Uomini e draghi, di Jack Vance

Il popolo di Banbeck stava uscendo dalle profonde gallerie.
Phade, la menestrella, gli venne accanto.
“Che giorno terribile!” mormorò. “Che eventi spaventosi! Che grande vittoria!”
Joaz ributtò tra le macerie il frammento di marmo giallo.
“Anch’io la penso allo stesso modo. E a che cosa porti tutto questo… nessuno lo sa meno di me!”
(trad. di Roberta Rambelli)

 

Copertina firmata Jack Gaughan

Jack Vance (1916-2013) è stato uno dei migliori paesaggisti della fantascienza e la prova la si trova leggendo il romanzo breve The Dragon Masters ovvero “Uomini e Draghi”, uscito nel 1962 sulla rivista Galaxy Magazine e vincitore nel 1963 dello Hugo Award nella categoria Best Short Fiction.

In poco più di un centinaio di pagine, l’autore di San Francisco dà vita a Aerlith, un mondo aspro e meraviglioso assieme, ricco di catene montuose, picchi calcarei, strette vallate e burroni scoscesi, dal cielo cangiante e multicolore che immerge i suoi abitanti in toni dorati, arancio, viola e porpora. Su questo pianeta da secoli, in un contesto quasi atemporale tipico della produzione vanceana, vivono quelli che potrebbero essere gli ultimi esseri umani liberi dell’universo. Divisi in tante piccole nazioni, costoro sono spesso in lotta tra loro per accaparrarsi le scarse risorse. Vance opta per un’ambientazione al limite del genere fantasy, adottando una tecnologia da società preindustriale e popolando le comunità troglodite di mercanti girovaghi, menestrelli e soprattutto di una misteriosa casta sacerdotale, custode di antiche conoscenze.

Altrettanto importante dello scenario sono, come si evince dal titolo, i draghi: una specie rettiloide a sei arti, da generazioni manipolata da allevatori specializzati (i dragonieri) per ricavarne varie tipologie di guerrieri, come i Maligni neroverdi, i Rissosi rossocupo, i Ragni lucenti, gli Orrori Blu, gli Stritolatori grigi e altri. L’idea originale, e geniale, dello scrittore californiano è quella che i draghi discendano da una razza di predoni, i cosiddetti Basici, che a intervalli di molti decenni razziano Aerlith in cerca di schiavi umani. Schiavi che poi, sul mondo di Coralyne, vengono sottoposti ad un processo analogo di selezione e manipolazione genetica. Si assiste quindi a un completo rovesciamento della prospettiva.

Il protagonista, Joaz Banbeck, signore dell’omonima vallata, è il classico antieroe alla Vance, molto lontano dagli stereotipi della fantascienza d’allora. Pieno di curiosità sull’universo che lo circonda, Joaz comprende l’imminente pericolo che corre Aerlith e cerca di creare un fronte comune contro il nemico, negoziando con l’ottuso e aggressivo Ervis Carcolo, despota poco lungimirante di Valle Felice. All’inizio le faide tradizionali continuano indisturbate, finché un giorno non atterra un’astronave dei Basici, carica di soldati umani modificati…

All’interno di una trama avventurosa e piena di battaglie, raccontata con lo stile veloce e scorrevole del miglior Vance, i caratteri umani emergono con tutto lo strascico di vizi e virtù. I personaggi, anche i minori, si distinguono per il coraggio, le passioni, la testardaggine e l’attaccamento alle proprie idee, per quanto assurde e nichiliste possano sembrare. Come solito in Vance, non manca l’ironia e alcuni dialoghi virano, fin dalle prime battute, nel beffardo o addirittura nel grottesco.

Uomini e draghi riassume degnamente tutta la produzione di questo grande scrittore, precedente e successiva: un concentrato di avventura, sarcasmo e soprattutto immaginazione sfrenata il cui unico intento è quello di divertire il lettore. Dopo tanti anni questa storia ancora ci riesce.

Edizioni italiane di The Dragon Masters:
http://www.fantascienza.com/catalogo/opere/NILF1079116/i-signori-dei-draghi/