Il futuro è adesso. William Gibson e la trilogia di Blue Ant

Non capita raramente che autori nati e cresciuti nel mondo della science fiction abbiano sconfinato in altri generi letterari (Dick, Wellmann, Brown). Vi sono stati anche  casi opposti, in cui autori mainstream sono approdati alla fantascienza (Crichton, Cook, Lessing). Non ricordo, tuttavia, un caso simile a quello di Willliam F. Gibson.
Innovatore del genere sf con i romanzi della celebre Trilogia dello Sprawl (Neuromante -1984, Giù nel ciberspazio – 1986, Monna Lisa Cyberpunk – 1988) ai suoi esordi letterari negli anni Ottanta, esploratore di un futuro molto prossimo al nostro presente negli anni Novanta con la successiva Trilogia del ponte (Luce virtuale – 1993, Idoru – 1996, American acropolis – 1999) e infine autore della Trilogia di Blue Ant (L’Accademia dei sogni – 2003, Guerreros – 2007, Zero history– 2010) che nulla più ha di fantascientifico. Dal futuro al presente, dagli impianti cibenetici nei corpi umani all’ipod, dalle corporazioni nipponiche planetarie agli oscuri e indecifrabili gruppi di potere. Gibson si è avvicinato sempre più al presente come in una sorta di regressione o, meglio, una sorta di caduta a spirale. Si è tratta di un tradimento della fantascienza? Un pentimento non dichiarato? Sono più propenso a considerarlo espressione di una coerente evoluzione. E se, infatti, la regressione temporale nelle opere di Gibson fosse solo apparente?
I romanzi che compongono l’ultima trilogia, sebbene ambientati nel presente, narrano vicende che si snodano fra il 2001 e il 2010. Cosa importante, le vicende narrate nel futuro, invece, si svolgono intorno al 2020 (o al 2035, come dice Gibson). Sarebbe allora più corretto dire che il futuro descritto nella prima trilogia si è ormai fatto presente, ci ha quasi raggiunti. Gibson non  è regredito al presente ma semplicemente il futuro non è più tale: ciò che negli Ottanta era fantascienza oggi è da considerarsi thriller. Da qui l’esigenza di gettare uno sguardo “futurista” alla nostra attualità e tratteggiarne con maggiore precisione i caratteri. Cosa è rimasto,in sostanza, della visione futura cyberpunk nel nostro tempo?
Gibson ci dà una risposta fondamentale proprio attraverso questa ultima trilogia: il ciberspazio e la realtà virtuale sono ormai parti integranti del mondo fisico. Lo dichiara lo stesso autore in una intervista rilasciata nel marzo 2008. “If the book [Guerreros ndr.] has a point to make where we are now with cyberspace”, commenta, tale elemento consiste nel fatto che il cirberspazio “has colonized our everyday life and continues to colonize our everyday life”. L’autore, così, evidenzia come nel presente si sia realizzata una sorta di “eversione del ciberspazio”. In Neuromante il web era ancora una sfera separata dal mondo fisico e tutto sommato secondaria rispetto all’attività umana. Bisognava essere cowboy di interfaccia, hackers dotati di periferiche elettroniche, per padroneggiare le distese del ciberspazio. Tale visione è stata superata dall’attuale presente. Il ciberspazio è ovunque, i personaggi di Guerreros e di Zero history sono perennemente connessi. Di più, fatti che riguardano solo il web (come i videoclip virali de L’Accademia dei sogni o le sculture virtuali di Guerreros) sono interconnessi con complotti e giochi di potere reali. Mondo reale e web sembrano ormai facce diverse della stessa medaglia e sono ormai rare le attività umane scollegate dal web.
Da questo punto di vista il presente ha superato lungamente la descrizione che ne aveva dato l’autore negli anni Ottanta. Si è forse avverato ciò che egli stesso aveva dichiarato: “Nessuno scrive davvero del futuro. Tutto quel che ci rimane quando fingiamo di scrivere del futuro è il momento in cui stiamo
scrivendo. Ecco perché ogni futuro immaginato rimane obsoleto come un gelato che si scioglie mentre uscite dalla gelateria all’angolo”.