Uomini e androidi, di Edmund Cooper

John Markham è un uomo del ventesimo secolo. In pieno terrore nucleare, siamo infatti nei primi anni della Guerra Fredda, lavora alla costruzione dei rifugi antinucleari e allo stoccaggio delle provviste per gli eventuali sopravvissuti. Mentre si trova per controllo in una delle sale sotterranee accade il temuto attacco e John rimane bloccato, e ibernato, in quella sala per i decenni a venire. Al risveglio scoprirà di essere stato catapultato nella Londra del ventitreesimo secolo, in un mondo irriconoscibile di pace e prosperità. Ma non è tutto oro quello che luccica. Il nuovo mondo è infatti accudito da un esercito di Androidi pronti a servire l’uomo e assicurare la sua felicià, anche contro la volontà individuale, che ricordano i più famosi Umanoidi di Jack Williamson.

Questo è in soldoni il motivo di partenza del romanzo Uomini e Androidi (1958) di Edmund Cooper. Conosciuto anche per altri romanzi, tra cui il notevole “L’uomo della Terza Fase”, Cooper affronta in Uomini e Androidi l’eterno tema della dicotomia Felicità/Libertà. Gli uomini del ventitreesimo secolo si trovano infatti a dover scegliere tra la felicità obbligata o la libertà di una vita tra gli stenti di chi è un ricercato. Gli Androidi sono obbligati a rendere felici gli uomini e chi non riesce a sentirsi a suo agio in questa società è sottoposto all’analisi psichiatrica obbligatoria ed eventualmente a una sorta di riscrittura della personalità per renderlo capace di apprezzare le meraviglie della società in cui vive.

Il tema è ovviamente interessante e meriterebbe una trattazione ben più ampia di questo agile romanzo che vola via in duecento pagine leggere e scorrevoli. Eppure Cooper riesce comunque a tirar fuori una storia divertente e capace allo stesso tempo di far riflettere, nel miglior solco di quella letteratura popolare in grado di avvicinare il grande pubblico a temi di un certo rilievo, senza appesantire la storia con manierismi e concetti magari eccessivi per un pubblico poco istruito. Bisogna poi ricordare che, pur non raggiungendo i livelli del Ciclo degli Umanoidi di Williamson, Uomini e Androidi di Cooper rende vivo un tema che avrebbe richiamato l’attenzione del pubblico già pochi anni dopo quando, negli anni sessanta e settanta del secolo scorso, la diffusione delle droge fra i giovani avrebbe reso alla portata di tutti la felicità ottenuta tramite una pillola (altro tema già affrontato dalla fantascienza ben trent’anni prima in quel capolavoro di Huxley che è Il Mondo Nuovo).

Se cercate la buona vecchia fantascienza popolare di una volta questo è sicuramente un bel romanzo. Da leggere tutto d’un fiato.