Un’arancia a orologeria, di Anthony Burgess

 

Dall’articolo “Le società distorte di Anthony Burgess” dell’amico Domenico Gallo (apparso sulla rivista on line IF) ho tratto un secondo brano, un eccellente approfondimento critico di un altro classico del genere distopico, famoso soprattutto per l’eccezionale trasposizione cinematografica di Stanley Kubrik.

SP

 

Distopia, antiutopia, cacotopia, utopia negativa, sono termini definiti attraverso la negazione dell’utopia, ovvero quella società ideale in cui le persone vivono felici. Il lungo dibattito sull’utopia (sociale, religiosa, tecnologica) ha da tempo rivelato l’oscura ombra che ogni utopia proietta, ovvero che l’enfasi sulla regolazione della società e sulla delega a provvedere ai bisogni delle persona comporta inevitabilmente il profilarsi, più o meno strisciante, del totalitarismo e della dittatura.

Se le utopie sono intrinsecamente ambigue, con la loro prospettiva di una società comunque statica e invadente, il Novecento comincia precocemente a scoprire e a vivere il furore delle dittature e dell’ambivalenza tra l’utopia e la sua negazione; il nazismo in Germania, lo stalinismo in Unione Sovietica e l’accentrarsi del potere centrale durante le presidenze di Franklin Delano Roosevelt negli Stati Uniti segnano inevitabilmente il ridursi delle prospettive democratiche in tutto il mondo. E le scritture utopiche iniziano a rarefarsi, fino a scomparire, per lasciare il posto a una narrativa esplicitamente critica, allarmante, pessimista, quasi apocalittica.

Scritture che manifestano due interessanti caratteristiche. La prima è la consistente presenza di autori inglesi, che parte da due precursori come Margaret Oliphant ed Edward Morgan Forster, per proseguire con Herbert George Wells, Aldous Huxley, George Orwell, Anthony Burgess, fino a scrittrici contemporanee come Doris Lessing e Maggie Gee. Un’ispirazione che si allarga a un regista che è il più coerente interprete del Free Cinema inglese, Peter Watkins, che con film come War Game, Privilege, Punishment Park e The Trap si distingue per una creazione artistica che attraversa fantascienza, controinformazione, denuncia politica, apologia e morale, per approdare a un fumetto come V per Vendetta scritto da Alan Mooree illustrato da David Lloyd. Nonostante i totalitarismi si sviluppino altrove, letterati e intellettuali denunciano il degrado della democrazia inglese e l’instaurarsi del nazionalismo e del fascismo nel loro paese.

La seconda caratteristica è che si tratta di letterati con un’esperienza culturale molto eterogenea, con un evidente impegno politico e che non sono specificatamente degli scrittori di fantascienza. Sul lato della fantascienza il discorso sulla distopia viene affrontato nel periodo della fantascienza sociologica da autori come Philip K. Dick, Robert Sheckley e Frederik Pohl, ma le visioni prodotte dai letterati sono destinate a segnare profondamente l’immaginario mondiale.

Anthony Burgess, partendo dalla suaesperienza coloniale, può guardare l’Inghilterra con una sensibile distanza. Ha potuto osservare da vicino il processo di decolonizzazione, ha conosciuto le diverse etnie malesi e, al suo ritorno in patria, dopo aver consumato l’esotismo delle prime opere, vede la società inglese come un estraneo. Un estraneo particolare tuttavia, perché come molti suo connazionali, è culturalmente inglese ma non completamente, precorrendo quell’identità complessa di letterati che verranno dopo di lui, come Hanif Kureishi e Salman Rushdie. Inoltre Burgess condivide con James Ballard molti aspetti, un autore profondamente segnato dall’Estremo Oriente che non ha costruito distopie, ma che ha saputo descrivere la psicologia della decadenza della società in cui era tornato. Dunque l’esperienza fuori dall’Inghilterra è stata per molti scrittori la leva per esercitare una critica radicale, tanto radicale che ha dovuto trascendere il realismo e ricorrere alle scritture dell’immaginario.

La storia raccontata in Un’arancia a orologeria è nota, soprattutto grazie alla versione cinematografica di Stanley Kubrik, ma per cogliere l’orizzonte distopico è interessante seguire il romanzo e rilevare gli elementi con cui Burgess contestualizza l’avventura di Alex. Il primo segno che caratterizza la società riguarda una diffusa alterazione della memoria; le cose cambiano e nessuno si ricorda “come era prima”, “con le cose che cambiano al lampo oggigiorno e tutti che le scordano svelti”. Pubblicato nel 1962, il romanzo riprende in pieno la lezione di Orwell, ovvero che nel regime totalitario è diffusa la mancanza di memoria, con la conseguente incapacità di confrontare la qualità della vita e i livelli di libertà individuale. In questi casi la propaganda coincide con la realtà. Molti scrittori, sull’esempio dei roghi di libri del nazismo, della censura e delle riscritture staliniane, hanno ritenuto che la carta stampata fosse un elemento imprescindibile di memoria perché, essendo di proprietà del singolo, può essere conservata e consentire il confronto critico. Burgess, sempre nella prima pagina di Un’arancia a orologeriaavverte che “i giornali che nessuno nemmeno li legge”. Le “piccole luci azzurre” della televisione, invece, brillano in tutte le case. Uno spettacolo in mondovisione che “tutte le persone del mondo locchiavano nello stesso momento”. Alex, l’adolescente violento che sta raccontando la sua storia, parla di un “qualche martino cretinetti che faceva ridere”. Più avanti racconta che “i bigi bourgeois se ne stavano rintanati a rimpinzarsi di mondovisioni stronze”. Dunque la massa segue i programmi televisivi di intrattenimento, quel tipo di messaggio che, all’epoca in cui scriveva Burgess, non costituiva una memoria né personale né collettiva. Messaggi quindi capaci di attuare le trasformazioni di percezione del tempo storico che oggi cogliamo chiaramente e che hanno comportato la trasformazione del passato a un insidioso omni-presente.

