Introduzione al ciclo di Lyonesse, di Jack Vance

Chi segue questo blog sa che è nato con lo scopo precipuo di dare informativa soprattutto sulle novità del settore fantastico/fantascientifico. Ciò non toglie che ogni tanto ci piace dedicare attenzione anche a vecchi classici ormai introvabili o quasi, opere che comunque hanno dato lustro alla narrativa del genere che amiamo. E’ in quest’ottica che riprensentiamo un bel saggio di Stefano Sacchini sul ciclo di Lyonesse del compianto Jack Vance (apparso in origine sulla ottima rivista  TrueFantasy), amatissimo da noi e da tanti lettori italiani.

SP

 

 I pali di tortura vennero fatti a pezzi e bruciati. Il corpo di Carfilhiot venne gettato tra le fiamme, dove si agitò e si contorse come se stesse morendo una seconda volta. Dalle fiamme si levò un pestilenziale fumo verde, che venne trasportato via dal vento, giù lungo la Vale Evander fino al mare. Il vapore non si dissipò. Si rattrappì fino a diventare qualcosa di simile a una grossa perla verde, che cadde nell’oceano, dove venne inghiottita da un rombo.

(da Lyonesse, trad. di Elena Gigliozzi)

 

Jack Vance (1916-2013) è famoso per i racconti e i romanzi che hanno impresso sulla fantascienza un marchio unico e indelebile. Ma anche il genere Fantasy ha beneficiato del suo apporto, quantitativamente non corposo ma di altissimo livello.

Oltre al ciclo della Terra Morente, opera di Science Fantasy che si svolge nel futuro remoto del nostro pianeta e ha l’onore di annoverare il primo libro pubblicato dallo scrittore californiano (l’antologia “Il crepuscolo della Terra”, The Diying Earth, 1950), Vance ha dato vita alla trilogia di Lyonesse – composta da Lyonesse (Lyonesse a.k.a. The Suldrun’s Garden, 1983), La Perla Verde (The Green Pearl, 1985) e Madouc (Madouc, 1989, vincitore quell’anno del World Fantasy Award for Best Novel) – una voluminosa saga che rispetta tutti i dettami del genere Fantasy, e più propriamente dello Sword & Sorcery.

Assieme ai romanzi di fantascienza dedicati al mondo di Cadwal – le cosiddette Cadwal Chronicles – e oltre ad alcuni libri che concludono vecchi cicli, tra cui quello della sopraccitata Terra Morente, la serie di Lyonesse rappresenta l’impegno di Vance più importante degli anni Ottanta, ultimo periodo di rilievo nella vita lavorativa dello scrittore.

Ambientato in un improbabile Medioevo, questo affresco rutilante e colorato, come solo il miglior Vance era in grado di dipingere, nulla risparmia al lettore: principesse testarde, cavalieri senza macchia (o quasi) e senza paura, barbari brutali, esseri fatati e dispettosi, maghe sensuali e regine arroganti, sovrani fuori di testa, frati, mercenari e via discorrendo. Il tutto è condito da battaglie cruente, dove l’astuzia ha sempre la meglio sulla forza, duelli all’ultimo sangue e incantesimi di tutti i tipi.

La storia, che si dipana in maniera organica nel corso dei tre romanzi, ha come scenario le mitiche Elder Isles, gruppo di isole situato nell’attuale golfo di Biscaglia tra Francia e Spagna, e prossimo alle coste di Irlanda e Cornovaglia. L’arcipelago, diviso in staterelli rissosi, rappresenta in realtà un mondo autonomo, poco influenzato dalle vicine nazioni europee. Questa terra, oggi sommersa a causa di un cataclisma non meglio precisato dall’autore, avrebbe poi dato i natali al Tristano dell’omonimo mito.

Dal punto di vista temporale, siamo un paio di generazioni prima della nascita di Artù. I riferimenti al ciclo arturiano sono numerosi così come quelli all’intero folclore occidentale. Vance attinge alla mitologia greco-romana, alle leggende celtiche e scandinave, nonché alla tradizione cristiana, al punto che in Madouc la ricerca del Santo Graal diventa uno degli elementi centrali della storia.

Il lettore non si lasci ingannare. Lo scopo dell’autore non è quello di creare un quadro colto e verosimile bensì quello di divertire, di stupire. Per ottenere ciò Vance saccheggia tutte le fonti disponibili, distorcendo e adattando quando necessario. Il risultato finale è un amalgama di storie individuali, intrecciate fra loro, di difficile riassunto tanto sono complesse e intrigate. Ben lontane quindi dalle trame lineari che i critici attribuiscono alle opere fantascientifiche di Vance.

