saggio (intitolato “La Morte Disoccupata“), firmato da Giuseppe Lippi e Valentina Paggi, che analizza da vicino il romanzo e la biografia dell’autore (del quale ho voluto riportare in questa recensione alcuni passaggi che mi hanno particolarmente colpito).

Mi fa piacere evidenziare quanto sia bella la copertina creata da Franco Brambilla, fortemente evocativa, che introduce perfettamente gli stati d’animo che permeano il romanzo.

Nevil Shute non era mai apparso nè su UCZ nè su altre collane Urania, e personalmente sono ben felice dell’uscita di questo romanzo che è uno dei romanzi post-atomici più rappresentativi ed importanti.

Tra l’altro l’ultima edizione italiana de “L’Ultima spiaggia” risale al lontano 1972, quando uscì come ristampa di Oscar Mondadori (la Prima Edizione Oscar Mondadori è del 1966); la prima edizione italiana è invece del 1957, Edizioni Sugar, e fu ristampato, sempre dalla Sugar, nel 1959 in concomitanza con l’uscita del film con Gregory Peck e Ava Gardner.

Qui potete trovare la scheda-libro dell’ UCZ #147.

(*) Brani tratti da “La Morte Disoccupata” di G. Lippi e V. Paggi.

Vai a “UCZ INTRO: Sfogliando Urania Collezione” per la lista completa dei volumi di UCZ ed altre informazioni sulla collana.