Gli anni del dopoguerra vedono in Gran Bretagna una sostanziale alternanza tra laburisti e conservatori, ma entrambi i partiti sono impegnati nell’attuazione di importanti riforme del welfare. Questa evoluzione in direzione socialdemocratica evidentemente colpisce Burgess che, a più riprese, individua nelle invasive e protettive istituzioni dello stato sociale un pericolo per la libertà. Nei romanzi successivi Burgess approfondirà la tematica del socing, il Socialismo Inglese introdotto da George Orwell in 1984. Nel socing le masse proletarie dovevano affidarsi ciecamente al partito, secondo il modello totalitario adottato dal fascismo come dallo stalinismo, e tutto il potere è concentrato nel leader e nelle sue strutture politiche. Nel capitolo 4 de Un’arancia a orologeria, la madre di Alex lascia il ragazzo a casa per andare a lavorare. Alex descrive così il sistema del lavoro inglese: “c’era questa legge che chiunque non fosse un bambino o non avesse un bambino o non fosse malato doveva andare a sgroppare”. In particolare la madre lavora in uno Statalmarket!

All’interno di questa società, che possiamo definire telecontrollata, assistiamo all’evoluzione dei concetti orwelliani, a loro volta derivati dal Panopticon di Jeremy Bentham. La società massificata, semplificata e del cattivo gusto, che fa da sfondo alle scorrerie della banda di Alex, viene controllata attraverso i media che, evidentemente, hanno lo scopo di indurre nei cittadini scelte spontanee di adesione e delega totale a favore del potere. La Terapia Ludovico è l’aspetto violento e tecnologico di un generale processo di ottenimento del consenso attraverso la riduzione dello spirito critico. Il nuovo potere, tra l’altro simile al biopotere introdotto da Michael Foucault, produce una disciplinazione estremamente più profonda ed efficiente di quella garantita delle torture che avvengono nelle prigioni del Grande Fratello. La reazione a questa allucinante dittatura è per Burgess l’occasione per inasprire la critica. Gli oppositori del governo, probabilmente una degenerazione dei tories, sono ricchi liberali lontani dalla realtà della worker class a cui Alex appartiene. La loro opposizione è elitaria e dichiaratamente snob, composta da intellettuali supponenti e antipatici. L’odiato Governo avrebbe ottenuto un grande successo per le sue azioni contro la delinquenza, ma “reclutando dei teppisti e dei giovinastri nella polizia” e “progettando debilitanti tecniche di condizionamento che privano l’individuo del libero arbitrio”. Il finale è noto, il potere della tolleranza repressiva digerisce le deboli opposizioni e le neutralizza. Alex, da nemico della società diventa simbolo di una sterile protesta e infine effimero simbolo del potere.

Il forte individualismo che pervade ogni sua opera, in cui ogni la società interviene per omologare, imporre, razionalizzare, manipolare, non fa di Anthony Burgess uno scrittore anarchico, come frequentemente è stato ipotizzato. Non è presente in lui una visione umanitarista capace di comprendere, come era stato per tutte le opere di Orwell, le grandi spinte verso un vivere sociale più giusto ed egualitario o nel comprendere che intere moltitudini stavano provando le medesime ingiustizie. La spinta eversiva di Burgess è eminentemente aristocratica ed è molto lontana dalla massa che sembra non fare nulla per contrastare il declino che la travolge. L’espressione più evidente di questo declino è il linguaggio, in particolare il nadsat parlato dal protagonista di Un’arancia a orologeria. Il titolo stesso del libro viene da uno slang, infatti lo stesso Burgess racconta che “nel 1945, al ritorno dal fronte, in un pub di Londra ho sentito un cockney ottantenne dire di qualcuno che era ‘sballato come un’arancia meccanica’ (queer as a clockwork orange). L’espressione m’incuriosì per la stravagante mescolanza di linguaggio popolare e surreale. Per quasi vent’anni avrei voluto utilizzarla come titolo per qualche mia opera: ne ho avuto poi l’occasione quando ho concepito il progetto di scrivere un romanzo sul lavaggio del cervello.” “Fuori come un’arancia a orologeria” evoca certo “clockwork bomb”, ma più probabilmente richiama a quei meccanismi dei giocattoli che fanno correre le macchine o, più probabilmente, agli scimmiotti che, una volta girata la chiavetta, suonano diligentemente il tamburo; come sarebbe dovuto diventare il giovane Alex.

Domenico Gallo