Il primo libro comincia con un ritmo lento. I capitoli iniziali, dedicati alla malinconica principessa Suldrun, servono soprattutto per introdurre il lettore al fantastico mondo delle Elder Isles. Il vero nucleo della storia, foriero di sviluppi, è altrove: il padre di Suldrun, l’ambizioso Casmir re del Lyonesse, trama per riunificare l’arcipelago, dopo decenni di divisioni e guerre. A tal fine decide di far sposare la figlia al vizioso duca Carfilhiot. Suldrun, che emerge come la figura più drammatica e struggente dell’intero ciclo, rifiuta la scelta paterna e per protesta si rinchiude nel suo giardino segreto, in riva al mare. Non appena la principessa incontra il naufrago Aillas, erede al trono del Troicinet, regno rivale del Lyonesse, i due diventano amanti e concepiscono un bambino. A questo punto la storia decolla, diventando più articolata. Aillas viene imprigionato e gettato in un pozzo da cui sembra impossibile fuggire. Durante la sua reclusione, Suldrun partorisce il piccolo Dhrun che, per sottrarlo a morte certa, viene scambiato con una neonata fatata e portato da una serva alla corte di Throbius, re dei folletti nell’oscura foresta di Tentravalles. Dopo il tragico suicidio della principessa, che crede amante e figlio morti, inizia la lunga ricerca di Aillas, sfuggito ingegnosamente alla prigionia, del figlioletto Dhrun, e la contemporanea ricerca delle proprie origini da parte di Dhrun stesso, cresciuto miracolosamente in fretta alla corte di Throbius. Sempre più prominente diventa l’aspetto magico. Ad esempio, si vede un amuleto proteggere Dhrun dalla paura, mentre ad Aillas è consegnato un talismano, un guscio di noce incantato che punta sempre verso il figlio. Oltre a una folta e variopinta schiera di maghi, buoni e cattivi, fate, orchi, giganti e trolls s’incontra persino una strega mutante, con faccia di volpe e zampe di pollo, che custodisce un guado che Dhrun dovrà attraversare.

La Perla Verde, dal nome dalla gemma in cui si coagula l’anima del duca Carfilhiot dopo la sua morte, è incentrato sulle vicende politiche (e belliche) che interessano i regni dell’arcipelago. Aillas, ora sovrano del Troicinet, fatica a controllare il suo crescente impero e sfida Casmir in un complesso gioco di macchinazioni e intrighi. Il ritmo diventa incredibilmente veloce. Non mancano svolte inattese, e verso la fine alcuni dei protagonisti sono addirittura trasportati in un altro universo.

Il terzo e ultimo capitolo segue prevalentemente le vicende della principessa Madouc, la bambina di sangue fatato che era stata scambiata con Dhrun alla nascita ma che la maggior parte delle persone crede essere figlia di Suldrun. Anche lei, come la presunta madre, rifiuta un matrimonio organizzato dal re Casmir, diventando però il premio per chi porterà alla corte del Lyonesse la coppa del Santo Graal.

Dopo eventi sempre più ingarbugliati, in cui risultano provvidenziali gli interventi dei maghi Shimrod e Murgen, il Bene finisce con il trionfare, come nella migliore tradizione dei capolavori del fantastico.

In ogni romanzo della trilogia è magistrale, come di consueto in Vance, l’utilizzo delle note a piè di pagina, di prologhi, glossari e genealogie di sovrani che, lungi dall’appesantire la lettura, rendono l’universo delle Elder Isles ancora più elaborato e affascinante.

Tipicamente vanceani sono anche lo stile picaresco e le satire pungenti, in primis contro la religione, in particolate quella cristiana, e la superstizione, nonché una predilezione per il grottesco che, a volte, fa parlare un semplice contadino come un saggio filosofo o permette a un viziato aristocratico di comportarsi con una pomposità ai limiti dell’idiozia.

Viene l’idea che Jack Vance abbia voluto farsi beffa, bonariamente, di un certo genere di Fantasy, per intenderci quello di cappa e spada che talvolta si prende troppo sul serio. Dietro l’angolo di ogni epica avventura si nasconde spesso la farsa, e l’ironia tipica di Vance non viene mai meno.

La trilogia, tradotta per intero da Annarita Guarnieri, è stata pubblicata in Italia dall’Editrice Nord tra il 1985 e il 1991, all’interno della Fantacollana. Del 1999 è l’edizione della Fanucci del solo primo capitolo della serie, con una nuova traduzione a opera di Elena Gigliozzi.