Wanted, di Lavie Tidhar

Noto anche per la sua trilogia steampunk  The Bookman Histories, Lavie Tidhar (Israele 1976) è uno dei più interessanti tra i nuovi autori comparsi sulla scena del genere fantastico e fantascientifico. Nel 2012 ha vinto il World Fantasy Award per questo Wanted (Osama),  ed è stato finalista anche al BSFA Award e al John W. Campbell Award. Sempre nel 2012 si è aggiudicato il British Fantasy Award per il racconto Gorel & The Pot-Bellied God. L’uscita in Italia di Wanted, romanzo lirico e controverso, appartenente al genere delle ucronie, dimostra ancora una volta il coraggio, e l’attenzione alle novità più interessanti del settore, della  casa editrice romana Gargoyle.

E’ curioso che nel giro di pochi mesi siano apparsi due romanzi imperniati sulla figura di Osama Bin Ladin e sull’attentato alle torri gemelli. Entrambi sono formalmente delle ucronie in cui si immagina che nel mondo dove vive il protagonista gli attacchi all’Occidente non siano avvenuti.

Mi riferisco a Mirage (False verità, Fanucci) di Matt Ruff e a questo Osama di Lavie Tidhar, originale scrittore di origine israelita, che finora ci aveva proposto una divertente serie di romanzi steampunk, ambientati in una terra alternativa dove, al posto della regina Vittoria, una coppia di lucertole aliene e semidivine governa la Londra di fine ottocento.

In realtà si tratta di due opere che più diverse non potrebbero essere. Matt Ruff, che abbiamo conosciuto nel geniale e scoppiettante Acqua, luce e gas (Fanucci), si diverte a creare un presente alternativo in cui l’Iraq islamico e moderato è la potenza guida del mondo globalizzato, mentre l’America statunitense gioca un ruolo subalterno e i terroristi che progettano un colpo mortale alla civiltà islamica sono proprio gli occidentali. Il mondo di Ruff risulta ben costruito e dettagliato (Osama è un eroe di guerra e Saddam Hussein una sorta di capomafia in questo Iraq alternativo), i suoi protagonisti sono abbastanza convincenti e la vicenda si snoda in maniera sufficientemente credibile e scorrevole. Manca forse quel guizzo di genialità cui Ruff ci aveva un po’ abituati ma il romanzo fila via liscio fino a una conclusione che ricorda non poco The Man in the High Castle (La svastica sul sole , o L’uomo nell’alto castello, a seconda delle tante edizioni) di Phil Dick.

Tutto un altro genere questo Osama di Tidhar, pubblicato adesso dalla Gargoyle.

Joe, il protagonista, è un detective privato, un po’ alla maniera del Marlowe di Raymond Chandler, che vive a Vientiane, la piovosa capitale del Laos, in un mondo in cui gli attacchi dell’11 Settembre non sono mai avvenuti, anzi fanno parte della realtà immaginaria di una  serie di scadenti thriller che hanno come protagonista la figura, altrettanto immaginaria, di Osama Bin Laden. In questi paperback da pornoshop Osama è un vigilante, che combatte con i suoi attacchi violenti una (giusta?) guerra terrorista contro il decadente mondo occidentale.

Un giorno Joe riceve la visita di una misteriosa donna che lo ingaggia per trovare proprio Mike Longshott, l’autore di quei libri, e così inizia un’avventura paradossale fra Laos, New York, Londra, Parigi e, infine, non casualmente, Kabul.

Nel mondo di Joe non c’è il terrorismo globale, e non sono nemmeno avvenute quelle situazioni che nel nostro mondo lo hanno forse causato. Il colonialismo occidentale è finito con la Seconda Guerra Mondiale; Charles de Gaulle è morto ad Algeri in 1944, il poeta Antoine de Saint-Exupéry è stato eletto  presidente francese al suo posto, e gli Stati Uniti non si sono mai immischiati negli affari interni delle altre nazioni, né in Vietnam né in Iraq. C’è anche meno tecnologia, non esistono i computer e nemmeno i cellulari o le carte di credito.

La ricerca di Joe lo costringerà a un viaggio interminabile, un’avventura paradossale dal Laos alle strade e ai boulevard di Parigi,e poi ai pub e alle librerie di Londra, alle convention e agli hotel di New York, e infine, non casualmente, a Kabul.

Più che a un’avventura poliziesca il viaggio di Joe assomiglia però a un’odissea surreale in un mondo di personaggi strani, di inseguitori violenti e di rifugiati, di persone alienate dal proprio io e dal proprio mondo. Più che a un romanzo ucronico, Osama, con i suoi personaggi che compaiono e svaniscono, che vanno e vengono da una realtà a un’altra, in luoghi che esistono laddove non dovrebbero essere, con il suo linguaggio fortemente metaforico porta il lettore a uno stato di incertezza, di straniamento che ricorda più Lo straniero di Camus che non L’uomo dell’alto castello di Dick.

Osama è dunque un thriller ma anche un romanzo serio, narrato da Tidhar con un linguaggio lirico e cinematico, pieno di allusioni a vecchi film noir come Casablanca, e che ben si addice alle illusorie percezioni di una realtà sfuggente, alle metafore e alle sensazioni di cui l’opera è riccamente infarcita.

In sostanza, un romanzo difficile, che fa pensare e che ci fa interrogare, come in tutte le migliori ucronie, sul nostro mondo e sulle sue regole. In Osama Tidhar postula un mondo senza terrorismo, e ci spinge a domandarci se questo sia davvero il miglior mondo possibile: ci spinge a domandarci se il terrorismo globale ha creato il mondo in cui viviamo o se invece non sia stato il susseguirsi di una serie di decisioni politiche errate, nel corso dei decenni, a creare il terrorismo stesso.